Con la pubblicazione in G.U. del decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2020, il divieto di compensazione dei crediti tributari con i debiti d’imposta oggetto di accollo trova valenza normativa. Con la preclusione introdotta, il legislatore aderisce espressamente all’interpretazione assunta dall’amministrazione finanziaria, secondo cui Il debito fiscale oggetto di accollo non può essere estinto utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario. L’accollante non costituisce, infatti, il debitore dell’imposta, ma soltanto un soggetto che si è obbligato con l’Erario in via negoziale.
Novità in tema di accollo del debito di imposta: preclusione del pagamento mediante compensazioni
L’articolo 1 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 [1] configura una nuova disciplina l’accollo del debito di imposta altrui ex art. 8, della legge 27 luglio 2000, n. 212 [2].
Infatti, detta novella vieta expressis verbis il pagamento del debito accollato mediante compensazione e pertanto chi si accolla un debito tributario altrui non può più pagarlo tramite la compensazione in F24.
Nel caso di violazione del divieto[3], il pagamento si considera non avvenuto a tutti gli effetti di legge e sono irrogate sanzioni differenziate per l’accollante e l’accollato. In deroga alla disciplina generale, gli atti di recupero in conseguenza della violazione del divieto di compensazione sono notificati entro l’ottavo anno successivo alla presentazione della delega di pagamento.[4]
Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124 in esame, mantiene la possibilità di accollo del debito di imposta ai sensi della citata norme dello Statuto del contribuente, disponendo che i relativi pagamenti seguano le modalità imposte da specifiche disposizioni di legge. Il comma 2 esplicita il divieto di pagamento del debito accollato mediante compensazione.
Ipotesi di violazione del divieto di compensazione
Nel caso di violazione del divieto di compensazione dell’accollante (comma 3), i pagamenti effettuati in compensazione si considerano come non avvenuti a tutti gli effetti di legge, generando così conseguenze sanzionatorie in capo ai soggetti coinvolti.
Il comma 4 dispone, in deroga alla disciplina generale, che i relativi atti di recupero delle sanzioni, dell’imposta non versata e dei relativi interessi potranno essere notificati entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello della presentazione della delega di pagamento.
Si dispone che l’accollante sia coobbligato in solido con l’accollato per l’imposta e gli interessi.
Le sanzioni irrogate, in armonia alla risoluzione n. 140 del 2017[5] sono le seguenti:
- all’accollante sono comminate le sanzioni pari al trenta per cento del credito, se il credito indebitamente compensato è esistente, o dal cento al duecento per cento dell’importo, ove il credito sia inesistente (articolo 13, commi 4 o 5, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471);
- all’accollato è comminata la sanzione pari al trenta per cento del dovuto (articolo 13, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471), recuperando l’imposta dovuta e gli interessi, importi per i quali l’accollante è coobbligato in solido. Il comma 5 demanda a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle ulteriori disposizioni attuative[6].
I commi 1, 4 e 5 dell’articolo 13, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471
1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla