Richiesta al nuovo Governo: riforma della giustizia tributaria

Nella generale discussione sulla riforma fiscale, un ruolo preminente spetta alla necessaria ed urgente riforma della giustizia tributaria, per consentire al cittadino/contribuente di potersi difendere efficacemente davanti ad un giudice tributario terzo ed imparziale

Nella generale discussione sulla riforma fiscale, un ruolo preminente spetta alla necessaria ed urgente riforma della giustizia tributaria per consentire al cittadino–contribuente di potersi difendere efficacemente davanti ad un giudice tributario terzo ed imparziale (art. 111, secondo comma, della Costituzione), come peraltro più volte segnalato dalla Corte Costituzionale, anche con l’ultima ordinanza del 20 ottobre 2016.

Infatti, la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 227 del 20 ottobre 2016 ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia in merito all’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria.

In particolare, la CTP di Reggio Emilia aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2, 13, 15, 29-bis, 31, 32, 33, 34 e 35 Decreto legislativo n. 545/92 nonché degli articoli 6 Decreto legislativo n. 546/92 (astensione e ricusazione dei componenti delle Commissioni tributarie) e 51 c.p.c. (astensione del giudice).

In sostanza, la CTP di Reggio Emilia dubitava che l’ordinamento e l’organizzazione della giustizia tributaria fossero compatibili con la garanzia di indipendenza anche apparente del giudice, richiesta dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) in tema di equo processo, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la Legge n. 848 del 04 agosto 1955.

Inoltre, la CTP di Reggio Emilia riteneva che l’assetto ordinamentale ed organizzativo – gestionale della giustizia tributaria violasse gli articoli 101, 111 e 117, primo comma, della Costituzione.

Secondo il rimettente, l’inquadramento della giustizia tributaria nel Ministero dell’Economia e delle Finanze lede l’indipendenza apparente del giudice, così come richiesta nell’interpretazione fornita dalla Corte EDU.

L’apparente indipendenza dei giudici tributari, oltretutto, sarebbe lesa anche dalla disciplina del loro inadeguato trattamento retributivo.

Nel giudizio svolto dinanzi alla Corte Costituzionale si era costituita l’Associazione Magistrati Tributari, aderendo alle censure espresse dal giudice di Reggio Emilia e chiedendo di conseguenza che le questioni fossero accolte.

Oltretutto, il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva depositato una memoria illustrativa, ribadendo le eccezioni di inammissibilità e rilevando che le modifiche degli articoli 2 e 15 Decreto Legislativo n. 546/92, introdotte dal Decreto Legislativo n. 156/2015 a decorrere dal 1° gennaio 2016, imponessero di restituire gli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza delle questioni.

La Corte Costituzionale, con la succitata ordinanza n. 227/2016, ha preliminarmente dichiarato inammissibile l’intervento dell’Associazione Magistrati Tributari perché non titolare di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, che ne legittimi l’intervento ed inoltre perché l’interesse collettivo prospettato non è correlato con le specifiche e peculiari posizioni soggettive dedotte dalle parti nel giudizio.

Anche le questioni sollevate dalla CTP di Reggio Emilia sono state dichiarate inammissibili.

Infatti, secondo la Corte Costituzionale il giudice rimettente invocava plurimi interventi additivi, diretti da un lato a delineare un nuovo assetto dell’ordinamento e dell’organizzazione della giustizia tributaria e dall’altro lato ad aggiungere una nuova causa di astensione del giudice tributario.

Inoltre, le eccezioni sollevate erano indeterminate ed ambigue, richiedendo la modifica di un intero sistema di norme.

Secondo i giudici costituzionali, interventi di questo tipo – manipolativi di sistema – sono in linea di principio estranei alla giustizia costituzionale, poiché eccedono i poteri di intervento della Corte Costituzionale, implicando scelte affidate alla sola discrezionalità del legislatore.

Analoghe considerazioni valgono anche per la censurata mancanza di autonomia di gestione finanziaria e contabile delle Commissioni tributarie, “essendo anche in questo caso del tutto evidente l’incertezza dell’intervento additivo richiesto, a fronte delle molteplici forme e graduazioni che potrebbe assumere l’auspicata autonomia della giurisdizione tributaria”.

In definitiva, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni sollevate perché, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, l’eterogeneità delle norme censurate e la carenza di una reciproca ed intima connessione tra esse non consente di introdurre validamente un giudizio di legittimità costituzionale.

Questa ordinanza, però, auspica l’intervento urgente del legislatore per dare una vera autonomia alla giurisdizione tributaria e questo importante messaggio della Corte Costituzionale non deve cadere nel vuoto ma deve essere di stimolo al legislatore per un necessario intervento di modifica dell’intero sistema processuale tributario.

In definitiva, la giustizia tributaria non deve più dipendere dal MEF e deve avere giudici professionali, a tempo pieno, assunti per concorso pubblico e ben retribuiti per la delicata funzione che svolgono.

Questi principi sono stati più volte ribaditi sia dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 154/1984; sentenza n. 212/1986; ordinanza n. 144/1998) sia dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con le sentenze nn. 13902/2007 e 8053/2014.

In particolare, la Corte Costituzionale, con la citata ordinanza n. 144/1998, proprio su una mia eccezione sollevata alla CTP di Lecce il 24/02/1997, ha chiarito e stabilito il seguente principio:

“Per le preesistenti giurisdizioni speciali, una volta che siano state assoggettate a revisione, non si crea una sorta di immodificabilità nella configurazione e nel funzionamento, né si consumano le potestà di intervento del legislatore ordinario; che questi conserva il normale potere di sopprimere ovvero di trasformare, di riordinare i giudici speciali, conservati ai sensi della VI disposizione transitoria, o di ristrutturarli nuovamente anche nel funzionamento  e nella procedura, con il duplice limite di non snaturare (come elemento essenziale e caratterizzante la giurisprudenza speciale) le materie attribuite alla loro rispettiva competenza e di assicurare la conformità a Costituzione, fermo permanendo il principio che il divieto di giudici speciali non riguarda quelli preesistenti a Costituzione e mantenuti a seguito della loro revisione”.

In definitiva, sia la Corte Costituzionale sia la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, consentono che il legislatore possa sopprimere e ristrutturare le Commissioni Tributarie, così come previsto dai due disegni di legge da me predisposti e presentati al Senato il 10 aprile 2018 dal Sen. Vitali (nn. 243 e 244), creando la quarta magistratura, in aggiunta a quella ordinaria, amministrativa e contabile.

Avv. Maurizio Villani

8 giugno 2018