La Cassazione nega la deducibilità delle somme versate agli amministratori a titolo di “riconoscenza” per aver favorito un fornitore, qualificandole come prive di causa giuridica e, dunque, non inerenti all’attività d’impresa. Anche se economicamente funzionali, tali costi risultano illeciti sul piano civilistico. Si riaccende così il dibattito tra forma giuridica e sostanza economica nel diritto tributario.
Principio di inerenza: la Cassazione esclude la deducibilità delle spese di riconoscenza
La Corte di Cassazione si è pronunciata sull’indeducibilità delle cd “spese di riconoscenza” (così definite dal Giudice di Cassazione), ossia su erogazioni a favore di amministratori di condominio costituenti una sorta di bonus per avere privilegiato la società ricorrente nelle forniture di gasolio.
Per la Corte tali somme non costituiscono remunerazione degli amministratori di condominio per un’effettiva (oltreché lecita) attività di intermediazione da loro compiuta in favore della contribuente, ma rappresentano mere elargizioni sganciate da prestazioni giuridicamente rilevanti, tenuto conto che:
“gli amministratori non sono certo agenti del fornitore ed anzi sono i rappresentanti dei condomini, ragion per cui non condividono e non possono condividere con la contribuente (fornitrice) alcun rapporto giuridico meritevole di tutela” (art. 1321 codice civile).
Assenza di causa giuridica e irrilevanza fiscale dei costi con finalità illecita
Nella quasi totalità dei casi le fatture facevano riferimento a compensi provvigionali, riconosciuti agli amministratori e alle società di amministrazione di condominio, relativamente alla gestione dei condomini di loro spettanza.
Tuttavia, trattavasi di