Non dimentichiamoci dei costi

Proponiamo alcune valutazioni in tema di analisi dei costi, in particolare ci soffermiamo sulla differenza fra costi specifici e costi comuni e sul loro peso nelle decisioni strategiche.

analisi dei costiDopo aver discusso di risorse e del loro possibile ruolo strategico, si può ricordare che è dal loro combinarsi, per ottenere prodotti e servizi, che nascono i costi.

Ma quello che è ormai acquisito dalla letteratura in materia è che non sono i prodotti e servizi che assorbono risorse, ma le attività attraverso le quali: per i prodotti prima li si pensa e li si progetta, poi li si “produce” e infine li si vende.

Mentre per i servizi alcuni processi/attività sono simultanee: così produzione e vendita si svolgono nello stesso momento, per cui si parla, più correttamente di erogazione dei servizi.

Questa precisazione dovrebbe aiutare a capire perché quando si elabora un piano quantificare quanto costi un prodotto/servizio passa attraverso la definizione di quanto costano le diverse attività che si svolgono.

Il costo di queste attività è inoltre fortemente condizionato dalle modalità con le quali sono sati disegnati e poi realizzati le varie attività/processi.

In questo caso le logiche del cost management si devono sostituire a quelle del cost control.

Prima di questa crisi qualcuno continuava a preoccuparsi di spendere quanto budgettato o con un costo in linea con quello sostenuto negli anni precedenti.

Così, con il Covid-19 si trattava di contenere il più possibile tutti i costi.

Mentre si trattava, applicando il cost management, di individuare le attività nelle quali si spende (perché si spende) e capire quali tra queste attività sono così strategiche per la sopravvivenza dell’azienda da non dover essere tagliate.

Viene dopo, ed è forse meno esiziale, la valutazione di come si organizzano le risorse anche in queste attività (come si spende, con quale livello di efficienza).

 

Analisi dei costi

Queste analisi non sono destinate ad individuare “dove” i costi sono o meno “contenibili”, analisi imprescindibili nel caso di crollo dei fatturati.

Sono invece analisi finalizzate a capire se le attività/processi sono o meno a valenza strategica, caratterizzanti la “value proposition”.

Se hanno questa caratteristica i costi di queste attività/processi, anche in presenza di riduzione dei fatturati, sono gli ultimi da tagliare.

Se possibile, da non tagliare mai.

Ne sono un esempio rilevante i costi per mantenere un contatto con i propri clienti, anche se non si realizzava una vendita.

Mantenere la relazione si è rivelato per molte aziende il processo-soluzione per dare continuità al rapporto e riprendere con una fatturazione più o meno elevata nel dopo lockdown.

È quindi rilevante individuare correttamente quali siano queste attività/processi strategici.

Questo poiché i relativi costi, vanno gestiti e non “tagliati” acriticamente.

 

Il Fattore Critico di Successo (FCS)

Per individuare queste attività/processi, di cui non bisogna tagliare i costi, si può richiamare il concetto di Fattore Critico di Successo (Critical Success Factor).

Vi sono infatti delle attività/processi da cui dipende la capacità di un’impresa di rispondere in modo adeguato ai Fattori ai quali i clienti riconoscono assoluta rilevanza, quei fattori per cui i clienti scelgono l’offerta di un’impresa rispetto a quella dei concorrenti.

Dove spesso si pensa che questo Fattore sia il prezzo di vendita e poi invece si scopre essere un elemento del servizio: ampiezza di gamma offerta, possibilità di personalizzazione del prodotto, tempi di consegna e così via.

Come si è già avuto modo di evidenziare i Fattori Critici di Successo dipendono da caratteristiche di ambiente esterno, da richieste dei clienti e da una particolare strategia competitiva.

Mentre dai FCS dipendono le attività/processi gestionali strategicamente rilevanti e che quindi è critico gestire in modo efficace.

Ne sono esempi:

  1. se il cliente richiede una numerosità di prodotti, elevata l’ampiezza di gamma o la profondità di gamma;
     
  2. dall’ambiente esterno con il sopraggiungere del Covid-19, in questi mesi, è diventato ipercritico gestire in modo efficace la liquidità e questo sia da manovra di fonti finanziarie interne (ad esempio smobilizzo/ incasso dei crediti “incagliati”, alleggerimento dei magazzini e delle risorse finanziarie in esse investite ad esempio svendendo i prodotti basso rotanti, o addirittura a rotazione zero nell’anno);
     
  3. se la strategia competitiva si basa una “leadership di costo” diventa critico il confronto costante dei propri costi nelle diverse attività che caratterizzano il business con i costi dei principali competitors, magari svolgendo anche delle attività di benchmarking al fine di trovare nuove soluzioni da aziende non in diretta concorrenza.

In base a queste riflessioni si può intuire che non è più sufficiente distinguere i costi in variabili e fissi.

Questa distinzione era centrale quando al centro del calcolo c’erano prevalentemente i prodotti e i loro volumi di produzione e vendita.

 

Costi specifici vs. Costi comuni

Oggi non è più così. La distinzione che conta è tra i costi specifici (traceable cost) e i costi comuni (common cost).

I primi, quelli “tracciabili”, sono quei costi relativi a fattori produttivi utilizzati in modo univoco o oggettivamente attribuibile allo “svolgimento di determinate attività o processi”.

Questi ultimi sono poi costi che possono avere attinenza, e quindi essere specifici, con la realizzazione di alcuni prodotti, con l’erogazione di certi servizi o sostenuti per contattare e rispondere alle richieste di determinati clienti.

In proposito non va taciuto né sottovalutato un grande cambiamento verificatosi nei costi con il mutare dei mercati di riferimento: oggi molti costi sono più specifici di cliente (da lui direttamente generati) che specifici di prodotto.

Anzi con la digitalizzazione nella Fabbrica 4.0 gli unici costi variabili e sicuramente specifici di prodotto rimangono le materie prime o le componenti caratterizzanti il montaggio di uno specifico prodotto, ma anche questi sono sempre più legati alla personalizzazione del prodotto legata al soddisfacimento delle richieste del cliente.

Il fatto poi di avere più costi comuni che specifici comunque non è un male: significa essere meno legati ai singoli prodotti; i costi comuni in percentuale elevata indicano una bassa specializzazione e quindi, in teoria, una maggior flessibilità produttiva.

Si dovrebbe poter cambiare più facilmente le produzioni, si è meno specializzati.

La specializzazione significa andare su specifiche classi di clienti.

Si perdono le opportunità del mercato di massa. Ma forse, come si è più volte affermato nei nostri interventi, il mercato di massa non esiste più.

È un ricordo del jurassico, di un passato che non tornerà più.

 

A cura di Alberto Bubbio

Venerdì 28 agosto 2020

 

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