Il Terzo Settore
Con lo sviluppo del “terzo settore” nel corso degli anni ‘90 sono state emanate delle leggi di grande importanza: il decreto legislativo sugli ENC e le ONLUS[1]; la legge sull’associazionismo di promozione sociale[2]; la circolare sul trattamento fiscale delle attività[3]; l’art.30 del d.l. 185/2008.
Tra tutti i riferimenti normativi citati, assume particolare rilevanza il Dlgs. 460/97 che assume la fisionomia di una vera e propria legge quadro in quanto fissa, nel suo articolato, una serie di principi che ad oggi rappresentano dei veri e propri punti di riferimento per la gestione degli ENC.
Dalla esegesi di alcuni articoli, vedremo quali sono questi principi.
Principio della necessità di una specifica forma giuridica
Questo principio si può evincere dallo art. 1 [4] del D.lgs 460/97 che recita: “L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata”.
Affinchè vengano riconosciuti determinati benefici fiscali, la forma non può dunque essere libera, ma bisogna predisporre l’atto almeno nella forma della scrittura privata registrata oppure nella forma dell’ atto pubblico; è appena il caso di rilevare che la forma della scrittura privata semplice, attribuirebbe comunque valore civilistico all’ atto, ma non sarebbero riconosciuti i benefici fiscali di cui diremo più avanti.
Principio della contabilità separata
Questo principio si può evincere dall’ art. 3[5] del D.lgs 460/97 che recita: "Per l'attività commerciale esercitata gli enti non commerciali hanno l'obbligo di tenere la contabilità separata”.
Ddunque non viene vietato l’esercizio di attività commerciale agli ENC, ma qualora questo esercizio venga posto in essere, sono necessari gli opportuni adempimenti strumentali e segnatamente la necessità che la contabilizzazione della attività gestionale commerciale sia tenuta distinta dalla contabilizzazione della attività gestionale istituzionale.
Gli ENC, limitatamente alle attività commerciali esercitate, sono conseguentemente considerate soggetti passivi dell’IRES e dell’IVA.
Tali obblighi sorgono dunque unicamente con riferimento alle attività commerciali eventualmente esercitate e svolte in via secondaria e non principale rispetto ai compiti istituzionali fissati nell’atto costitutivo dell’ente.
Per quanto riguarda le attività istituzionali, esiste in ogni caso un obbligo di tenuta delle scritture contabili funzionali alla elaborazione del rendiconto. In caso di svolgimento anche di attività commerciali è necessario determinare in modo analitico i componenti positivi e negativi di reddito di cui all‘art.109 del TUIR.
Non è chiaro cosa si possa intendere per contabilità separata ovvero se sia necessario l’impianto di una vera e propria contabilità separata ovvero scritture separate nel contesto di libri omnicomprensivi.
La finalità è comunque quella che il fisco possa svolgere un’opera di accertamento analitico sulla gestione commerciale dell’ente; si prospettano dunque le seguenti 3 ipotesi.
- IPOTESI 1. Vengono tenute due separate contabilità[6] per l’attività commerciale e quella istituzionale;
- IPOTESI 2. È tenuta un’unica contabilità per l’attività commerciale e quella istituzionale con appositi accorgimenti che evidenzino i fatti istituzionali[7]. In questo caso si potrebbero evidenziare, tenendole separate, le componenti istituzionali dalle componente commerciali in sede di elaborazione del rendiconto. Lo scrivente, nell’ambito della sua attività professionale, segue questo metodo;
- IPOTESI 3. È tenuta la contabilità solamente con riferimento all’attività commerciale, mentre quella istituzionale è rendicontata in prospetti non fiscali e “liberi” da formalismi. In questo caso si pone il problema di come registrare nella contabilità commerciale fatti “promiscui”. Al riguardo la Ris.9/406 del 5-3-79 Min. Fin. ha precisato che “per le voci di costo congiuntamente imputabili ai due tipi di attività deve necessariamente operarsi un criterio proporzionale di imputazione[8] .
Principio della detassazione degli introiti derivanti dalla attività istituzionale
Questo principio si può evincere dallo art. 5[9] del Dlgs 460/97 che recita: "Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti".
Le disposizioni di cui ai commi 3, 4-bis, 4-ter e 4-quater[10] della normativa in commento si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle seguenti clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata:
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- divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione[11];
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- obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe;
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- disciplina uniforme del rapporto associativo;
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- obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario;
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- eleggibilità libera degli organi amministrativi;
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- intrasmissibilità della quota o contributo associativo.
Principio della perdita della qualifica di ente non commerciale
Questo principio si può evincere dallo art. 6 [12] del D.lgs 460/97 che recita:
“Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta...Ai fini della qualificazione commerciale dell'ente si tiene conto anche dei seguenti parametri…prevalenza dei ricavi derivanti da attività commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attività istituzionali….“.
Questo principio, corollario dei precedenti, implica che seppur l’ente possa svolgere attività commerciale ponendo in essere gli opportuni obblighi strumentali, questa attività non può mai essere prevalente.
Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d'imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l'obbligo di assoggettare a tassazione tutti i proventi di qualsiasi forma[13]
Il modello EAS
Il modello, nella fase iniziale, doveva essere presentato sia dagli enti già costituiti alla data di entrata in vigore del d.l. n. 185 del 2008[14] sia da quelli costituitisi successivamente a tale data; non erano tenuti alla presentazione del modello le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali di cui all’articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266 che non svolgessero attività commerciali diverse da quelle marginali individuate con decreto del Ministro delle finanze 25 maggio 1995.
Erano parimenti esonerati dalla presentazione del modello le associazioni pro-loco che avessero optato per l’applicazione delle norme di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398 e gli enti associativi dilettantistici iscritti nel registro del Comitato olimpico nazionale italia