Considerazioni in merito alla rivoluzione epocale delle udienze da remoto: il D.L. 18/2020 ha previsto, tra le misure in tema di giustizia adottate per prevenire il rischio di diffusione del contagio da coronavirus, la possibilità che le udienze si tenessero in maniera diversa da quella prevista dalla normativa vigente.
Quali i limiti della digitalizzazione? …e quali prospettive per il 2021?
Effetti del Covid sul sistema giustizia: la necessaria evoluzione digitale
La situazione dei mesi scorsi, legata all’emergenza da Covid, ha imposto un radicale cambiamento nel sistema giustizia evitando gli assembramenti nei tribunali e presso gli uffici giudiziari. Si è quindi reso necessario aprire l’orizzonte a nuove modalità, essenzialmente telematiche, che potrebbero rappresentare quella spinta verso l’innovazione tecnologica che deflazionerebbe in maniera tangibile il tanto auspicato (e mai realizzato) snellimento dell’iter burocratico processuale: le udienze da remoto.
(Per approfondire…“Processo tributario esclusivamente telematico: misure per favorire il distanziamento sociale” di Nicola Forte).
Le regole specifiche in pratica proposte, e che sono già state o, comunque, verranno adottate nei protocolli dai consigli dell’ordine degli avvocati e dai capi degli uffici giudiziari, sono abbastanza minuziose: per citarne alcune, esse prevedono per le udienze telematiche un congruo preavviso; la verifica dell’identità dei partecipanti; il rispetto del contraddittorio; le modalità per contattare i legali in caso di in cui il collegamento non funzioni; come procedere in caso in cui collegamento “salti“.
Analogamente, è stato prescritto in maniera sistematica il modo in cui debba avvenire lo scambio di note scritte e anche la possibilità di breve replica qualora questa fosse necessaria a seguito di deposito di note di parte avversaria.
Dette innovazioni sono state per lo più introdotte dall’articolo 83 del decreto-legge 18/2020, che ha rivoluzionato, più sulla carta, che nella realtà, la giustizia italiana, con l’introduzione di udienze telematiche in video conferenza o con collegamento da remoto o a trattazione figurata, con scambio virtuale di scritti che sostituiscono la comparizione dinanzi al giudice.
Una sorta di rivoluzione, dunque, per il processo italiano che si sta adattando così alle esigenze di sicurezza imposte dalla diffusione del coronavirus, cercando, al contempo, di favorire la continuità dei processi senza prescindere dalle garanzie costituzionali.
Lo svolgimento delle udienze avviene tramite l’utilizzo dei programmi Skype for business e Teams di Microsoft, autorizzando i collegamenti sia su dispositivi dell’ufficio, che su quelli personali, ma comunque stabilendo l’utilizzazione di infrastrutture e aree di data centre riservati in via esclusiva al Ministero della Giustizia.
Come si può facilmente comprendere, si tratta di strumenti di cui l’amministrazione già disponeva e che consentono la gestione delle video conferenze con possibilità per le parti di formulare deduzioni o istanze sia oralmente, che per iscritto e di depositare, leggere e modificare documenti, proprio come se ci si trovasse in una aula di tribunale.
Nell’ambito delle udienze telematiche, quindi, il giudice avrà modo di vedere i soggetti che partecipano e controllare la corrispondenza dell’identità da questi dichiarate con i documenti che gli verranno mostrati, sempre in video conferenza.
La norma prevede poi un’ulteriore modalità di celebrazione dell’udienza per l’ipotesi in cui non sia richiesta la presenza di soggetti diversi da soli difensori.
In questo caso il giudice potrà limitarsi a disporre “lo scambio il deposito in telematico di note scritte contenente il solista anse conclusioni“, procedendo quindi alla “adozione fuori udienza del provvedimento“, che verrà depositato nel fascicolo telematico e comunicate difensori tramite pec.
Il processo da remoto, protagonista dell’emergenza coronavirus, è destinato ad accompagnare la giustizia italiana almeno fino al 31 ottobre 2020, come confermato in un emendamento presentato e approvato dal Decreto Rilancio, che estende le misure emergenziali in tribunale previste dal decreto Cura Italia.
Udienze da remoto: possibili estensioni al 2021?
Negli ultimi giorni sta trapelando la notizia di una possibile estensione in via sperimentale a tutto il 2021, come già aveva annunciato il Ministro Bonafede.
Sono state molte, però, le perplessità riguardo l’utilizzo delle udienze da remoto o telematiche in relazione al processo civile: tutti i principi riguardanti immediatezza, contraddittorietà e oralità, concentrazione, nella pratica spesso diventano “un processo di carte“.
Udienze da remoto o udienze cartolari?
La domanda sorge allora spontanea: non è quindi meglio la modalità da remoto, sia pur con uso di strumenti ad hoc, rispetto ad una “cartolarizzazione” dell’udienza?
Quella che si prospetta è un’occasione quasi irripetibile: ci sono alcune udienze, infatti, come quelle di mero rinvio o quelle svolte per il tramite dei domiciliatari, di carattere, si passi il termine, quasi “amministrativo“, che hanno, però, implicazioni sia dal punto di vista economico, come spostamenti verso il tribunale, specie per chi viene da lontano, sia di carattere temporale: un immane dispendio in termini di tempo, stante il quasi sempre mancato rispetto degli orari stabiliti dai giudici e il protrarsi per un tempo indefinito delle udienze stesse.
Questo tipo di tecnologia permette, invece, anche durante lo stesso giorno, di coprire più udienze, in tribunali diversi, cosa che, per ovvietà di ragioni, ad oggi, non è ipotizzabile.
Vero è che non per tutti i tipi di udienze è possibile utilizzare il mezzo telematico: le udienze testimoniali, ad esempio, per le quali mancano gli strumenti per poterlo svolgere nel rispetto dei crismi del diritto; invero, una semplice udienza di giuramento del c.t.u. potrebbe essere espletata agilmente con la modalità telematica.
Un altro aspetto peculiare delle udienze è la loro imprevedibilità: connesso al rischio di cartolarizzazione delle stesse, vi sarebbe la preclusione della possibilità di dialogo con il giudice.
Questo scoglio sarebbe, però, facilmente aggirabile attraverso l’utilizzo delle “tecnologie giuridiche” tra cui, appunto, le udienze da remoto.
Inutile sottolineare come, per permettere un funzionamento anche solo minimo di tutto l’apparato tecnologico, serva collaborazione tra l’avvocatura e la magistratura: entrambe devono fare leva sullo strumento della deontologia, pilastro dell’avvocatura, che deve vigilare sulle modalità di controllo.
L’eventuale bagarre delle questioni tecniche, riguardanti la fibra, la connessione, la velocità di linea, può essere superata in maniera ingegneristica, attraverso l’aiuto di tecnici e persone competenti del mondo informatico.
Gli avvocati non dovrebbero quindi, avere paura della novità: anche i primi tempi di introduzione del PCT sembravano critici, il mondo legale, soprattutto la “vecchia guardia”, era preoccupato: l’innovazione è, infatti, da sempre l’arcinemico dei mestieri considerati corporativi come ancora lo è l’avvocatura.
L’innovazione ci sta chiamando a fare un passo in avanti, un salto nel buio, per molti: uno svecchiamento della professione, eliminare uno strato di polvere dai grossi codici che simboleggiano e racchiudono il sapere giuridico, senza però privarli della loro sacralità: un’operazione che potrebbe essere definita di “digitalizzazione della sacralità”.
Certo la questione si pone in termini diversi per i nativi digitali, che trovano molto più semplice e veloce un clic del computer che non, a mero titolo esemplificativo, correre in tribunale per avere copia con timbro del depositato, quando una PEC risolverebbe un quantitativo ingente di problematiche.
Questione diversa invece è quella relativa al settore penale, dove ancora non si è in grado di pensare ad una informatizzazione, ad una digitalizzazione completa: alcune udienze, però, come il patteggiamento o la conferma dei i lavori socialmente utili, potrebbero essere svolte con modalità telematiche.
Ciò permetterebbe di lasciare alle aule lo spazio per il vero dibattimento e attuare quella deflazione giudiziaria che tanto si auspicava nel 1989 con l’allora nuovo codice di procedura penale.
In definitiva, il nuovo che avanza, l’informatizzazione, la digitalizzazione, l’utilizzo delle macchine come ausilio alla professione, permetterebbero, con un po’ di pazienza e per i motivi di cui sopra, di rispettare le norme imposte per evitare il diffondersi ulteriore della pandemia, di risparmiare in termini di economia, di tempo, ma soprattutto permetterebbero all’apparato giudiziario e al mondo del diritto di recuperare un barlume di fiducia da parte dei cittadini che, sempre più spesso, si lanciano in pesanti critiche contro una giustizia lenta e non sempre equa.
A cura di Andrea Ziletti
Lunedì 21 settembre 2020