Dopo la riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), sono state utilizzate talune clausole di limitazione nel trasferimento delle quote che derivano dagli ordinamenti giuridici anglosassoni (di commonlaw). Si tratta di clausole atipiche, non previste dal codice civile.
Sulla validità giuridica di tali clausole, anche in considerazione della loro formulazione, sorgono dubbi, anche se la dottrina è più propensa ad accettarle. Possono essere inserite nello statuto della società ovvero comprese nei patti parasociali e, qualora rivestano i caratteri di legittimità, estendono la loro efficacia, rispettivamente, nei confronti di tutti i soci o di coloro che partecipano al patto parasociale.
Di seguito, si illustrano le tipologie di clausole di covendita, sperando che la giurisprudenza si arricchisca, sull’argomento di maggiori interventi.
Clausole di covendita: clausola tag along o piggy back (patto di accodamento, o diritto di seguito)
Tra le clausole di covendita, la clausola tag along o piggy back ha lo scopo, nelle società a ristretta base societaria, di proteggere i soci di minoranza dall’eventuale ingresso di nuovi soci di maggioranza o al verificarsi di mutamenti nella compagine sociale.
In sostanza, se un socio di maggioranza intende cedere la sua quota di partecipazione, i soci di minoranza si possono «accodare» alla vendita del primo vendendo le proprie partecipazioni allo stesso prezzo, oltre che alle stesse condizioni spuntate dal socio di maggioranza, sfruttando la capacità contrattuale di quest’ultimo.
Al fine di perseguire l’obiettivo, il contratto di cessione della partecipazione del socio di maggioranza viene congelato per un dato periodo di tempo, per consentire ai soci di minoranza di decidere se unirsi al socio di maggioranza e vendere anch’essi la loro quota.
Varie ipotesi possono essere formulate in merito a una cessione parziale delle quote di maggioranza, alla volontà dell’acquirente di acquisire solo una determinata quantità di quote etc.
La Cassazione sulle clausole di covendita
La Corte di Cassazione, Sez. I, con ordinanza del 19 febbraio 2018, n. 3951, ha affrontato la questione giudiziaria derivante dal seguente fatto: la Soc. M. vende alla Soc. S. la nuda proprietà di un certo numero di azioni della Soc. F. con riserva del diritto di usufrutto.
Tale operazione – secondo J.A., J.F. e B.A., titolari della nuda proprietà di un numero inferiore di azioni della Soc. F. e dell’usufruttuaria Soc. T. – perseguiva lo scopo di eludere la disposizione dell’art. 5.2 dello Statuto che prevedeva un diritto di covendita in favore degli altri soci quando fosse trasferito il pacchetto di maggioranza della società, essendo l’acquirente obbligato ad acquistare anche le loro azioni.
Secondo i ricorrenti J.A., J.F., B.A. e la Soc. T., la cessione “della nuda proprietà sarebbe idonea a far sorgere il loro diritto alla covendita, in quanto il menzionato art. 5.2. dovrebbe essere interpretato nel senso di ammettere il diritto di covendita in favore dei soci di minoranza in tutti i casi in cui il controllo assembleare sia possibile anche in futuro e qu