All’organo amministrativo è affidata la gestione della società: a tal fine, esso può compiere tutti gli atti e tutte le operazioni, sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione, con la sola esclusione di quegli atti e di quelle operazioni che la legge e lo statuto riservano espressamente ai soci.
Gli amministratori detengono altresì il potere di rappresentanza della società nei confronti dei terzi.
L’esercizio dei suddetti poteri comporta per gli amministratori impegni continui e responsabilità alle quali, nella maggior parte dei casi, corrisponde un congruo compenso.
Vediamo quindi la disciplina normativa e giurisprudenziale che riguardano determinazione, deducibilità ed erogazione dei compensi agli amministratori.
Gli amministratori hanno diritto ad un congruo compenso
L’esercizio dei poteri attribuiti agli amministratori comporta, per questi ultimi, impegni continui e responsabilità alle quali, nella maggior parte dei casi, corrisponde un congruo compenso.
Vi è infatti sostanziale accordo, sia in dottrina che in giurisprudenza [1], sull’esistenza di una presunzione di onerosità della funzione dell’amministratore, ossia l’acquisizione di un diritto soggettivo a percepire un compenso, anche in difetto di previsioni statutarie o in assenza di una apposita delibera.
Gli amministratori che prestano la loro opera continuativa per la società generalmente percepiscono un compenso che può essere calcolato in misura:
- fissa;
- variabile in base agli utili, quantificandolo per esempio sugli utili netti da bilancio detratta la quota imputata alle riserve legali;
- mista ossia composta da un fisso più una componente variabile.
Regole per la deducibilità del compenso agli amministratori
La deducibilità dei compensi erogati agli amministratori è generalmente subordinata al rispetto di almeno due aspetti specifici:
- l’esistenza di una apposita delibera dell’assemblea dei soci che preveda una remunerazione proporzionata e adeguata;
- il rispetto del principio di cassa.
Deducibilità del compenso: la delibera assembleare
Secondo la Corte di Cassazione [2] è necessaria una delibera specifica dell’assemblea dei soci per stabilire i compensi da erogare agli amministratori in quanto non è possibile che tale delibera sia implicita in quella che approva il bilancio.
Conseguentemente l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’art. 2389 c.c., salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio e costituita in forma totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.
La mancanza della suddetta delibera, se da un punto di vista civilistico comporta la nullità dell’atto di autodeterminazione del compenso da parte degli amministratori, dal punto di vista fiscale potrebbe comportare la indeducibilità dei compensi erogati.
Con la riforma del diritto societario del 2003 il rinvio all’art. 2389 c.c. per le società a responsabilità limitata è stato eliminato ma, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno e comunque prudente anche per le srl prevedere una apposita assemblea dei soci che deliberi formalmente in merito al compenso da attribuire agli amministratori.
I compensi corrisposti agli amministratori, ai fini della deducibilità degli stessi, devono essere non solo regolarmente deliberati dall’assemblea dei soci, bensì anche adeguati o comunque proporzionati ai ricavi conseguiti dalla società.
Così ha affermato la Corte di Cassazione [3], asserendo che l’Amministrazione Finanziaria può valutare la congruità dei compensi erogati agli amministratori, secondo criteri di ragionevolezza in relazione alle dimensioni, alla struttura e alla redditività della società.
Appare chiaro che la migliore soluzione da adottare per evitare problemi o contestazioni sia quella di conv