Voluntary Disclosure bis e problematiche antiriciclaggio

le novità inserite nella procedura di voluntary bis, soprattutto la possibilità di sanare eventuali somme detenute all’interno di cassette di sicurezza, può porre grossi problemi antiriciclaggio ai professionisti che seguono la pratica

Voluntary DisclosureI professionisti incaricati di seguire la voluntary disclosuredomestica” (nazionale) rischiano di subire l’irrogazione delle sanzioni previste dalla normativa antiriciclaggio (D.Lgs n. 231/2007). I rischi aumentano in misura esponenziale se l’oggetto della regolarizzazione è costituito dal denaro contante e dai libretti al portatore eventualmente contenuti in una cassetta di sicurezza.

In questo caso la procedura da seguire è descritta con puntualità dall’art. 7, comma 3, del D.L. n. 193/2016. I maggiori rischi connessi alla regolarizzazione del contante sono dovuti alla mancanza pressoché assoluta della tracciabilità.

La lettera b) della disposizione citata prevede che i contribuenti interessati “provvedono, entro la data di presentazione della relazione e dei documenti allegati, all’apertura e all’inventario in presenza di un notaio, che ne accerti il contenuto all’interno di un apposito verbale, di eventuali cassette di sicurezza nelle quali i valori oggetto di collaborazione volontaria sono custoditi”. Si tratta di una novità assoluta rispetto alla precedente disciplina della prima voluntary in quanto, in questo caso, la necessità dell’intervento del notaio non era stata prevista dalla legge, ma in via interpretativa dall’Agenzia delle entrate.

Il rinvenimento all’interno della cassetta di sicurezza del denaro contante è di per sé irrilevante ai fini delle disposizioni in materia di antiriciclaggio. L’art. 49 del D.lgs n. 231/2007 vieta il trasferimento di denaro contante, oggi oltre la soglia di 2.999,99 euro, tra soggetti diversi a qualsiasi titolo. La custodia del denaro contante, anche oltre il predetto limite, è assolutamente legittima non integrando alcuna violazione. Pertanto né il notaio, né il professionista che assiste il contribuente ai fini della procedura di collaborazione volontaria, sono obbligati a comunicare al Ministero delle finanze l’infrazione della normativa ai sensi dell’art. 51 del citato decreto legislativo n. 231/2007.

Il problema potrebbe eventualmente trovare origine dal predetto articolo 49, comma 12 il quale prevede che “Il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non può essere pari o superiore a euro mille.” Tale limite è rimasto fermo nonostante la soglia per l’utilizzo del denaro contante sia stata elevata a 2.999,99 euro. Pertanto la mera detenzione di un libretto al portatore, che potrebbe essere rinvenuto all’interno della cassetta di sicurezza, oltre la soglia di 999,99 euro, configura un’infrazione della disciplina dell’antiriciclaggio. Il possessore (portatore) avrebbe dovuto ridurre il saldo o trasformare il libretto dal portatore a nominativo.

Questa disposizione deve essere letta congiuntamente alla previsione di cui al successivo articolo 51, comma 1. La norma così dispone: “I destinatari del presente decreto che, in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività, hanno notizia di infrazioni alle disposizioni di cui all’articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14, e all’articolo 50 ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell’economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 e per la immediata comunicazione della infrazione anche alla Guardia di finanza la quale, ove ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di accertamento, ne dà’ tempestiva comunicazione all’Agenzia delle entrate”.

Si pone così il problema di comprendere se un dottore commercialista, che dalla lettura del verbale redatto dal notaio all’atto dell’apertura della cassetta di sicurezza, riscontri la presenza di un libretto al portatore oltre la predetta soglia, sia o meno obbligato ad effettuare al Ministero la comunicazione dell’infrazione. La risposta sembra debba essere positiva.

La disposizione fa riferimento alle violazioni eventualmente riscontrate nel corso dell’assolvimento dei compiti di servizio dei professionisti. Non sarà possibile non fare menzione dei libretti rinvenuti all’atto dell’apertura della cassetta di sicurezza nella relazione di accompagnamento da inviare all’Agenzia delle entrate entro il 30 settembre prossimo. Pertanto la comunicazione dell’infrazione sembra essere un atto dovuto e previsto dalla legge. Diversamente il professionista che dovesse omettere l’adempimento rischierà di subire l’irrogazione di una sanzione diretta prevista dalle disposizioni in tema di antiriciclaggio.

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14 febbraio 2017

Nicola Forte