Mancata risposta al questionario: cosa si rischia?

in caso di mancata risposta al questionario del Fisco, nel successivo eventuale contenzioso l’inutilizzabilità della documentazione è condizionata all’avvertimento delle conseguenze che ne derivano

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Con l’ordinanza n. 233 del 9 gennaio 2017, la Corte di Cassazione ha confermato che la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione Finanziario, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza.

Questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’Amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte del l’Amministrazione purché accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco- cfr. Cass. n. 11765/2014; Cass. n. 22126/2013”.

Brevi note

La sentenza che si annota, conferma l’indirizzo assunto dalla Corte nel corso di questi ultimi anni: l’inutilizzabilità opera solo in presenza di un invito specifico e documentato.

Resta fermo, infatti, che il divieto di utilizzo di documenti non esibiti è subordinato al rifiuto a seguito di specifica domanda dei soggetti accertatori riferita a specifica documentazione (Cass. sent. n. 22765/2009), non essendo sufficiente una generica richiesta da parte degli accertatori affinché sia ritenuto sussistente il rifiuto del contribuente all’esibizione ed il conseguente divieto di utilizzo del medesimo materiale documentale in sede amministrativa e/o giurisdizionale (Cass. sent. n. 18921/2011).

In pratica, occorre prestare particolare attenzione all’atto notificato e alle indicazioni ivi contenute.

Ricordiamo, infatti, che i supremi giudici, sul punto, hanno mantenuto sempre la stessa posizione.

  • Con la sentenza n. 28271 del 18 dicembre 2013 (ud. 4 novembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato che i documenti prodotti dal contribuente nel giudizio tributario in cui si controverta sull’IVA, dei quali abbia in precedenza rifiutato l’esibizione all’amministrazione finanziaria, non possono essere presi in considerazione ai fini del decidere, anche in assenza di una eccezione in tal senso dell’amministrazione resistente” (cfr. Corte cass. Ss.Uu., Sent. n. 45 del 25/02/2000; id. Sez. 5, Sent. n. 13511 del 26/05/2008; id. Sez, 5, Sent. n. 7269 del 26/03/2009; id. Sez, 5, Sent. n. 21768 del 14/10/2009; id. Sez. 6 – 5, Ord. n. 10448 del 06/05/2013).

    Né, prosegue la sentenza è “necessario verificare la sussistenza di eventuali condizioni (forza maggiore; caso fortuito) non imputabili al contribuente che hanno determinato l’omessa esibizione dei registri contabili (circostanze peraltro neppure allegate dal resistente)”, né occorre “accertare l’elemento soggettivo della condotta omissiva del contribuente che, secondo un più risalente orientamento della giurisprudenza di questa Corte, implicava oltre la coscienza e la volontà del rifiuto anche il dolo – costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell’accesso, possa essere effettuata l’ispezione del documento – rimanendo quindi esclusa la operatività del divieto di utilizzazione in sede contenziosa dei documenti non esibiti, in caso di mera negligenza ed imperizia nella custodia e conservazione degli stessi (cfr. SU n. 45/2000, cit), orientamento successivamente corretto dalla più recente giurisprudenza che ha ritenuto applicabile il divieto – previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 52, comma 5 – di utilizzazione probatoria, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, dei libri, delle scritture e dei documenti di cui si è rifiutata l’esibizione, non solo nell’ipotesi di rifiuto (per definizione ‘doloso’) dell’esibizione, ma anche nei casi in cui il contribuente dichiari, contrariamente al vero, di non possedere o sottragga all’ispezione i documenti in suo possesso, ancorchè non al deliberato scopo di impedirne la verifica, ma per errore non scusabile, di diritto o di fatto (dimenticanza, disattenzione, carenze amministrative, ecc.) e, quindi, anche per colpa semplice (cfr. 5 sez. n. 7269/2009; id. n. 21768/2009; id. n. 10448/2013, cit)”.

    Per la Corte, la richiesta di esibizione dei documenti deve essere effettivamente conforme al modello legale definito legislativamente. E “la conseguenza della inutilizzabilità nel giudizio tributario, a favore del contribuente, dei documenti non esibiti nella fase istruttoria amministrativa è ricollegata ad una specifica richiesta dell’Ufficio accertatore che deve rispondere a determinati requisiti formali (trasmissione dell’invito a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento; assegnazione di un termine non inferiore a gg. 15, prorogabile; avviso al contribuente delle conseguenze processuali determinate dalla mancata esibizione dei documenti; facoltà del contribuente di evitare tali conseguenze depositando i documenti in allegato al ricorso introduttivo dimostrando che la impossibilità di ottemperanza era dipesa da causa non imputabile): ne segue che una richiesta di esibizione di scritture, fatture od altri documenti commerciali e contabili formulata dall’Ufficio con modalità difformi dallo schema legale descritto è inidonea, in caso di inottemperanza del contribuente, a produrre gli effetti giuridici preclusivi previsti dalle norme tributarie”.

 

  • Con la sentenza n. 24787 del 4 dicembre 2015 (ud. 17 novembre 2015) la Corte di Cassazione ha “ribadito che la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’ufficio dell’Agenzia delle entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine e accertamento bancario propri dell’amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 comma 4 (per l’imposizione diretta) e dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 (per l’imposizione sul valore aggiunto), opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’amministrazione purchè accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica – in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 Cost. – per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il fisco (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11765 del 26/05/2014, Rv. 630992; conf. Sez. 5, Sentenza n. 22126 del 27/09/2013, Rv. 628934)”.

8 febbraio 2016

Gianfranco Antico