La società semplice, pur essendo la più spartana del panorama normativa italiano, è un veicolo che può prestarsi a diverse forme di utilizzo e che si caratterizza per una certa semplicità e leggerezza nella gestione. La S.S. infatti, non è obbligata a tenere la contabilità, è esclusa dalla disciplina delle società di comodo e gestisce i beni con un regime fiscale tipico dei privati.
In questo articolo analizzeremo il lato oscuro della società semplice, in particolare, se utilizzata come holding, nel qual caso emergono alcune inefficienze di tipo fiscale.
Le caratteristiche della società semplice
La società semplice si caratterizza per una indubbia snellezza in quanto:
- non è obbligata alla tenuta delle scritture contabili;
- la dichiarazione dei redditi non presenta particolari complessità;
- per la sua costituzione non sono richieste forme particolari a meno che i beni che vengono conferiti non richiedano particolari formalità;
- i soci hanno un ampio margine di scelta nella regolazione dei propri rapporti. In particolare, i soci possono regolare il ruolo di amministratore e le conseguenti responsabilità[1].
Non possiamo, tuttavia, sottacere alcuni limiti dell’istituto.
Forse, il più importante, ad avviso di chi scrive, si manifesta nel caso in cui il socio abbia debiti personali.
Se questo risulta inadempiente, il creditore può chiedere alla società la liquidazione della quota del socio.
Questa caratteristica, che non si ritrova nelle altre società di persone commerciali, rende la società semplice del tutto inadatta alla implementazione di una, seppur blanda, securizzazione del patrimonio personale.
Un ulteriore svantaggio emerge anche nel momento in cui i soci intendono trasformare la società semplice in una società commerciale.
In questo caso, infatti, il trattamento fiscale è incerto in quanto, in assenza di una specifica disciplina, si potrebbe sostenere (ma la questione è incerta) che l’immissione dei beni nel regime di impresa determini il realizzo al valore normale in capo alla società semplice e quindi per trasparenza ai soci.
Alcuni di questi limiti potrebbero essere superati con la scelta di una snc o di una sas.
Il creditore particolare del socio di una società di persone commerciale non può chiedere la liquidazione della quota ed inoltre le quote delle società di persone non possono essere oggetto di esecuzione forzata durante la vita della società.
Infatti, “l’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con il carattere di tale tipo di società” (Cassazione civile, 07 novembre 2002, n. 15605).
Tuttavia, la Snc e la Sas sono società commerciali con il conseguente obbligo della tenuta delle scritture contabili e la predisposizione a fine esercizio di una dichiarazione dei redditi sicuramente più complessa rispetto a quella della società semplice.
Il fatto di rientrare nel reddito di impresa commerciale, peraltro, porta a conseguenze come l’assoggettamento alla disciplina delle società di comodo.
Le società semplici, al contrario, ne risultano escluse non solo per il fatto che le stesse non applicano la disciplina in discorso, ma anche per il fatto che la partecipazione in una società semplice partecipata da una altra società soggetta al regime delle società di comodo, non deve considerare detta partecipazione nei conteggi della operatività[2].
Ad ogni buon conto, le società di persone commerciali, analogamente alle imprese individuali e diversamente alle società di capitali, possono essere considerate imprese minori e tenere quindi una contabilità semplificata.
Questi gli argomenti qui trattati:
- Le opportunità della società semplice
- La società semplice holding
- La società semplice può essere una reale alternativa al trust?
- Alcuni limiti della holding società semplice
Le opportunità della società semplice
Ovviamente la società semplice può presentare anche profili di interesse.
La circolare n. 2/2019 dell’Unione giovani commercialisti ha tratteggiato le caratteristiche della società semplice che la rendono un interessante veicolo per la detenzione della ricchezza della famiglia.
Viene in particolare osservato che in base all’articolo 2284 c.c. :
“Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano”.
Si tratta, a ben vedere, della classica regola di funzionamento delle quote di società di persone in caso di decesso del socio.
Alla morte del socio, infatti, gli eredi possono scegliere di liquidare la quota agli eredi oppure, ovviamente con il consenso di questi ultimi, di farli subentrare nella posizione di socio.
La società semplice è, sotto questo profilo, un mezzo per evitare l’ingerenza delle famiglie allargate.
Si può, infatti, prevedere che gli eredi possano subentrare in caso di decesso del socio, ma solo se consanguinei.
In aggiunta o in alternativa è possibile prevedere che l’impegno a proseguire la società sussista esclusivamente con riferimento ad alcune categorie di eredi.
Viene proposto nella circolare l’esempio delle previsioni che configurano l’obbligo dei soci superstiti di proseguire la società esclusivamente con i discendenti in linea ret