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In prossimità della scadenza del termine previsto per fruire dell’assegnazione agevolata dei beni ai soci (30 settembre 2017) gli operatori dovranno affrontare il problema della determinazione del valore. Sono possibili due soluzioni con vantaggi e controindicazioni.
In linea di principio se la società assegnante determinerà il valore degli immobili oggetto di assegnazione sulla base delle rendite catastali sarà al riparo da possibili accertamenti fiscali. In alcuni casi potrebbe essere più conveniente scegliere il valore normale determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR, ma un eventuale accertamento potrebbe avere conseguenze anche ai fini delle imposte sui redditi.
Si consideri ad esempio il caso in cui il valore catastale sia pari a 200.000 euro e l’immobile sia iscritto in bilancio per un valore pari a 220.000 euro. In tale ipotesi si realizza una minusvalenza con la conseguenza che non deve essere liquidata, né versata alcuna imposta sostitutiva. Se l’atto è soggetto all’applicazione dell’imposta di registro, ridotta alla metà, quindi pari al 4,5%, il tributo dovrà essere applicato al valore catastale.
Ai fini delle imposte sui redditi, se l’operazione viene effettuata con l’annullamento di riserve di utili, il dividendo sarà pari al valore catastale degli immobili oggetto di assegnazione. Tale valore dovrebbe essere diminuito dall’imposta sostitutiva che nel caso in esame risulta pari a zero. Il dividendo risulta imponibile nella misura del 49,72%. In questa ipotesi il contribuente è al riparo da possibili accertamenti fiscali.
La società assegnante potrebbe però abbandonare il valore catastale scegliendo di determinare il valore dell’immobile ai sensi dell’art. 9 del TUIR. Ad esempio se il socio assegnatario dovesse ritenere di poter vendere l’immobile ad un prezzo di 500.000 euro, la società assegnante potrebbe scegliere un valore di assegnazione più o meno corrispondente. In tale ipotesi se il socio persona fisica dovesse successivamente vendere il predetto immobile al prezzo così determinato la plusvalenza che realizzerà sarà pari a zero.
La mancata applicazione del valore catastale consentirà all’Agenzia delle entrate di rettificare liberamente, senza alcun vincolo, il valore dell’immobile oggetto di assegnazione. Tale circostanza darà luogo ad un aggravio di imposizione anche ai fini delle imposte sui redditi in capo ai soci. L’imposta sostitutiva sarà stata liquidata dalla società sulla differenza tra il valore di assegnazione, pari a 500.000 euro e il costo dell’immobile, pari a 220.000 euro. La plusvalenza di 280.000 euro avrà scontato l’imposta sostitutiva dell’8% per un ammontare complessivo dovuto pari a 22.400 euro.
Secondo i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate il socio di società di capitali assegnatario assoggetta a tassazione come dividendo il valore normale/catastale del bene assegnato, al netto degli importi assoggettati a imposta sostitutiva dalla società (differenza tra valore normale/catastale e valore fiscale del bene + riserve in sospensione d’imposta annullate). Si consideri il caso in cui l’Agenzia delle entrate, non essendo vincolata al valore catastale, rettifichi il valore di assegnazione dichiarato elevandolo da 500.000 a 700.000 euro. In questo caso gli effetti saranno deflagranti.
Se l’atto sarà stato assoggettato all’imposta di registro in misura proporzionale l’Ufficio chiederà al contribuente l’imposta di registro pari al 4,5 per cento sul maggior valore, quindi su 200.000 euro. Analogamente l’Ufficio chiederà di versare la maggiore imposta sostitutiva, pari all’8 per cento del maggior valore oltre alle sanzioni. Gli effetti si verificheranno anche in capo ai soci. Il dividendo sarà pari al valore normale dell’immobile, così come rideterminato, quindi 700.000 euro, al netto della maggiore imposta sostitutiva pari a 38.400. Il dividendo sarà pari alla differenza, cioè a 661.600. L’importo tassabile sarà pari, come normalmente avviene per i dividendi, al 49,72%.
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