analisi del caso di compensazione del credito del socio in sede di aumento di capitale sociale: la prassi è abbastanza comune, ma presenta ancora alcuni dubbi in fase di effettuazione dell’operazione
La rinuncia al credito da parte del socio per aumentare il capitale sociale rappresenta un’operazione di incremento della garanzia patrimoniale e non anche un intervento contrario all’interesse della società, ovvero dei terzi.
L’operazione di compensazione del credito del socio in sede di aumento di capitale sociale
In ciò è concorde la giurisprudenza: già nel ’96 la Cassazione (cfr. sentenza n. 936/1996) aveva, infatti, precisato che è palese l’interesse, tanto dei terzi quanto dei soci, a perfezionare l’aumento del capitale di rischio mediante l’utilizzo da parte del socio del proprio credito verso la partecipata, giacché nel caso di sottoscrizione di aumento del capitale sociale, l’oggetto del conferimento non deve essere necessariamente un bene suscettibile di espropriazione forzata, ma è sufficiente che il medesimo abbia una consistenza economica.
Al pari, sempre la Cassazione, con la sentenza n. 4236 del 1998, aveva ribadito che l’operazione in commento non può configurare alcun pregiudizio per i creditori sociali i quali, semmai, vedono rafforzata la loro posizione in virtù dell’aumento della generica garanzia patrimoniale che ne scaturisce. Peraltro, nessun vantaggio deriverebbe ai creditori sociali dall’obbligo della società di dover pagare il debito nei confronti del socio creditore.
Più recentemente (cfr. sentenza n. 6711/2009) gli Ermellini hanno rilevato come il conferimento in denaro debba qualificarsi quale debito pecuniario da estinguere anche mediante compensazione con un corrispondente credito pecuniario, vantato dal socio conferente nei confronti della società conferitaria.
Ulteriormente, il Consiglio Notarile di Milano, con la massima n. 125/2013, ha chiarito che la peculiarità dell’aumento di capitale tramite rinuncia al credito da parte del socio consiste proprio nella sussistenza, in data antecedente alla rinuncia, di un debito certo e liquido della società verso il socio a fronte di un credito vantato dalla medesima per la liberazione dell’aumento di capitale, che forma oggetto di compensazione.
Ora, se la passività sociale risulta liquida ed esigibile, la compensazione viene effettuata a norma dell’articolo 1243 Codice Civile, vale a dire:
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in via automatica;
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a prescindere da qualsiasi previsione contenuta nella delibera di aumento del capitale sociale e dal consenso da parte dell’organo amministrativo che riceve la sottoscrizione.
Per contro, qualora il debito non risulti esigibile, la compensazione dovrà obbligatoriamente essere perfezionata previo consenso della società, a norma dell’articolo 1252 Codice Civile.
Detto avallo può risultare da apposito verbale assembleare di aumento del capitale sociale, in cui l’organo amministrativo acconsente a tale operazione.
Sul tema è intervenuto anche il Comitato Triveneto dei Notai, con la massima n. H.G. 38 del settembre 2016, ribadendo che l’aumento di capitale sociale tramite compensazione con il credito vantato dal socio non necessita di alcuna specifica autorizzazione in delibera, qualora si tratti di componenti patrimoniali liquide ed esigibili (articolo 1241 Codice Civile).
Questo argomento è trattato più approfonditamente in Finanziamenti soci ed aumento di capitale sociale mediante compensazione del credito del socio >
10 luglio 2017
Alessandro Tatone e Gianfranco Costa