VAT quick fixes: da gennaio quattro soluzioni per le cessioni intra-UE – Novità IVA 2020

Entreranno in vigore dal prossimo 1.1.2020 le VAT quick fixes, cioè le migliorie introdotte dal Consiglio UE per contrastare le frodi IVA ed armonizzare l’attuale assetto degli scambi intracomunitari di beni, in attesa del passaggio al regime definitivo (previsto per luglio 2022): regole più chiare ma anche più stringenti a carico degli operatori.
Facciamo il punto sulle nuove norme ed i nuovi obblighi che scattano fra pochi giorni

VAT quick fixes gennaio quattro soluzioni per le cessioni intra-UEVAT quick fixes: la novità per le cessioni intra UE

 

Gli interventi del legislatore comunitario, noti come VAT quick fixes, riguardano:

 

  1. la prova del trasporto nelle cessioni intracomunitarie;
     
  2. la rilevanza sostanziale dell’iscrizione al VIES;
     
  3. la disciplina delle operazioni di vendita a catena (triangolari);
     
  4. il trattamento omogeneo del call-off stock (anche noto come consignment stock).

 

Le norme di riferimento sono la Direttiva UE 2018/1910 e i Regolamenti 2018/1909 e 2018/1912, tutte datate 4.12.2018, con le quali il Consiglio UE ha emendato la Direttiva 2006/112/CE (di seguito Direttiva IVA) e il Regolamento 282/2011.

Nell’attesa che il legislatore nazionale recepisca le nuove previsioni, analizziamole più in dettaglio:

 

VAT quick fixes: la prova del trasporto nelle cessioni intracomunitarie

 

Nell’attuale quadro normativo, un tema controverso concerne la dimostrazione dell’avvenuto trasporto dei beni nello Stato membro di destinazione.

La Direttiva IVA non stabilisce gli elementi probatori idonei a tale scopo, il che ha determinato grandi incertezze operative per le imprese e per le Amministrazioni Finanziarie e ha dato origine ad una ridda di interpretazioni diverse, come dimostrato dal consistente contenzioso sul punto.

La prassi elaborata dall’Agenzia delle Entrate (R.M. 345/E/2007, R.M. 477/E/2008, R.M. 19/E/2013, Interpello n. 100/2019) prevede quali elementi di prova la fattura di vendita, l’elenco Intrastat, la documentazione attestante gli impegni delle parti (es. contratti e ordini), la rimessa bancaria relativa al pagamento della merce; nonché:

 

  • se il trasporto è curato dal cedente con mezzi propri:
     

    • il documento di trasporto firmato dal cedente e dal cessionario “per ricevuta”, ovvero il documento di trasporto firmato dal cedente e una dichiarazione del cessionario relativa alla ricezione della merce;
       
    • la documentazione relativa al trasporto (pedaggi autostradali, rifornimenti di carburante, ecc.);
       
  • se il trasporto è curato dal cedente con mezzi di terzi:
     

    • il documento di trasporto firmato dal cedente, dal vettore per “presa in carico” e dal cessionario “per ricevuta”, ovvero il documento di trasporto firmato dal cedente e dal vettore per “presa in carico” e una dichiarazione da parte del cessionario relativa alla ricezione della merce;
       
    • il contratto di trasporto e la fattura emessa dal vettore;
       
  • se il trasporto è curato dall’acquirente (“franco fabbrica”) in proprio o tramite terzi:
     

    • il documento di trasporto firmato dal conducente (o dal vettore) per “presa in carico” e dal cessionario “per ricevuta”, ovvero una dichiarazione da parte del cessionario relativa alla ricezione della merce.

 

Nell’ottica di uniformare la materia e di garantire maggiori certezza agli operatori, il Regolamento UE 2018/1912 ha inserito all’interno del Regolamento 282/2011 il nuovo articolo 45-bis, nel quale vengono espressamente tipizzati i documenti ritenuti idonei a dimostrare l’avvenuto trasporto o spedizione dei beni a destino di altro Stato Membro.

 

Prove dell’avvenuto trasporto

 

Nello specifico, al paragrafo 3 dell’articolo 45-bis vengono previsti due distinti gruppi di prove:

 

  1. i documenti relativi al trasporto o alla spedizione dei beni, ad esempio un documento di trasporto o una lettera CMR firmata, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, una fattura emessa dallo spedizioniere;
     
  2. altri documenti quali, ad esempio, una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto; i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o del trasporto; documenti ufficiali, rilasciati da pubblica autorità (es. un notaio) che conferma l’arrivo dei beni a destinazione; una ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato UE di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale Stato;

 

Se i beni vengano spediti o trasportati dal cedente (o da un terzo per suo conto), allora la prova si considera soddisfatta qualora il venditore sia in possesso di due elementi previsti nel gruppo A (A+A), oppure, in alternativa, di uno degli elementi sub A in combinazione con uno degli elementi sub B (A+B).

Se i beni vengano spediti o trasportati dall’acquirente (o da un terzo per suo conto), allora in aggiunta ai requisiti di cui sopra (A+A oppure A+B), è altresì richiesto che il venditore debba acquisire una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifica che i beni sono trasportati o spediti da quest’ultimo (o da un terzo per suo conto) e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni.

 

La dichiarazione scritta del venditore all’acquirente

 

Tale dichiarazione deve essere rilasciata al venditore entro il 10° giorno del mese successivo alla cessione e deve contenere almeno i seguenti elementi:

 

  • la data di rilascio;
     
  • il nome e l’indirizzo dell’acquirente;
     
  • la quantità e la natura dei beni;
     
  • la data e il luogo di arrivo dei beni;
     
  • nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto;
     
  • l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente.

 

In ogni caso, gli elementi di prova forniti devono essere non contraddittori e rilasciati da soggetti diversi ed indipendenti tra loro.

Sotto il profilo operativo può essere problematico ottenere la documentazione prescritta, nei casi in cui il trasporto sia effettuato senza l’intervento di vettori o spedizionieri.

Altre difficoltà possono insorgere in ragione del ristretto termine per l’acquisizione delle prove: si pensi alla dichiarazione dell’acquirente, che dev’essere rilasciata entro il giorno 10 del mese successivo alla cessione.

Le nuove regole impongono al fornitore di acquisire i documenti nell’immediatezza dell’oprazione, per cui la prova dell’avvenuto scambio intracomunitario non potrà più essere prodotta a posteriori o, comunque, successivamente all’emissione della fattura, come diversamente sostenuto dalla Corte di Giustizia (causa C-146/05 Collée).

 

Rilevanza sostanziale dell’iscrizione al VIES

 

Nell’ambito delle cessioni intracomunitarie di beni, le regole vigenti non prevedono che il cessionario sia munito di un numero di identificazione IVA, risultante dalla banca dati VIES, nello Stato Membro di destinazione di detti beni, come requisito necessario per beneficiare della non imponibilità.

A dire il vero, il Fisco italiano aveva ritenuto per lungo tempo che l’iscrizione al VIES avesse una valenza sostanziale.

Soltanto a Telefisco 2019 l’Agenzia delle Entrate ha sposato la tesi del valore formale, allineandosi alle indicazioni della Cassazione (sentenza 28.5.2007 n. 12455) e della Corte di Giustizia Europea (causa C-21/16 Euro Tyre BV)

In base all’art. 138 della Direttiva IVA, come riformulato dalla Direttiva UE 2018/1910, l’iscrizione al VIES del cessionario diventerà requisito sostanziale, e non più solo formale, ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità.

 

Condizioni per la non imponibilità delle cessioni di beni

 

Il nuovo art. 138 ora prevede che, a partire dal 1° gennaio 2020, siano considerate non imponibili le cessioni di beni spediti o trasportati fuori dal territorio dello Stato e destinati a essere introdotti in altro Stato membro da parte del venditore o dell’acquirente (o da terzi per loro conto), purché siano rispettate tre precise condizioni:

 

  1. i beni siano ceduti ad un altro soggetto passivo (o assimilato) di uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha avuto inizio;
     
  2. il destinatario sia identificato ai fini IVA in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha avuto inizio; egli, inoltre, deve comunicare preventivamente al cedente il proprio codice identificativo;
     
  3. il cedente abbia inviato gli elenchi riepilogativi Intrastat cessioni.

 

In concreto, non cambiano le procedure per il fornitore “diligente”, il quale (come già accade oggi) dovrà:

 

  • verificare lo status dell’acquirente attraverso il sistema VIES prima di emettere fattura non imponibile;
     
  • compilare il modello Intrastat cessioni.

 

A mutare, e non di poco, sono le conseguenze in caso di inadempimento: la mancanza dei suddetti requisiti comporta l’assoggettamento ad IVA della cessione intracomunitaria.

Ad ogni modo la norma prevede un temperamento.

Infatti nell’art. 138 in commento è previsto che “il venditore possa debitamente giustificare la sua mancanza secondo modalità ritenute soddisfacenti dalle autorità competenti”.

 

Disciplina delle operazioni di vendita a catena (triangolari)

 

Le operazioni a catena consistono in cessioni successive degli stessi beni, tra almeno tre operatori economici (cedente, promotore e destinatario), oggetto di un unico trasporto comunitario.

In relazione a tali fattispecie, secondo la Corte di Giustizia solo una cessione può assumere il carattere di vendita intracomunitaria non imponibile (cause C-245/04 EMAG Handler Eder, C-430/09 Euro Tyre Holding, C-386/16 Toridas UAB, C-628/16 Kreuzmayr GmbH, C-580/16 Firma Hans Buhler KG, C-414/17 AREX CZ as).

Le altre cessioni sono soggette ad IVA e potrebbero comportare l’obbligo di identificazione del cedente nello Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati.

La criticità, nelle suddette operazioni, è pertanto quella di individuare la cessione alla quale sia imputabile il trasporto comunitario, che è l’unica a beneficiare del regime di non imponibilità IVA.

 

Regole per l’individuazione del soggetto a cui attribuire il trasporto intracomunitario

 

La Direttiva UE 2018/1910, recependo le indicazioni della giurisprudenza citata, ha introdotto nella Direttiva IVA regole più precise per l’individuazione del soggetto cui attribuire il trasporto intracomunitario (e, di conseguenza, la non imponibilità).

Il nuovo art. 36-bis stabilisce che, nelle operazioni a catena in cui il trasporto è curato dell’operatore intermedio (middle man) o da terzi per suo conto,

 

  • regola generale: la spedizione o il trasporto dei beni sono imputati solo alla cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio;

    In questo caso la cessione nei confronti dell’operatore intermedio sarà soggetta ad IVA nello Stato di partenza, mentre la cessione intraUE non imponibile sarà quella effettuata dal medesimo operatore intermedio a cui il trasporto è imputato.

    La deroga in esame costituisce una mera facoltà per l’operatore intermedio, il quale può decidere se adottarla o meno per ogni operazione.

 

La norma in commento definisce l’operatore intermedio come “un cedente all’interno della catena diverso dal primo, che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto”, per cui, si ribadisce, l’art. 36-bis si applica soltanto se il trasporto avviene a cura del medesimo.

In altri termini, la disposizione in esame non rileva quando il trasporto è effettuato da o per conto del primo fornitore della catena, oppure da o per conto dell’acquirente finale: in queste ipotesi il trasporto è imputato, rispettivamente, alla prima cessione o all’ultima.

La locuzione “spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto” deve intendersi nel senso che l’operatore intermedio è il soggetto gravato del rischio della perdita o del danneggiamento dei beni durante il trasporto.

E’ dunque possibile che il middle man si avvalga, per il trasporto, di un altro soggetto partecipe della catena, ma in questo caso occorre verificare scrupolosamente che i rischi del trasporto non incombano su quest’ultimo.

 

Individuazione del momento di acquisizione della proprietà dei beni scambiati

 

Bisogna altresì porre molta attenzione al momento in cui l’operatore intermedio acquisisce la proprietà dei beni scambiati, perché egli “può trasferire al secondo acquirente il potere di disporre di un bene come un proprietario solo dopo averlo ricevuto dal primo venditore” (sentenza C-430/09 Euro Tyre).

Se il destinatario finale acquista la proprietà dei beni prima dell’inizio del trasporto, allora la non imponibilità dovrà essere attribuita alla seconda cessione (dall’operatore intermedio al destinatario finale), mentre la prima (dal primo cedente all’operatore intermedio) comporterà per il middle man l’obbligo di identificarsi nello Stato membro di partenza.

Deve essere ulteriormente precisato che l’art. 36-bis non modifica le regole generali per beneficiare della non imponibilità, né interviene sulle semplificazioni previste per le operazioni triangolari.

Rimane perciò in vigore la figura del soggetto passivo “designato debitore d’imposta”, in presenza di triangolazioni dove il trasporto dei beni avviene a cura dell’operatore intermedio (art. 141 lett. e) Direttiva IVA e, nella normativa italiana, art. 40, co. 2, Dl 331/1993).

Per questa tipologia di triangolazione comunitaria, dunque, lo scenario dal 1.1.2020 non cambia rispetto alla previgente situazione.

Non va tralasciato, infine, che le operazioni a catena richiedono la predisposizione di un quadro probatorio dettagliato: oltre alle prove classiche della cessione intraunionale, l’operatore intermedio deve altresì dimostrare che è lui stesso (ovvero un terzo per suo conto) ad occuparsi del trasporto.
Alla prova del trasporto (necessaria ai fini della non imponibilità della cessione intracomunitaria), quindi, si accompagna la prova dell’organizzazione del trasporto medesimo (indispensabile ai fini dell’imputazione del trasporto dell’operatore intermedio).

 

Trattamento omogeneo del call-off stock (anche noto come consignment stock)

 

Il contratto di call-off stock prevede il trasferimento dei beni di proprietà del fornitore presso un luogo di stoccaggio nella disponibilità del cessionario, il quale, nonostante l’avvenuto passaggio fisico della merce (transfer), non ne diviene immediatamente proprietario: la merce resta di proprietà del venditore fino a quando il cliente la preleva per le proprie esigenze produttive.

Ad oggi, alcuni Stati Membri (tra cui Italia, Francia e Germania) considerano la movimentazione di beni da uno Stato UE ad un altro, in virtù di un contratto di call-off stock, come una cessione intracomunitaria ad efficacia differita al momento del prelievo da parte del cessionario, sollevando il cedente dall’obbligo di identificarsi ai fini IVA nel Paese di arrivo della merce.

Il Fisco italiano riconosce questo differimento a condizione che il cedente:

 

  • annoti l’uscita dei beni in un apposito registro (art. 50 Dl 331/1993);
     
  • faccia scortare i beni dal documento di trasporto;
     
  • al momento del prelievo da parte dell’acquirente, emetta fattura non imponibile ex art. 41, co. 1, lett. a) Dl 331/1993, compili il modello Intra e annoti lo scarico nel registro sopra indicato.

 

In altri Stati Membri (tra cui Spagna, Portogallo e Grecia), invece, detta movimentazione di beni costituisce fin dall’origine una cessione intracomunitaria assimilata (trasferimento di merce propria), con conseguente obbligo per il cedente di identificarsi ai fini IVA nello Stato di arrivo della merce.

 

Il regime unitario per il call-off-stock introdotto dalla Direttiva UE 2018/1910

 

Nell’intento di armonizzare il trattamento dei contratti in esame, la Direttiva UE 2018/1910 ha introdotto un regime unitario per il call-off stock, replicando nella sostanza la posizione sinora assunta dall’Italia.

In questo modo gli operatori non dovranno più verificare se siano obbligati ad identificarsi nello Stato membro in cui è situato il deposito.

La citata efficacia differita opera nel limite di 12 mesi dall’arrivo dei beni; se entro tale termine una qualsiasi delle condizioni previste dal nuovo art. 17-bis della Direttiva IVA cessa di essere soddisfatta, allora l’operazione si considera una cessione intracomunitaria assimilata.

Ad esempio, l’effetto sospensivo verrà meno qualora:

 

  • il cessionario non prelevi la merce entro 12 mesi;
     
  • i beni siano ceduti a un soggetto diverso da quello indicato nel contratto di call-of stock;
     
  • i beni siano spediti o trasportati in un Paese diverso dallo Stato membro stabilito nel contratto di call-of stock;
     
  • in caso di distruzione, perdita o furto dei beni.

 

A cura di Giampaolo Giuliani e Luca Tentoni

Martedì 17 dicembre 2019