Inosservanza del temine del contraddittorio: vizio non rilevabile d’ufficio

Il vizio dell’avviso di accertamento derivante dall’inosservanza del termine per il contraddittorio non è rilevabile d’ufficio ma deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo.

 

Contraddittorio vizio dell'accertamentoIl vizio dell’avviso di accertamento derivante dall’inosservanza del termine per il contraddittorio non è rilevabile d’ufficio ma deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo.

Tale violazione attiene all’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 posta a tutela del diritto del contribuente di confrontarsi in contraddittorio con l’A.F. allorché questa ultima richiede una pretesa impositiva.

Il suddetto principio è contenuto nella recente ordinanza n. 13692/2019 della Cassazione.

 

La normativa sul contraddittorio

 

La previsione normativa del contraddittorio tra contribuente e Amministrazione finanziaria nasce dall’esigenza di migliorare i rapporti tra questi soggetti mediante un confronto diretto basato su collaborazione e trasparenza.

L’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 (Statuto del contribuente), stabilisce il diritto del contribuente sottoposto a verifica fiscale a presentare all’ufficio, entro 60 giorni, osservazioni e richieste, che dovranno essere valutate dallo stesso ente impositore.

L’avviso di accertamento, in virtù delle garanzie contenute in tale disposizione, non può essere emesso prima della scadenza di detto termine, eccezion fatta per situazioni di particolare urgenza da motivare e non è prevista alcuna sanzione in caso di violazione.

Tale garanzia si applica a qualsiasi atto di accertamento con accesso, verifica nei locali dell’impresa, ivi compresi gli atti di accesso diretti all’acquisizione di documentazione, essendo necessario redigere un verbale di chiusura della operazioni (art. 52, comma 6, Dpr n. 633/1972); la medesima garanzia non è prevista in caso di accertamenti c.d. a tavolino ossia in assenza si accessi o verifiche.

L’emissione dell’atto impositivo, alle condizioni sopra descritte, deve avvenire nel rispetto del principio del contraddittorio ex art. 24 Cost, in quanto il suddetto art. 12 costituisce concreta attuazione dei principi di collaborazione e buona fede legati alla diretta applicazione di quelli costituzionali (buon andamento ed imparzialità).

Lo stesso decreto in materia di conoscenza degli atti e semplificazione stabilisce, inoltre, all’art. 7, comma 5, legge n. 212/2000 che l’ufficio prima di procedere alle iscrizioni a ruolo, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, inviti il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta

In tema di riscossione la normativa vigente (art. 6, co 5, l 212/2000) non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo, ex art. 36 bis Dpr n. 600/73, ma solo “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione che non ricorre nel caso in esame, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili indicati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo.

Del resto, hanno rilevato i giudici, se il legislatore avesse voluto prevedere il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi indicati in dichiarazione, non avrebbe previsto la limitazione di cui al citato comma 5 dell’art. 6.

 

Vizio dell’avviso di accertamento per inosservanza del temine del contraddittorio: il caso

 

La società contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento per Irap e Iva anno d’imposta 2004.

In primo grado la CTP ha respinto il ricorso mentre la CTR ha accolto l’appello proposto dalla stessa società.

L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione eccependo l’erroneità della sentenza della CTR la quale aveva affermato che la violazione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 era questione rilevabile d’ufficio.

I giudici hanno ritenuto che il vizio dell’avviso di accertamento derivante dall’inosservanza del termine dilatorio ex art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 non è rilevabile d’ufficio ma deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo, atteso che riguarda la violazione di una norma posta a difesa del diritto dello stesso contribuente ai fini dell’osservanza del contraddittorio con la Amministrazione finanziaria.

Attesa la natura recettiva dell’atto tributario e che il tema dei vizi delle notificazioni degli atti impositivi è strettamente correlato a quello del regolare esercizio dell’azione tributaria entro i termini decadenziali previsti dalla legge, ne consegue che il vizio dell’atto impositivo non è rilevabile d’ufficio ma deve essere eccepito dal contribuente;

Le forme di invalidità dell’atto tributario non sono rilevabili d’ufficio, né possono esser fatte valere per la prima volta nel giudizio di cassazione.

La conversione delle ipotesi nullità in mezzi di gravame avverso l’atto impositivo è conseguenza della natura del processo tributario come giudizio di impugnazione-merito (non di impugnazione-annullamento); infatti il giudizio tributario è limitato alla verifica della legittimità della pretesa effettivamente avanzata con l’atto impugnato in base ai presupposti di fatto e di diritto indicati in essa (cfr. Cass. n.12313/2019).

 

Giurisprudenza in materia di contraddittorio

 

Sul tema la Cassazione ha ritenuto che l’accertamento c.d. a tavolino basato su documentazione già in possesso dell’amministrazione finanziaria non necessita di contraddittorio con il contribuente.

Le garanzie fisate nell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, ossia l’obbligo dell’amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale pena l’invalidità dell’atto, si applicano solo per gli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali eseguite nei locali dove si svolge l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente (Cass.n.13490/2019).

Il termine dei sessanta giorni, utile per presentare osservazioni, decorre solo dal rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni in caso di accesso o ispezione dei locali dell’impresa o del professionista (Cass. n. 28312/2017).

L’obbligo del contraddittorio non sussiste in tutti i casi di iscrizione a ruolo ma solo qualora ci siano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione dei redditi. Tale obbligo non è configurabile nel caso in cui la verifica implica un controllo documentale sui dati contabili indicati in dichiarazione (Cass. n. 10644/2018).

Su quest’ultimo tema la giurisprudenza di legittimità ha affermato che in caso di controllo della dichiarazione tributaria è legittima l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ex art. 36-bis Dpr n. 600/1973 in quanto non è necessario un previo avviso di recupero. (Cass. n. 12129/2017).

L’emissione della cartella di pagamento con le modalità previste dall’art. 36 bis, comma. 3, del Dpr. n. 600/1973, e dall’art. 54 bis, co. 3, d.P.R. n. 633 del 1972, non richiede la preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente, salvo che la procedura di liquidazione automatizzata non si limiti a rilevare meri errori materiali, ma richieda rettifiche preventive dei dati contenuti nella dichiarazione dei redditi (Cass n. 1711/2018).

Il difetto del contraddittorio non può essere eccepito o rilevato d’ufficio nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione a causa di un’esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 c.p.c.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, (Cass. n. 21096/2017).

 

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A cura di Davide Di Giacomo

Martedì 17 Settembre 2019