La galassia degli Enti del Terzo Settore è stata regolamentata con il Codice del Terzo Settore, ma non è detto che tutti gli attuali enti facciano domanda d’iscrizione al Runts, in quanto alcuni potrebbero rinunciarvi e di conseguenza dare addio ai conseguenti vantaggi fiscali.
Oggi analizziamo alcuni casi particolari
Gli altri enti del terzo settore: gli enti filantropici
Come ben noto, l’art. 46, del D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (C.T.S. – Codice del Terzo Settore), su delega dell’art. 1, comma 2, lett. b), della L. 6 giugno 2016, n. 106, ha suddiviso gli E.T.S. (Enti del Terzo Settore) nelle seguenti sette sezioni del Runts (Registro unico nazionale del Terzo settore):
- Organizzazioni di volontariato;
- Associazioni di promozione sociale;
- Enti filantropici;
- Imprese sociali, incluse le cooperative sociali;
- Reti associative;
- Società di mutuo soccorso;
- Altri enti del Terzo settore;
offrendo l’opportunità di iscriversi contemporaneamente in due o più sezioni.
E’ data delega al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con decreto di natura non regolamentare, sentita la Conferenza Unificata delle Regioni e province autonome, di istituire sottosezioni o nuove sezioni o modificare le sezioni esistenti.
In precedenti scritti, ci si è occupati delle O.D.V. e delle A.T.S., quindi delle Onlus, ora si esaminano le successive sezioni.
L’art. 37, del D.Lgs. n. 117/2017, definisce gli enti filantropici come quegli enti “costituiti in forma di associazione riconosciuta o di fondazione al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale”.
E’ fatto obbligo di inserire, nella denominazione sociale, l’indicazione di ente filantropico. Il successivo art. 38 evidenzia la fonte delle risorse economiche perché l’ente filantropico possa esercitare la propria attività, fonte che è costituita soprattutto da contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi.
Detto E.T.S. deve indicare nello statuto i principi ai quali si deve attenere in tema di gestione del patrimonio, della raccolta di fondi e risorse in genere, nonché circa la destinazione, le modalità di erogazione di denaro, beni o servizi, anche di investimento a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale.
Infine, l’art. 39, del D.Lgs. n. 117/2017, dispone che il bilancio sociale degli enti filantropici deve contenere l’elenco e gli importi delle erogazioni deliberate ed effettuate nel corso dell’esercizio, con l’indicazione dei beneficiari diversi dalle persone fisiche.
(Per approfondire…“Le diverse realtà del terzo settore: attenzione alle novità” di Cinzia De Stefanis).
Le imprese sociali, incluse le cooperative sociali
Per le imprese sociali, l’art. 40, del D.Lgs. n. 117/2017, rinvia all’art. 1, comma 2, lett. c), della L. 6 giugno 2016, n. 106.
Questa Legge ha delegato ad un successivo D.Lgs la revisione delle imprese sociali.
Di conseguenza, è stato pubblicato il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 112.
L’art. 1, dell’anzidetto D. Lgs. dispone che l’acquisizione della qualifica di impresa sociale spetta agli enti privati, compresi gli enti inclusi nel libro V del codice civile (S.S.; S.N.C.; S.A.S.; S.P.A. S.A.P.A.; S.R.L.; Società cooperative; Mutue assicuratrici; Consorzi e Società consortili), “che, in conformità alle disposizioni del presente decreto, esercitano in via stabile e principale un’attività d’impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, adottando modalità di gestione responsabili e trasparenti e favorendo il più ampio coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e di altri soggetti interessati alle loro attività”.
Non rientrano, tra le imprese sociali, le società costituite da un unico socio persona fisica, le amministrazioni pubbliche (Art. 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165) e gli enti i cui atti costitutivi consentono, anche indirettamente, l’erogazione dei beni e dei servizi solo a favore dei soci o associati.
Le cooperative sociali e i loro consorzi, regolati dalla L. 8 novembre 1991, n. 381, acquisiscono di diritto la qualifica di imprese sociali.
Agli stessi enti, le disposizioni della citata L. n. 381/1991 si applicano nell’osservanza delle norme sulle cooperative.
Alle imprese sociali si applicano, purchè compatibili con la L. n. 381/1991, le norme del C.T.S., e, in mancanza e per gli aspetti non disciplinati, le norme del codice civile e le relative disposizioni di attuazione concernenti la forma giuridica in cui l’impresa sociale è costituita.
Inoltre, si ricorda che il D.Lgs. n. 112/2017, con riferimento all’impresa sociale, dispone:
- al suo art. 10, che l’atto costitutivo deve prevedere la nomina di uno o più sindaci aventi i requisiti di cui all’art. 2397, comma 2 (Almeno un membro effettivo ed uno supplent