La fiscalità della detenzione di criptovalute negli exchange. Gli operatori evidenziano come non risulti conveniente estrarre dagli exchange i fondi, in caso di disinvestimento temporaneo di criptovalute per evitare le commissioni in uscita.
L’aspetto che vogliamo affrontare in questa sede attiene alla rilevanza degli euro detenuti presso gli exchange di criptovalute che concorrono ai fini della determinazione della soglia dei 100 milioni di vecchie lire ora 51.640 euro ai fini della tassazione del reddito diverso.
Exchange e criptovalute: premessa metodologica
Come noto, recuperando una definizione dalla rete, gli exchange sono piattaforme online che permettono di acquistare o vendere tutte le principali criptovalute presenti nell’ecosistema criptovalutario, in special modo in valuta FIAT (valuta corrente).
Sugli stessi è altresì possibile comprare una criptovaluta in termini di un altra – ad esempio acquistare una porzione di ethereum con una porzione di bitcoin, etc.
Tutto questo dipende dall’exchange utilizzato.
E’ requisito, pertanto, essenziale servirsi di un buon exchange affidabile e sicuro per comprare e vendere le criptovalute desiderate.
La questione verrà approcciata sul presupposto di voler aderire alla tesi dell’Agenzia delle Entrate espressa nella R.M. 72/E/2016 e ribadita in ulteriori risposte ad interpello private, ossia che la criptovaluta è una valuta estera.
Tale soluzione appare in fin dei conti relativamente conveniente per il contribuente, atteso che la soluzione alternative, ossia quella di non considerarla una valuta estera, fa piombare il contribuente nel mondo dell’incertezza.
Infatti, le criptovalute potrebbero alternativamente rientrare nella lett. c-quinques) art. 67 e quindi essere tassate a prescindere dalla soglia dei 51.640 euro, oppure essere considerate una fattispecie del tutto esclusa da qualsiasi pretesa imponibile.
Sul presupposto, quindi, di aderire alla tesi dell’Ufficio per cui le criptovalute sono valute, si pone il problema di valutare la