Nel presente intervento esamineremo il caso del conferimento dell’impresa affittata e valuteremo se lo stesso rientri nel regime fiscale di cui all’art. 176 del tuir.
La recente risposta all’interpello n. 138 del 13 maggio, infatti, ha fornito risposta positiva, tuttavia un risalente intervento dell’Agenzia di fine anni 90 aveva dato risposta negativa.
Vedremo, tuttavia, come la posizione dell’Agenzia sia assolutamente coerente perché le due casistiche non sono perfettamente assimilabili.
Prima di affrontare la questione richiameremo velocemente il regime di neutralità fiscale previsto dall’art. 176 per il conferimento di azienda.
Il conferimento di azienda ex art. 176
Il regime dell’art. 9 risulta essere realizzativo.
In relazione, però, al conferimento d’azienda, vige una disciplina che impone la neutralità. Trattasi dell’art. 176 del tuir. Il conferimento d’azienda al pari della fusione, scissione e della trasformazione societaria è infatti un’operazione neutrale ai fini fiscali; ciò significa che il conferimento non dà luogo a plusvalenze imponibili nei confronti del conferente. L’art. 176 del T.U.I.R. disciplina:
- al comma 1 il regime naturale, sopra citato. Si precisa che il conferimento oggetto della norma è quello realizzato tra imprese commerciali;
- al comma 2-ter permette al conferitario di dare rilevanza fiscali ai plusvalori contabili relativi ad alcuni cespiti aziendali, applicando su di essi un’imposta sostitutiva [1].
La possibilità per il conferitario di affrancare a pagamento i disallineamenti, tuttavia, non muta la natura neutrale dell’operazione.
Focalizziamoci ancora sul comma 1 per tratteggiare i contorni dell’operazione. La norma prevede espressamente che “i conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese commerciali, non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze”.
Il primo comma restringe l’ambito ai conferimenti domestici anche se il successivo comma 2 prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il conferente o il conferitario è un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato [2].
Il regime di neutralità fiscale, che, come abbiamo già osservato, è imposto e non optabile, postula che sia il conferente che il conferitario operino nell’esercizio di imprese commerciali.
La norma, quindi, non sembra porre preclusioni al caso del conferimento dell’unica azienda effettuata dall’imprenditore individuale.
Il conferimento dell’imprenditore individuale
Come abbiamo segnalato, il conferimento ex art. 176 postula che sia il conferente che il conferitario operino nella sfera di impresa commerciale. La condizione, come già segnalato, pare soddisfatta anche nel caso in cui il conferente sia un imprenditore individuale.
In effetti, la questione trova puntuale conferma nel comma 2 bis dove è previsto che in caso di conferimento dell’unica azienda dell’imprenditore individuale, la successiva cessione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento è disciplinata dagli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68, assumendo come costo delle stesse l’ultimo valore fiscale dell’azienda conferita.
La previsione, pertanto, conferma in modo inequivocabile che il regime di neutralità fiscale si applica anche al caso dell’impresa individuale. Ma vi è di più. La norma offre anche una estromissione gratuita della partecipazione dal regime di impresa.
Si potrebbe infatti rilevare che l’impresa individuale, a seguito del conferimento si troverebbe iscritta in bilancio la partecipazione nella società conferitaria. Ebbene, la partita iva dell’impresa individuale dovrebbe essere chiusa in quanto