Nel processo tributario è possibile il disconoscimento delle scritture private

In presenza del disconoscimento della firma, il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticità delle sottoscrizioni, essendogli altrimenti precluso tenerne conto ai fini della decisione, e a tale accertamento procede ove ricorrano le medesime condizioni che il codice di rito prescrive per l’esperibilità della procedura di verificazione nonché, in caso positivo, con l’esercizio dei poteri istruttori e nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il processo tributario.

processo tributario disconoscimento scritture privateNel processo tributario, in forza del rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546/92, alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l’istituto del disconoscimento delle scritture private. Su tale punto si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30145 del 20 novembre 2019.

(NdR: per approfondire…”Disconoscere le proprie firme sul documento deve comportare la querela di falso? Disconoscimento e querela di falso” di Isabella Buscema)

 

Disconoscimento delle scritture private: ulteriori principi espressi

La Corte, inoltre, ha dato continuità anche ad altro principio consolidato secondo cui “La mancata proposizione dell’istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell’istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli” (Vedi Cassazione n. 27506 del 2017 e n. 17902 del 2018), e ciò senza che sia necessaria la proposizione della querela di falso ad opera della parte che ha effettuato il disconoscimento, pur avendone la stessa la facoltà. 

La parte nei cui confronti venga prodotta una scrittura privata può optare infatti tra la facoltà di disconoscerla e la possibilità di proporre querela di falso, essendo diversi gli effetti legati ai due mezzi di tutela: la rimozione del valore del documento limitatamente alla controparte o “erga omnes” (Vedi Cassazione n. 4728 del 2007); senza che ciò costituisca riconoscimento espresso o tacito della scrittura medesima, la possibilità alternativa di proporre querela di falso va garantita al fine di contestare la genuinità del documento stesso, atteso che in difetto di limitazioni di legge non può negarsi a detta parte di optare per uno strumento per lei più gravoso ma rivolto al conseguimento di un risultato più ampio e definitivo, quello cioè della completa rimozione del valore del documento con effetti “erga omnes” e non nei soli riguardi della controparte (Vedi Cass. n. 1789 del 2007 e n. 19727 del 2003)”.

 

Breve nota

Il principio espresso nella sentenza che si annota è sostanzialmente conforme alla sentenza n.13333/2019, dove gli Ermellini, nel ribadire che nel processo tributario trova applicazione l’istituto del disconoscimento delle scritture private, hanno affermato che il disconoscimento di sottoscrizione deve essere tempestivo.

La Corte, richiamando la pronuncia n. 7355/2011, rileva che:

nel processo tributario, in forza del rinvio operato alle norme del c.p.c. (dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 2), trova applicazione l’istituto del disconoscimento delle scritture private (artt. 214 e ss. c.p.c.).

Ne consegue che, in presenza del disconoscimento della firma (nella specie, proprio come nel caso che ci occupa, di una firme per girata apposto su un assegno bancario), il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticità delle sottoscrizioni, essendogli altrimenti precluso tenerne conto ai fini della decisione, e a tale accertamento procede ove ricorrano le medesime condizioni che il codice di rito prescrive per l’esperibilità della procedura di verificazione nonchè, in caso positivo, con l’esercizio dei poteri istruttori e nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il processo tributario (in senso sostanzialmente conforme anche le precedenti: Cass. sez. 5, 20/03/2006, n. 6184, Rv. 590960-01; Cass. sez. 5, 06/02/2001, n. 2483, Rv. 586835-01; Cass. sez. 1, 02/02/2006, n. 2332, Rv. 588144-01, circa il disconoscimento della firma di traenza sull’assegno bancario)”.

La Corte, tuttavia, rileva che il disconoscimento non è tempestivo, atteso che esso va valutato con riferimento alla proposizione del ricorso con il quale il ricorrente impugna l’atto impositivo fondante sulla scrittura privata contro di lui utilizzata, acquisita con il pvc.

Dagli atti processuali emerge che con il ricorso introduttivo di primo grado il contribuente non ha effettuato il disconoscimento di sottoscrizione (ma ha solo genericamente disconosciuto tutta la documentazione reperita dalla Guardia di finanza).

Il disconoscimento, peraltro, non è avvenuto neanche successivamente alla costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, ed in occasione del deposito di memorie…

ma solo, tardivamente, in sede di udienza di trattazione.

La detta tardività implica che le sottoscrizioni per girate apposte sulle dette scritture private sono state correttamente date per riconosciute dalla CTP (che le ha valutate ai fini della decisione), in assenza di specifico e formale disconoscimento ex artt. 214,215 e 216 c.p.c. (per la qualificazione in termini di scritture private degli assegni bancari si vedano, anche: Cass. sez. 1, 02/02/2006, n. 2332, Rv. 588144-01, e Cass. sez. 5, 31/03/2011, n. 7355, Rv. 617445-01)”.

Senza dimenticare che la statuizione di secondo grado:

si è fondata non solo sulla non corretta mancata valutazione a fini probatori di assegni (in ragione della errata considerazione del loro disconoscimento) ma anche sull’assunto per il quale l’incompletezza, la falsità e l’inesattezza dedotte dall’Ufficio del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. c), non risulterebbero in modo certo e diretto dagli atti del giudizio.

Ciò, come ha motivato contraddittoriamente ed in maniera illogica la CTR, in ragione della mancanza di un controllo incrociato a carico di …..s.n.c., invece effettuato, tanto che la stessa Commissione regionale, al punto successivo, ha evidenziato l’infruttuosità del controllo incrociato effettuato nei confronti del contribuente e di ….s.r.l”.

 

A cura di Gianfranco Antico

Lunedì 12 ottobre 2020

 

 

Il cumulo giuridico delle penalità tributarie, questo sconosciuto!

Analisi e confronto con il ravvedimento operoso e gli altri istituti deflativi

 
Video Corso Online in Diretta il 16/10/2020

Ore: 15:30 – 17:30

Relatore: Dario Deotto

Accreditamento: 2 crediti formativi ODCEC*

 

Programma

Corso online di approfondimento sul cumulo giuridico delle sanzioni ed in particolari di analisi e confronto con il ravvedimento operoso e gli altri istituti deflativi. Nel dettaglio, saranno discussi i seguenti argomenti:

  • Esame della disciplina del cumulo giuridico (articolo 12 del Dlgs 472/1997)

  • Esemplificazioni

  • Cumulo giuridico e recidiva

  • La possibilità della definizione della sanzione nella misura di 1/3, ai sensi degli articoli 16 e 17 del Dlgs 472/1997

  • La possibilità della definizione della sanzione unica nell’ipotesi di acquiescenza

  • Il cumulo giuridico della sanzione nell’accertamento con adesione e nella conciliazione giudiziale

  • L’ipotesi del ravvedimento operoso: confronto con le altre forme di definizione della sanzione unica per effetto della rilevanza del cumulo giuridico.

Nel corso della diretta, inoltre, sarà possibile interagire con il relatore per commentare o porre quesiti sull’argomento.

L’evento vuole anche essere di introduzione ad un progetto più ampio dedicato all’accertamento tributario:

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