Compensi amministratore troppo alti a rischio accertamento fiscale

In caso di corresponsione di compensi troppo alti al socio amministratore (evidenziati dagli studi di settore), l’accertamento è legittimo nei confronti della società

 

Il compenso agli amministratoriE’ quanto contenuto nella sent. n. 17807/2017 Cass. da cui emerge che quando sussiste un divario tra quanto dichiarato e quanto risultante dagli studi di settore, derivante da spese per servizi non correlati direttamente alla produzione, l’accertamento risultante a carico della società è legittimo.

Gli studi di settore sono indici rilevatori di una possibile anomalia della condotta fiscale, derivante dallo scostamento delle dichiarazioni dei redditi del contribuente relative all’ammontare dei ricavi o dei compensi rispetto a quello che l’elaborazione statistica fissa come il livello “normale” in riferimento all’attività svolta dal dichiarante.

I parametri elaborati con gli studi di settore permettono, quindi, di valutare i ricavi o i compensi che possono imputarsi al contribuente attraverso analisi economiche e tecniche statistico-matematiche.

I medesimi parametri consentono di tracciare i rapporti che possono originarsi tra le variabili strutturali e contabili delle società costituite da lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all’organizzazione e ai servizi oggetto dell’attività. Gli studi di settore rappresentano mezzi di accertamento parziali rientranti nel dettato dell’art. 39, comma 1, lett. d, D.P.R. n. 600/1973, e il contraddittorio (L. n. 146/199) è l’elemento determinante per adeguare alla concreta realtà economica del singolo contribuente l’ipotesi dello studio di settore.

Gli studi di settore comunque entro la fine del 2017 saranno sostituiti dai nuovi indicatori di affidabilità (ISA) contenuti in un decreto all’esame del Parlamento, da emanare entro novanta giorni dalla legge di conversione del DL n. 50/2017.

Tali indici di affidabilità fiscale saranno elaborati in base a dati e informazioni relativi a più periodi di imposta che consentiranno al contribuente di accedere a rimborsi o compensazioni in maniera più semplice e rapida essendo previsti tempi più brevi per l’attività di controllo.

Saranno introdotte innovazioni migliorative come, ad esempio, specifiche esclusioni, atteso che gli indici non si applicheranno per i periodi di imposta nei quali le imprese o i professionisti hanno iniziato, cessato l’attività o non si trovano in condizioni di normale svolgimento della stessa.

Nel caso di specie la società ha impugnato l’avviso di accertamento con cui l’ufficio, in applicazione dello studio di settore di attività, ha attribuito maggiori ricavi rilevando un grave scostamento tra ricavi presunti e grosse somme per ricavi occultati. Il ricorso elaborato su una serie di motivi è stato respinto sia in primo che secondo grado, per cui la società ha proposto ricorso per cassazione.

La Corte, accogliendo la tesi di merito, ha ritenuto la tesi della società infondata in quanto la sentenza impugnata contiene una motivazione adeguata e non contraddittoria circa la rilevanza indiziaria attribuita ai compensi elargiti ai soci amministratori,

“fondata sulla presumibile congruenza dei ricavi ai costi – anche e a maggior ragione alle spese per servizi non direttamente correlate alla produzione”.

Allo stesso modo risulta motivata in modo sufficiente e coerente la riconducibilità dei compensi ai costi, diversamente da quanto sostenuto dal contribuente che ne chiede l’assimilazione agli utili distribuiti.

I giudici di legittimità hanno affermato l’illegittimità dell’avviso di accertamento adottato sulla base dei maggiori ricavi presunti in forza degli studi di settore, di cui agli artt. 62 bis e 62 sexies del d.l. n. 331/1993, atteso che l’accertamento tributario mediante studi di settore rappresenta un sistema unitario, conseguenza di un progressivo perfezionamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti, per cui, nel caso di specie, si giustifica l’applicazione retroattiva dello studio di settore più recente rispetto a quello precedente (cfr. Cass. n. 23554 del 18/11/2015)

Per quanto precede la Corte ha comunque accolto il quarto motivo del ricorso della società, atteso che l’applicazione del nuovo studio di settore, può determinare l’eliminazione di ogni divario tra il reddito dichiarato e quello presunto non potendosi procedere all’accertamento nei confronti del contribuente la cui dichiarazione risulti congrua rispetto agli studi di settore.

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che i parametri si basano sulla rilevazione statistica della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti in presenza di condizioni omogenee. I parametri traducono tale rilevazione in indici concreti di “normale redditività” con riferimento alle specifiche caratteristiche dell’impresa considerata (Cass. n. 5354/2015).

Anche la società inattiva è tenuta comunque alla comunicazione dei dati per l’applicazione degli studi di settore. I contribuenti che si trovano in una condizione di non normale svolgimento dell’attività devono comunque compilare il modello “studi di settore”, indicando nella apposita scheda (“note aggiuntive”) le motivazioni che hanno impedito il normale svolgimento (CTP Rieti sent. n. 56/2017).

L’onere della prova, in caso di accertamento basato sugli indici di capacità contributiva, per eventuali incongruenze contabili spetta all’amministrazione finanziaria; quest’ultima deve provare le varie incongruenze contabili emerse in sede di accertamento, tenendo conto anche della realtà socio-economica in cui opera l’impresa (CTP Rieti. n. 184/2016).

 

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20 ottobre 2017

Davide Di Giacomo