La Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo non solo nelle ipotesi in cui il contribuente non risponda al questionario, ma anche quando fornisca chiarimenti carenti, tanto da integrare un rifiuto di esibizione
Con la sentenza n. 21823 del 7 settembre 2018 la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’accertamento induttivo non solo nelle ipotesi in cui il contribuente non risponda al questionario, ma anche quando fornisca chiarimenti carenti, tanto da integrare un rifiuto di esibizione.
Il caso
Nel caso di specie, successivamente ad una verifica svoltasi nei locali della Società, l’Ufficio provvedeva a inviare alla stessa un questionario, con il quale si richiedeva documentazione relativa alla dimostrazione del ricarico di tre mensilità (gennaio – luglio – novembre) delle merci più rappresentative.
La Società inoltrava all’Ufficio una serie di documenti.
Veniva, quindi, emesso avviso di accertamento, con il quale veniva contestata l’omessa contabilizzazione di componenti positivi del reddito determinati ai sensi dell’art. 39, 2° comma, lettere d) e d) bis del D.p.r. 600/73.
L’Ufficio, infatti, rilevato che la documentazione prodotta era non solo carente, ma omissiva rispetto alla richiesta, e che, quindi, il quadro riassuntivo della documentazione prodotta non consentiva una corretta e puntuale analisi del ricarico, provvedeva ad un’indagine sui conti economici e a rettificare la dichiarazione sulla base delle risultanze di tali indagini.
La C.T.R., sul punto, ha motivato affermando che l’accertamento “risulta legittimo in quanto la documentazione richiesta pur se presentata non è stata giudicata del tutto pertinente e soddisfacente dall’Uffic