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L’Agenzia delle entrate ha confermato che lo spostamento al 30 giugno del termine entro cui versare il saldo delle imposte risultanti dalla dichiarazione dei redditi è finalizzato esclusivamente ad evitare la sovrapposizione con i tributi locali (IMU e TASI). In questo caso la scadenza rimane ferma al 16 del mese di giugno.
La risposta è stata fornita nel corso del Telefisco 2017 dall’Amministrazione finanziaria che ha risposto a diversi quesiti. Prima della risposta non era chiaro se lo spostamento in avanti del termine entro cui versare il saldo delle imposte, o la prima rata in caso di rateazione, determinasse lo spostamento in avanti anche delle rate successive. In tale ipotesi tutte le scadenze, quindi anche per i contribuenti in possesso del numero di partita Iva, sarebbero state differite in avanti alla fine di ciascun mese.
L’Agenzia delle entrate si è espressa in senso contrario ritenendo invariato, e quindi ancora applicabile, il disposto dell’art. 20, comma 4, del D.Lgs n. 241/1997. La disposizione prevede che i versamenti rateali sono effettuati entro il giorno sedici di ciascun mese per i soggetti titolari di partita Iva, ed entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti.
Risulta dunque evidente, in base alla lettera della legge, come il legislatore non abbia voluto disporre un rinvio generalizzato. Il medesimo piano di rateazione deve essere osservato per il versamento dell’acconto eventualmente dovuto. La prima rata deve essere versata entro il 30 giugno e le rate successive entro il giorno 16 di ciascun mese.
Dopo l’approvazione erano sorti alcuni dubbi circa il termine di versamento dell’acconto della cedolare secca relativa ai contratti di locazione di tipo abitativo. I primi commentatori ritenevano che, diversamente dal saldo, l’acconto della cedolare secca dovesse ancora essere versato entro il 16 giugno di ciascun anno. In questo caso, qualora l’interpretazione fosse stata confermata, i contribuenti sarebbero stati tenuti a rispettare due diverse scadenze, cioè il 16 giugno per l’acconto e il 30 giugno per il versamento del saldo. L’interpretazione si pone in evidente contrasto con le esigenze di semplificazione più volte invocate dai contribuenti. Secondo questa lettura della norma avrebbe dovuto continuare ad applicarsi l’art. 7, c. 2, del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 7 aprile del 2011, che letteralmente fa riferimento alla data del 16 giugno.
L’Agenzia delle entrate, rispondendo ad un quesito nel corso del Telefisco 2017, ha dissipato ogni dubbio sostenendo la soluzione opposta. Pertanto anche la scadenza per il versamento dell’acconto della cedolare secca è fissata, come per il versamento del saldo, per il giorno del 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.
L’Amministrazione finanziaria ha rilevato come l’art. 3, comma 4, del D.Lgs 14 marzo 2011, n. 23 disponga che la cedolare secca è versata entro il termine stabilito per il pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. A seguito del rinvio alla nuova scadenza del 30 giugno risulta superato il termine del 16 giugno individuato dall’art. 7, c. 2, del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011 per il versamento del primo acconto relativo alla cedolare secca.
Si tratta, in buona sostanza, dell’abrogazione implicita della disposizione che prevedeva il vecchio termine di versamento oramai definitivamente superato dalla nuova scadenza. D’altra parte la conservazione del doppio termine non avrebbe trovato alcuna giustificazione sotto il profilo sistematico. L’Agenzia delle entrate ha così superato l’interpretazione rigorosamente letterale anche perché in evidente contrasto con la ratio di semplificazione del sistema tributario.
2 marzo 2017
Nicola Forte