La sanzione unica e la sua applicazione in sede di accertamento

il regime sanzionatorio vigente in Italia è estremente complesso e l’integrale applicazione di tutte le sanzioni potrebbe avere effetti espropriativi distorsivi sul patrimonio del contribuente accertato, il sistema della sanzione unica dovrebbe corregge tali effetti

Per assicurare il puntuale adempimento degli obblighi fiscali sostanziali e strumentali, sono state introdotte numerose ipotesi sanzionatorie amministrative, che in determinate ipotesi possono combinarsi anche con specifiche sanzioni penali, oltre a sovrapporsi quando vengono violate disposizioni relative a più imposte, per più periodi di imposta, da più soggetti, e così via.

Di fatto, il regime sanzionatorio amministrativo può giungere a livelli di complicazione che scoraggiano chi voglia individuare un “equo” collegamento tra il comportamento e la sanzione applicata in concreto.

Nel variegato “catalogo” delle sanzioni tributarie, quelle che si ricollegano alle violazioni dichiarative da accertamento (contestabili solamente in seguito ad attività di controllo formale) possono pesare parecchio, venendo calcolate in misura percentuale sulle maggiori imposte accertate.

A ogni modo, l’effetto “espropriativo” che consegue al cumularsi di queste sanzioni viene scongiurato o ridotto attraverso un meccanismo che porta alla determinazione di una “sanzione unica” in caso di violazioni riguardanti più annualità e più imposte.

Nel presente contributo si prenderanno in considerazione funzionamento e criticità della materia, anche in combinazione con le ipotesi di riduzione previste in seno a istituti agevolati (accertamento con adesione), ovvero in caso di rinuncia all’impugnazione dell’atto impositivo (acquiescenza).

Violazioni commesse da più soggetti

Il diritto sanzionatorio amministrativo in campo tributario prevede l’ipotesi del concorso, che può essere:

  • formale;

  • (ovvero) materiale.

Il concorso formale è:

  • omogeneo, se con una sola azione od omissione si commettono diverse violazioni della medesima disposizione;

  • eterogeneo, se con una sola azione od omissione vengono violate disposizioni diverse anche relative a tributi diversi.

Il concorso materiale sussiste, invece, quando con più azioni od omissioni si commettono diverse violazioni formali della stessa disposizione.

In presenza di concorso (art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997), si applica la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da 1/4 al doppio.

Mentre il regime del concorso formale è suscettibile di abbracciare tutte le tipologie di violazioni che si esauriscono in un’unica azione o omissione, quello del concorso materiale comprende le sole violazioni che si possono definire formali, ossia e come già detto, inidonee a incidere sulla determinazione dell’imponibile o liquidazione anche periodica del tributo.

La sanzione unica

Le violazioni sostanziali possono dare luogo a una sanzione unica qualora si possa configurare, rispetto ad esse, il vincolo della progressione (se così non è, si applicano sanzioni distinte per ciascuna violazione).

Ai fini dell’applicazione della sanzione unica, la sanzione connessa alla violazione più grave deve essere aumentata da 1/4 al doppio.

Per “violazione più grave”, si intende quella che in concreto comporta l’applicazione della sanzione più grave.

Se però le violazioni formali rilevanti ai fini del concorso materiale si riferiscono a più periodi di imposta o rilevano ai fini di più tributi erariali (ovvero di più tributi di altro ente impositore), la sanzione base cui riferire l’aumento è quella connessa alla violazione più grave, aumentata, rispettivamente, dalla metà al triplo (art. 12, c. 5) e di un quinto (art. 12, c. 3).

Tale previsione è separatamente applicata rispetto ai tributi erariali e a quelli riferibili ad altri enti, sicché in tali ipotesi non è possibile l’applicazione di un’unica sanzione, ma devono essere determinate distinte sanzioni dall’ufficio e dall’ente locale competenti.

La sanzione base, alla quale dovrà essere applicato l’aumento previsto in caso di concorso di violazioni, è determinata secondo i seguenti criteri:

  • se le violazioni si riferiscono ad un solo periodo di imposta e riguardano un solo tributo, la sanzione base si identifica con quella più grave;

  • se le violazioni interessano più tributi e un solo periodo di imposta, la sanzione base è quella più grave aumentata di 1/5;

  • se le violazioni riguardano un solo tributo ma rilevano per più periodi d’imposta, la sanzione base è quella più grave aumentata dalla metà al triplo;

  • se, infine, le violazioni coinvolgono più tributi e più periodi d’imposta, la sanzione base si ottiene aumentando prima di 1/5 la sanzione più grave e aumentando poi il risultato dalla metà al triplo.

Ricavata la sanzione base, si dovrà procedere ad elevare la stessa da un minimo di 1/4 ad un massimo del doppio, tenendo tuttavia presente che la sanzione non può essere irrogata in misura superiore a quella risultante dal cumulo materiale delle pene previste per le singole violazioni, stante l’espresso divieto formulato in tal senso dal comma 7 dello stesso art. 12.

La possibilità di variare l’entità della sanzione fa sì che gli uffici possano tener contro, nell’irrogazione della stessa, della gravità della violazione, dei precedenti e di altre circostanze.

Sanzione unica ed effetti interruttivi

Il concorso e la continuazione sono interrotti dalla constatazione delle violazioni (art. 12, c. 6). In particolare, l’effetto interruttivo si realizza con la notificazione o consegna del processo verbale di constatazione, ovvero di atti di contestazione a avvisi di irrogazione di sanzioni contestuali all’avviso di accertamento e di cartelle di pagamento.

Secondo quanto chiarito nella circolare, l’interruzione è intesa a impedire l’unificazione delle sanzioni una volta che l’autore abbia potuto rendersi conto, a seguito dell’intervento dell’amministrazione finanziaria, di essere incorso nella violazione.

Ciò che si verifica è, in generale, che da un’unica “constatazione delle violazioni” (tipicamente, da un’attività di verifica formalizzata in un pvc), riguardante più imposte e più periodi di imposta, si genera un avviso di accertamento per ogni periodo di imposta: le sanzioni connesse alle violazioni (che scaturiscono dal verbale) possono così essere tranquillamente “unificate” nei modi previsti dall’art. 12 in commento.

Come anche per il concorso, la sanzione irrogata o irrogabile non può essere superiore a quella risultante dal cumulo materiale delle sanzioni previste per le singole violazioni (art. 12, c. 7).

Cosa accade con l’accertamento con adesione?

Relativamente all’istituto dell’accertamento con adesione, il primo periodo del comma 8 stabilisce che le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica nel caso di progressione si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo di imposta.

Viene quindi sostanzialmente salvaguardata la regola secondo la quale, a seguito della definizione, le sanzioni per le violazioni concernenti i tributi oggetto dell’adesione commesse nel periodo d’imposta si applicano nella misura di 1/3 del minimo previsto dalla legge.

Per ciascun tributo oggetto dell’adesione dev’essere determinata un’unica sanzione per tutte le violazioni ad esso riferite nell’ambito del periodo di imposta interessato dalla definizione. La continuazione assorbirà quindi solamente le sanzioni relative alle violazioni prodromiche in rapporto di progressione con quella più grave.

La riduzione a 1/3 sarà rapportata all’ammontare delle sanzioni determinato, con riferimento a ciascun tributo, nella misura minima prevista in applicazione dei criteri indicati nell’art. 12, cc. 1 e 7 (misura minima prevista per la violazione più grave aumentata di un quarto, non superiore comunque al cumulo materiale delle sanzioni minime previste per le singole violazioni).

Ipotesi di infedeltà dichiarativa

La riforma del 2015 (D.Lgs. n. 158 del 24.9.2015) ha abbassato la sanzione base per la dichiarazione infedele (sulla quale applicare le riduzioni o maggiorazioni normativamente previste, nonché – ricorrendone le condizioni – il cumulo giuridico).

La rimodulazione delle sanzioni, che prevede una serie di ipotesi differenziate, è prevista in particolare dall’art. 15, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 158/2015, modificativo dell’art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997.

Rispetto alle precedenti percentuali rapportate alla maggiore imposta accertata, dal 100% (minimo edittale) al 200%, i nuovi valori sono rispettivamente del 90% e del 180%.

Le medesime percentuali si applicano anche alle violazioni riguardanti il valore della produzione netta ai fini IRAP.

La sanzione da dichiarazione infedele viene aumentata della metà (minimo edittale = 135%) quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente.

Al di fuori delle ipotesi appena menzionate, la sanzione da dichiarazione infedele è ridotta di 1/3 (minimo edittale = 60%) quando la maggiore imposta o il minor credito sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati, e comunque a 30.000 euro.

Permane invece l’incremento di 1/3 (minimo edittale = 120%) per l’omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero, con riferimento alle imposte o alle maggiori imposte relative a tali redditi.

Quanto all’omessa dichiarazione, la riforma ha confermato la sanzione base prevista per l’omessa dichiarazione, dal 120% al 240% delle imposte dovute, con un minimo di 250 euro. Se non sono dovute imposte, la sanzione continua ad essere fissa, da 250 a 1.000 euro.

Se però la dichiarazione viene presentata entro il termine per l’invio di quella per l’anno successivo e comunque anteriormente all’inizio di un controllo fiscale, la sanzione viene dimezzata, riducendosi al 60% e al 120% delle imposte, con un minimo di 200 euro. Se non sono dovute imposte la sanzione è anche in tale ipotesi fissa, da 150, a 500 euro.

Le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

La sanzione non si triplica

Qualche dubbio potrebbe sorgere, in relazione alla sanzione concretamente applicabile in ipotesi di infedeltà dichiarativa, considerando che una dichiarazione infedele può comprendere ipotesi di violazione “ordinaria” (sanzione del 90%), “minore” (sanzione del 90%) e “fraudolenta” (sanzione del 135%).

Secondo le lettura che viene promossa dagli uffici (che appare coerente con il sistema e non complica troppo la situazione), ai fini del calcolo della continuazione e del concorso di violazioni (cioè riguardo alla determinazione della sanzione unica ex art. 12) la sanzione “da infedeltà” è una sola, e non viene a scindersi in tre sanzioni distinte.

Così, se immaginiamo un recupero di base imponibile pari a 1 milione di euro, dei quali 500.000 euro relativi a ricavi omessi, 300.000 a costi non di competenza e 200.000 a fatture per operazioni inesistenti (ipotesi soggette a differenti aliquote sanzionatorie), considerando l’aliquota IRES del 27,50% ne ricaviamo una sanzione globale di 228.250 euro, risultante dall’applicazione delle tre diverse aliquote.

In realtà, con riguardo agli accertamenti relativi alle annualità attualmente in lavorazione, la quota di sanzione riferita alle fatture per operazioni inesistenti non verrà determinata applicando la percentuale del 135%, bensì quella del 100%, giacché, trattandosi di fattispecie antecedenti il 2016, verrà applicato il favor rei (art. 3, c. 3, D.Lgs. n. 472/1997).

Su questa sanzione da infedeltà “globale” verrà applicato, in presenza delle condizioni normativamente richieste, il cumulo giuridico di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997.

La recidiva

L’art. 7, c. 3, del D.Lgs. n. 472/1997, nel testo innovato a opera dell’art. 16 del D.Lgs. n. 158/2015, salvo quanto previsto al successivo comma 4 (possibilità di ridurre la sanzione quando è sproporzionata rispetto al tributo), la sanzione è aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita secondo le disposizioni applicabili.

Sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell’azione, presentano profili di sostanziale identità.

Si tratta del principio della recidiva, precedentemente facoltativo, che diviene invece obbligatorio per gli uffici a partire dal periodo di imposta 2016.

Allo stato, gli uffici fiscali si stanno ancora dedicando agli accertamenti riguardanti il periodo di imposta 2012 (i termini per l’attività di controllo sostanziale sono aperti, in caso di dichiarazione infedele, fino al 31.12.2017). Per tale ragione, l’applicazione della recidiva è ancora molto eventuale e in ogni caso sconsigliabile, in quanto complica ulteriormente il calcolo della sanzione applicabile.

In ogni caso, secondo la prassi interpretativa ufficiale, gli istituti del D.Lgs. n. 472/1997 devono essere applicati nel seguente ordine.

1) Occorre dapprima verificare l’eventuale recidiva1.

2) Trattandosi di sanzioni per più tributi, si applicano quindi le percentuali del cumulo giuridico ex art. 12 (aumento di un quinto e successivo ulteriore aumento di un quarto). Se si tratta anche di più periodi di imposta, anche l’ulteriore aumento del 50%.

Il calcolo è insomma: X * 1,2*1,25*1,5

Infine può essere applicata la riduzione a 1/3 prevista dal D.Lgs. n. 218/1997.

Un’ulteriore elemento da tener presente è poi il seguente: quando per i vari periodi di imposta coinvolti (es. 2009 2010 2011 2012) esistono più avvisi di accertamento, in ogni avviso di accertamento vengono irrogate delle sanzioni e viene calcolata la sanzione unica “da cumulo giuridico”. Per tale ragione, nel calcolare la sanzione che può essere richiesta nei vari periodi di imposta che seguono il primo, occorre scomputare quanto già irrogato negli atti impositivi precedenti.

Il limite minimo

Ma non è finita: stabilisce infatti l’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997, che la violazione può essere definita con il pagamento di un importo pari a 1/3 della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. La definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie.

Nell’esempio, semplificando, la somma dei minimi edittali relativi alle violazioni più gravi di ciascun tributo coincide con il cumulo materiale. In realtà, però, non è quasi mai così. Le ragioni sono due:

1) nel caso dell’IVA, vengono in genere irrogate due sanzioni contestuali (infedele dichiarazione + infedele fatturazione oppure infedele dichiarazione + indebita detrazione), le quali concorrono ambedue al calcolo del cumulo materiale, ma, ai fini del computo dei minimi edittali, ne va considerata una sola (la più alta o una a caso se sono uguali);

2) la sanzione di riferimento può essere irrogata in misura superiore al minimo edittale.

Ad esempio, viene irrogata la sanzione per dichiarazione IRES infedele nella misura del 120% anziché del 90%. In questa situazione, ai fini del calcolo del cumulo materiale, occorre considerare la sanzione nella misura del 120%, mentre, ai fini dei minimi edittali, si considera sempre quella al 90%.

La sanzione a zero

La sanzione effettivamente dovuta può anche ridursi a zero per effetto del cumulo giuridico, una volta scomputate le sanzioni già irrogate per i precedenti periodi di imposta, però in caso di riduzione a 1/3 per acquiescenza la sanzione rimarrebbe comunque dovuta. Quali i vantaggi di questo comportamento apparentemente illogico? Insomma: perché non rifiutare la definizione “agevolata”, che nell’ipotesi considerata avrebbe un costo superiore rispetto a quello della sanzione ordinaria?

Sembra opportuno evidenziare che, nei casi come quello ipotizzato, pur risultando la sanzione relativa al 1997 pari a zero (per effetto della imputazione nei tre anni delle quote parti dell’unica sanzione), può essere ugualmente conveniente avvalersi della definizione, considerato che la stessa:

  • fa venir meno uno dei presupposti richiesti per l’applicazione della recidiva (art. 7, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997);

  • impedisce, di norma, l’irrogazione di sanzioni accessorie (art. 16. comma 3, D.Lgs. n. 472);

  • consente di usufruire dei benefici previsti dall’art. 2, c. 3, del D.Lgs. n. 218/1997, richiamato dall’art. 15 dello stesso decreto;

  • limita la possibilità di un’ulteriore attività accertatrice degli uffici, subordinandola all’esistenza di determinati presupposti (art. 2, c. 4, del D.Lgs. n. 218);

  • rende inapplicabili sanzioni ed interessi sulle maggiori somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali (art. 2, c. 5, de D.Lgs. n. 218);

  • consente il pagamento rateizzato del debito tributario, sia pure subordinato alla prestazione di idonea garanzia (art. 5, c. 2, D.Lgs. n. 218).

Considerazioni riassuntive

Sperando quindi di non omettere nulla, questo è il modus operandi dell’amministrazione, in attuazione delle norme:

  • occorre prima applicare la recidiva in caso di violazioni della stessa indole ripetute in più periodi di imposta (dal periodo di imposta 2016 la recidiva è obbligatoria);

  • si procede quindi a determinare la sanzione unica, considerando che la sanzione per infedele dichiarazione è unitaria e non scissa nelle tre ipotesi soggette a differenti aliquote (la sanzione unica da cumulo giuridico è applicabile se inferiore rispetto al cumulo materiale);

  • nel caso di violazioni commesse in epoca anteriore al 1° gennaio 2016, si verifica la possibile applicazione del favor rei;

  • in caso di atti relativi a più periodi di imposta, quelli successivi determinano la sanzione applicabile scomputando quanto già precedentemente irrogato;

  • in caso di definizione agevolata con riduzione a 1/3 delle sanzioni, occorre considerare che la sanzione non può essere comunque inferiore a un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo (attenzione: i minimi edittali non corrispondono sempre alle sanzioni concretamente irrogabili seguendo il criterio del cumulo materiale).

Inoltre, occorre considerare che, in presenza di circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo cui la violazione si riferisce e la sanzione, questa può essere ridotta fino alla metà del minimo (art. 7, c. 4).

17 maggio 2017

Fabio Carrirolo

1 Con le precisazioni fatte sopra.