La Corte di Cassazione si esprime in merito all’occultamento delle scritture contabili affermando che, ai fini dell’individuazione dell’oggetto materiale della condotta di occultamento o distruzione, l’art. 10 del D.Lgs n. 74/2000 “rimanda, implicitamente, a quelle scritture contabili e a quei documenti che, alla stregua di altre norme (il cui novero è lasciato, peraltro, del tutto “aperto”) devono essere obbligatoriamente conservate”
Con la sentenza n. 48269 del 23 ottobre 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini dell’individuazione dell’oggetto materiale della condotta di occultamento o distruzione, l’art.10, del D.Lgs.n.74/2000:
“rimanda, implicitamente, a quelle scritture contabili e a quei documenti che, alla stregua di altre norme, il cui novero è lasciato, peraltro, del tutto “aperto”, devono essere obbligatoriamente conservate” (Sez. 3, n. 36624 del 18/07/2012).
Allo stesso tempo, ricordano gli Ermellini che:
“la ratio della norma incriminatrice, in continuità normativa con la precedente disposizione dell’art. 4 comma 1, lett. b) della legge n. 516/1982, è quella di garantire l’esatto adempimento delle obbligazioni tributarie, per cui i documenti e le scritture contabili in oggetto non possono che essere quelle (e solo quelle) aventi rilievo sotto il profilo fiscale”.
E pertanto, ai fini della individuazione di tali documenti, deve guardarsi al D.P.R. n. 600/1973, e, in particolare, all’art. 22, ove si specifica, al comma secondo, che «le scritture contabili obbligatorie ai sensi del presente decreto, di altre leggi tributarie, del codice civile o di leggi speciali devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie, salvo il disposto dell’articolo 2457 del detto codice...», dovendosi al riguardo evidenziare il predetto art. 2220 cod. civ. fissa in 10 anni il termine di conservazione delle scritture contabili, prevedendosi che per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture, le lettere e i telegrammi ricevuti e le copie di tali documenti spediti.
Quanto all’individuazione in concreto delle scritture contabili obbligatorie, il comma secondo della norma sopra citata rimanda, a propria volta, tra le altre disposizioni normative, al codice civile.
Ne deriva, dunque, che, in forza dell’art. 2214 cod. civ., da intendersi richiamato dal comma 2 dell’art. 22 del D.P.R. n. 600 del 1973, tra le scritture contabili obbligatorie devono ritenersi ricomprese, a norma del comma 1, «il libro giornale e il libro degli inventari», oltre che, a n