Riassunto della conferenza stampa a Montecitorio organizzata dalla Lega il 23 Gennaio 2019 per presentare la proposta di legge fortemente sostenuta dal Sottosegretario all’Economia On. Massimo Bitonci.
Aggiornamento 2021 – La Commissione Interministeriale sulla Riforma della Giustizia Tributaria ha finito di redigere la sua relazione per il Governo; essa servirà per la Legge-delega che il Parlamento dovrà votare entro il 31/12/2021: ecco cosa prevede La nuova Giustizia Tributaria >>
Riforma della giustizia tributaria
Il 23 gennaio 2019 è stata organizzata a Montecitorio una conferenza stampa per presentare una proposta di legge fortemente sostenuta dal sottosegretario all’Economia On. Massimo Bitonci, una riforma decisamente necessaria che arriva dopo vent’anni dall’ultimo intervento normativo “sostanzioso”.
Alla conferenza ha presenziato attivamente anche il sottosegretario alla Giustizia, Jacopo Morrone, il quale ha sottolineato come questa riforma della giustizia tributaria, “si inserisce nell’ambito più generale dell’attuazione del principio costituzionale del giusto processo“.
La Lega ha presentato questo progetto prevedendo una serie di novità che andranno a stravolgere l’attuale sistema organizzativo, in particolare per quel che concerne i giudici tributari.
Le novità previste: nuovi giudici tributari e il giudice tributario onorario
Si tratta della modifica dell’impostazione del D.Lgs. 545 del 31/12/1992.
La novità più rilevante sarà quella che riguarda l’assunzione dei nuovi giudici tributari: saranno selezionati mediante concorso pubblico a base regionale, per titoli ed esami orali.
Per poter partecipare al concorso i candidati dovranno essere in possesso di laurea magistrale in Giurisprudenza o in Economia.
Della commissione d’esame faranno parte:
- un magistrato,
- un professore ordinario di diritto tributario,
- un avvocato tributarista ed in commercialista.
I nuovi giudici dovranno obbligatoriamente frequentare corsi annuali di aggiornamento professionale.
Il disegno di legge prevede anche la figura del giudice tributario onorario, una figura importante che consente, da una parte, di non disperdere le professionalità attualmente esistenti e, dall’altra, sgravare i giudici ordinari da un notevole numero di pratiche, in particolare quelle di più modesto valore.
Si consideri che i ricorsi presentati dai contribuenti per importi inferiori ai 3.000 euro sono stati pari, nel 2017, al 44,3% del totale dei ricorsi.
Altra novità sarà la figura del giudice monocratico per le controversie di valore inferiore a 30.000 euro.
La giurisprudenza tributaria NON può essere un “secondo lavoro”
Attualmente i giudici tributari ricevono compensi decisamente irrisori, quasi simbolici, ai livelli di circa 25 € netti a sentenza, non vengono retribuiti per le sospensive e il rimborso spese di trasferta è di un euro a sentenza.
È ovvio che devono necessariamente essere impegnati in altre, primarie, attività e che il tempo dedicato ai fascicoli tributari viene sottratto più per passione che altro da altri più importanti impegni.
Non sono dedicati a tempo pieno a questa attività ma devono comunque decidere cause spesso complesse e di valore anche elevatissimo, valori dai quali può dipendere il futuro delle aziende e la vita stessa dei contribuenti.
Ecco allora che il disegno di legge interviene per istituire un nuovo ruolo, autonomo, per la Giustizia Tributaria, la nascita della Quinta Magistratura dopo quella ordinaria, amministrativa, contabile e militare.
Terzietà dei giudici
Altro importante aspetto affrontato dal disegno di legge è quello della terzietà del giudice e in particolare del suo essere “dipendente” del Ministero dell’Economia e Finanze.
Sia chiaro che non è assolutamente in discussione la serietà dei giudici, che di certo non si sono mai fatti influenzare dal Ministero: questo nessuno può averlo mai pensato.
Però il diritto (anche tributario) vive di formalità! E anche l’apparenza è importante per non dare al cittadino l’occasione di apparire un suddito della macchina statale.
Ecco perché è importante risolvere anche questa anomalia: non sarà più il MEF ad occuparsi dell’organizzazione della giustizia tributaria ma questa sarà demandata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che già oggi ne ha la supervisione, ai sensi dell’articolo 29.
Altre novità: Tribunali tributari mai più collocati presso l’Agenzia delle Entrate
Nulla cambia rispetto ad ora per ciò che riguarda i difensori abilitati a rappresentare i contribuenti, restano quelli già individuati nell’art. 12 del D.Lgs. 546/1992.
La denominazione di Commissioni tributarie (già questo nome fa pensare ad una cosa di poca importanza rispetto ad un “processo”) cambierà in Tribunali tributari mentre gli appelli si terranno nelle Corti d’Appello tributarie.
La loro giurisdizione sarà la stessa dei tribunali ordinari.
Nella stessa ottica dell’apparire, già più sopra citata, occorre risolvere anche il problema delle sedi dei Tribunali tributari che non potranno più essere negli stessi locali ove ha sede l’Agenzia delle Entrate (a titolo di esempio è la situazione di Ostuni- Brindisi).
Il Progetto prevede un’altra novità che sarà sicuramente apprezzata dai contribuenti e dai loro consulenti: saranno di competenza del giudice monocratico le mediazioni, quelle possibili soluzioni “transattive” che attualmente si tentano presso lo stesso ente impositore che ha emesso l’accertamento (!)… con la scusa che è un altro ufficio, magari la stanza di fianco, ad occuparsene rispetto al funzionario che ha sottoscritto l’accertamento.
La riforma va a ritoccare anche le regole dell’attività del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria e istituisce 5 specifiche sezioni all’interno della Corte di Cassazione, 35 giudici, che si occuperanno esclusivamente di tributario.
Si consideri che attualmente circa il 50% dei volumi in discussione in tutta la Corte di Cassazione è di natura tributaria.
Il progetto di legge presentato ha già subito qualche aggiustamento “politico” rispetto alla versione predisposta dall’Avv. Maurizio Villani e sostenuta in tutte le sedi da CommercialistaTelematico e forse altri ne saranno apportati: la proposta passerà ora all’esame delle Commissioni parlamentari competenti e in quell’occasione si aprirà un dibattito politico rivolto a licenziare il miglior testo possibile.
Ci sarà spazio per altri aggiustamenti ma l’importante è che restino le regole fondamentali:
- la terzietà del giudice,
- la sua preparazione specifica,
- un compenso congruo,
- la nascita della Quinta Magistratura a cui accedere previo concorso pubblico,
il tutto per arrivare ad un sistema più equo, trasparente ed efficiente, tale da poter migliorare il rapporto Stato-Cittadino.
Roberto Pasquini
23 gennaio 2019
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