La riforma (con tutte le possibili riduzioni) del sistema delle sanzioni tributarie

pubblichiamo un riassunto del sistema delle sanzioni tributarie, evidenziando i possibili casi di esclusione e riduzione: errore non colpevole sul fatto; le obiettive condizioni di incertezza; pagamento del tributo non eseguito per fatto addebitabile esclusivamente a terzi (ad esempio il consulente infedele); le cause di forza maggiore…

ivaRevisione dei principi sanzionatori all’insegna della gradazione.

Il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo e penal tributario, emanato in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge delega 11 marzo 2014, n. 23 è intervenuto su alcuni istituti, inserendo principi di effettività, proporzionalità e certezza delle sanzioni da irrogare a fronte di condotte illecite sanzionate dall’ordinamento.

Il Titolo II di revisione è stato articolato in tre capi:

  1. Capo I Sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, che riforma le disposizioni contenute nel DLgs 471/97;

  2. Capo II Sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie revisione delle disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative tributarie, che riforma i contenuti del DLgs 472/1997;

  3. Capo III Altre disposizioni, che reca disposizioni sanzionatorie innovative o modificative di fattispecie non contenute nei richiamati decreti legislativi, nonché di illeciti rilevanti ai fini delle imposte indirette diverse dall’Iva.

Il nuovo sistema prevede una maggiore proporzionalità della risposta sanzionatoria dell’ordinamento rispetto all’effettivo danno arrecato all’erario, garantendo una più severa risposta laddove il comportamento del contribuente si caratterizzi per una maggiore insidiosità e pericolosità rispetto all’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria.

Esaminando le nuove principali fattispecie sanzionatorie si osserva.

Omessa dichiarazione – l’art. 1 del DLgs 471/97 recita al 1 comma: “Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 250 a euro 1.000. Se la dichiarazione omessa e’ presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200. Se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 150 a euro 500. Le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili”.

Abitualmente una dichiarazione presentata oltre 90 giorni dalla scadenza del termine si considera omessa, ai sensi dell’art. 2, c. 7, del Dpr 322/1998, potendo costituire esclusivamente titolo per la riscossione delle imposte ivi rappresentate. Il decreto ha introdotto una innovativa ipotesi di “ultratardività” nella presentazione della dichiarazione stessa, valorizzando l’adempimento spontaneo del contribuente che presenti tale dichiarazione oltre novanta giorni, purché entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza. In tale caso, la sanzione applicata in luogo di quella ordinaria si riduce dal 60 al 120% dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di 200 euro.

Infedele dichiarazione – il comma 2 recita: 2Se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito o un valore della produzione imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal novanta al centoottanta per cento della maggior imposta dovuta o della differenza del credito utilizzato. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d’imposta ovvero indebite deduzioni dall’imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte”.

Tale formulazione di favore rispetto al regime preesistente, deve essere coordinata con i commi successivi dell’articolo, laddove si prevede un’aggravante, aumentando della metà la sanzione base in presenza di utilizzo di documentazione falsa o per operazioni inesistenti, di artifici o raggiri, di condotte simulatorie o fraudolente. In senso opposto, si prevede un’attenuante, riducendo di un terzo la sanzione base per condotte non gravi (applicabile ad accertamenti d’ufficio non in regime di ravvedimento), ossia condotte che, caratterizzate dalla colpevolezza e dall’assenza dell’intento fraudolento, si connotino per esigua evasione o per evasione derivante da errori sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito1.

Le modifiche apportate all’articolo 5 del Dlgs 471/1997), relativo alle violazioni riguardanti la dichiarazione Iva, sono analoghe a quelle previste per le violazioni di omessa e di infedele presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap. Anche per la dichiarazione Iva è stato attribuito rilievo alla ultra-tardività della dichiarazione omessa, prevedendo una sanzione pari alla metà di quella “ordinaria” (si riduce quindi dal 60 al 120%) nell’ipotesi in cui la dichiarazione venga presentata oltre 90 giorni dalla scadenza dei termini ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima dell’inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza.

Inoltre, anche per le violazioni relative alla infedele dichiarazione Iva vengono riproposte le graduazioni sanzionatorie già viste per le imposte dirette dal 90% al 180% della maggior imposta dovuta o della differenza di credito utilizzato, aumentata della metà se la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di documentazione falsa, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente, oppure ridotta di 1/3 se la maggiore imposta ovvero la minore eccedenza detraibile o rimborsabile accertata è complessivamente inferiore al 3% dell’imposta, dell’eccedenza detraibile o rimborsabile dichiarata e, comunque, complessivamente inferiore a 30mila euro.

La disapplicazione delle sanzioni.

In base al sistema sanzionatorio tributario non penale la condotta di un autore è soggetta a sanzione se posta in essere scientemente con dolo e cioè con l’intenzione di violare la norma, oppure, con colpa e, quindi, a causa di negligenza, imperizia o imprudenza.

Le cosiddette cause di esclusione della punibilità per le quali è possibile escludere oggettivamente l’esistenza del dolo o della colpa si distinguono principalmente in errore sul fatto ed errore di diritto.

La sussistenza di una causa di non punibilità va eccepita fin dal momento in cui la violazione è formulata e, dunque, immediatamente in presenza di verifica fiscale, oppure, presso l’ufficio competente nell’ambito di osservazioni o deduzioni difensive, o nell’ambito di istanze finalizzate ad ottenerne un annullamento in via di autotutela o un’adesione.

La normativa consente, infatti, agli Uffici finanziari o al Giudice di disapplicare le sanzioni inflitte nei casi di non colpevolezza previsti dall’art. 5 del DLgs 472/97, nei casi di non punibilità disciplinati dall’art. 6 del DLgs 472/97, o in quelli di tutela dell’affidamento e della buona fede prescritti dall’art. 10 della legge 212/00.

Oltre alle cause di non punibilità il contribuente potrà inoltre invocare la sproporzione della sanzione irrogata come previsto all’art. 7 c. 4 del DLgs 472/97, che può essere ridotta fino alla metà del minimo.

L’art 5 c. 1 del DLgs 472/97 in tale senso recita “Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa” ragion per cui prima di applicare una sanzione occorre indagare sulla consapevolezza della natura indebita del risparmio che consegue attraverso il perseguimento di scelte che, di per se stesse, non risultano contrarie ad alcuna prescrizione normativa di diritto positivo. La ricerca del risparmio fiscale non è di per sé stesso un comportamento vietato dall’ordinamento, ma lo diventa soltanto quando porta a risparmi contrari alle logiche di sistema2.

Le nozioni di colpa, colpa grave e dolo sono mutuate dall’art. 43 c.p.p., secondo cui si ha colpa quando l’evento non e’ voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline3.

L’art. 6, c. 2, del D. Lgs n. 472/1997 in particolare, rubricato “cause di non punibilità”, dispone che:

1. Se la violazione è conseguenza di errore sul fatto, l’agente non è responsabile quando l’errore non è determinato da colpa. Le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima non danno luogo a violazioni punibili. In ogni caso, non si considerano colpose le violazioni conseguenti a valutazioni estimative, ancorchè relative alle operazioni disciplinate dal decreto legislativo 8 ottobre 1997, n. 358, se differiscono da quelle accertate in misura non eccedente il cinque per cento. 2. Non è punibile l’autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono, nonchè da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione e per il pagamento.

3. Il contribuente, il sostituto e il responsabile d’imposta non sono punibili quando dimostrano che il pagamento del tributo non è stato eseguito per fatto denunciato all’autorità giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi.

4. L’ignoranza della legge tributaria non rileva se non si tratta di ignoranza inevitabile.

5. Non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore.

5-bis. Non sono inoltre punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”.

Tale art. 6 delimita la nozione di colpa contemplando espressamente ipotesi di esclusione della responsabilità per mancanza dell’elemento soggettivo indispensabile per fondarla.

1 – Errore non colpevole sul fatto

L’errore è una falsa rappresentazione della realtà, distinto dalla semplice ignoranza della legge, ossia dalla mancanza di conoscenza in ordine ad un fatto o ad una circostanza (ignorantia legis non excusat).

Il comma 1 prende in considerazione l’errore sul fatto, che si verifica quando il soggetto ritiene di tenere un comportamento diverso da quello vietato dalla norma sanzionatoria. La falsa rappresentazione della realtà che interviene nel processo formativo della volontà, esclude la responsabilità quando l’errore non è determinato da colpa, cioè non dipende da imprudenza, negligenza o imperizia. Infatti, se il trasgressore ha osservato la normale diligenza, l’errore commesso esclude la colpa richiesta dal precedente articolo 5 del DLgs 472/97.

Le rilevazioni e le valutazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili o di stima non determinano violazioni punibili, come nel caso di violazioni del principio di competenza temporale.

La norma preclude, in ogni caso, la punibilità delle “violazioni conseguenti a valutazioni estimative, considerate non colpose”, se il valore dichiarato differisce da quello accertato in misura non eccedente il 5%. La soglia opera anche rispetto alle operazioni straordinarie disciplinate nel DLlgs 8 ottobre 1997, n. 358.

2 – Obiettive condizioni di incertezza

Le leggi tributarie italiane sono riformate e modificate con continuità per adeguare la legislazione alle nuove realtà economiche, alle direttive internazionali, per motivi di gettito e per arginare espedienti evasivi o elusivi.

Tali norme non sono sistematicamente coordinate e raccolte in un unico codice o testo unitario, nè in una legge generale di tutta la materia, e trovano principi nello “Statuto dei diritti del contribuente” (a sua volta spesso derogato). Conseguentemente la stessa conoscenza delle leggi tributarie e l’interpretazione presentano oggettive difficoltà.

Sussiste incertezza obiettiva di fronte a previsioni normative equivoche, tali da ammettere interpretazioni diverse sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni. In tali casi il comma 2 dell’articolo 6 esclude la colpa e, quindi, la punibilità.

Una tale situazione, non infrequente rispetto alle norme tributarie assai spesso complesse e non univoche, si può verificare, ad esempio, in presenza di leggi di recente emanazione rispetto alle quali non si sia formato un orientamento interpretativo definito, ovvero coesistano orientamenti contraddittori. La norma prevede, inoltre, anche la possibilità che l’autore della violazione sia stato indotto in errore da indeterminatezza delle richieste di informazioni o dei modelli per la dichiarazione ed il pagamento.

La previsione riprende il contenuto dell’art. 8 del dlgs n. 546 del 1992 e di altre settoriali disposizioni già presenti nell’ordinamento, ma abbraccia un ambito più vasto, attribuendo il potere di non applicare le sanzioni, oltre che al giudice tributario, anche agli uffici e al giudice ordinario.

In queste ipotesi, lo Stato rinuncia alla sua pretesa punitiva non potendo addebitare al contribuente mancanze imputabili esclusivamente all’ordinamento. Bisogna, ovviamente, trovarsi in una condizione mentale di buona fede, in cui l’ incertezza non può dipendere da uno stato soggettivo, ma deve essere determinata da elementi esterni idonei comunque ad ingenerare uno stato di confusione.

L’efficacia generale di tale esimente ha ricevuto un’ulteriore conferma a seguito dell’entrata in vigore dello Statuto del contribuente (L. n. 212/2000), dove nell’art. 10 è stato ribadito che le sanzioni non possono essere irrogate quando la violazione dipende da “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta” ed, in particolare, qualora il contribuente si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificati, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’Amministrazione stessa.

3 – Pagamento del tributo non eseguito per fatto denunciato alla Autorità Giudiziaria e addebitabile esclusivamente a terzi

Il mancato pagamento di un tributo può essere conseguenza di un fatto, addebitabile esclusivamente a terzi, che sia stato denunciato all’Autorità giudiziaria.

L’esclusione della responsabilità per sanzione non presuppone la condanna del terzo, ma si devono ritenere applicabili le previsioni procedimentali concernenti la sospensione della riscossione della sanzione e l’eventuale “commutazione” a carico del terzo responsabile dettate per i professionisti iscritti agli albi (CM 10 luglio 1998, n. 180/E).

La responsabilità del contribuente non è esclusa nel caso in cui il mandato avente per oggetto l’esecuzione del pagamento sia stato conferito a soggetto non affidabile secondo criteri di ordinaria diligenza. Pertanto, salvo i casi di condotta illecita del professionista iscritto all’albo, per il quale, quindi, si presume sempre l’affidabilità, sarà necessario verificare che il mandato sia stato conferito a soggetto affidabile.

La norma di carattere generale non si limita a prendere in considerazione la condotta illecita di dottori commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro, avvocati, notai e altri professionisti iscritti negli appositi albi, ma si riferisce a qualsiasi terzo. Si puo’ pensare, per esempio, al dipendente della banca alla quale viene conferita la delega per il pagamento che si appropri della somma corrispondente al tributo distruggendo l’atto di delega.

4 – Forza maggiore e ignoranza inevitabile

Il codice penale prevede in modo molto sintetico, che non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore (art. 45 c.p.), intendendosi per forza maggiore quella vis absoluta ed invincibile della natura che fa venir meno nell’agente, coscienza e volontarietà della condotta.

È proprio questa inevitabilità che esclude la possibilità d’individuare in capo all’agente un coefficiente psichico nei casi di reato doloso o colposo ovvero, di affermare la sua responsabilità a titolo preterintenzionale o di responsabilità oggettiva. L’individuo non può esplicare quell’ordinaria diligenza che sarebbe sufficiente per adeguarsi al precetto penale, per cui la forza maggiore deve essere fatta rientrare necessariamente nell’ambito dell’elemento soggettivo.

Ad esempio, scioperi o calamità naturali possono impedire il pagamento dei tributi e talvolta tale causa di forza maggiore viene accertata con apposito decreto.

La forza maggiore si distingue dal caso fortuito poichè la prima è caratterizzata prevalentemente da inevitabilità, il caso fortuito, invece, da imprevedibilità cui nessuna rilevanza viene data in ambito tributario dal comma 5 dell’art 6 del DLgs 472/97

Il comma 4 del medesimo articolo, stabilisce, invece, il principio per il quale l’ignoranza della legge tributaria non ha rilevanza a meno che si tratti di ignoranza inevitabile (particolare ipotesi di errore di diritto). Presupposto dell’ignoranza inevitabile (residuale rispetto alle altre fattispecie di non punibilità) e’ tuttavia, in conformità al pacifico orientamento giurisprudenziale formatosi a proposito dell’art. 5 c.p., che nessun rimprovero, neppur di leggerezza, possa esser mosso all’autore della violazione per aver egli fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge.

5 – Violazioni meramente formali.

Il comma 5-bis dell’art. 6 citato recita che “non sono inoltre punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”.

Il legislatore ha, quindi, previsto una casistica di violazioni non punibili individuandole tra quelle che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo.

Il giudizio sulla natura formale della violazione deve essere dato in concreto sulla base dell’effettiva incidenza dell’illecito sulla determinazione del tributo o sull’attività di controllo, valutando caso per caso, poiché alcune violazioni possono in concreto non aver ostacolato l’azione dell’ufficio, anche per effetto di una eventuale regolarizzazione.

Il contribuente può correggere, ad esempio, errori che riguardino il periodo di riferimento, i codici tributo, ovvero la ripartizione tra più tributi dell’importo a debito o a credito indicato erroneamente con un solo codice, presentando apposite istanze di rettifica ad uno qualsiasi degli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate.

Ulteriore elemento che deve avere la violazione affinchè possa essere qualificata come formale, è quello dell’assenza di ostacoli all’attività di accertamento.

Lo Statuto del contribuente (L. n. 212/2000) all’art. 10 chiarisce, inoltre, che le sanzioni non possono essere irrogate quando la violazione si traduce in una mera violazione formale senza alcun debito di imposta. In tal senso, l’Amministrazione finanziaria nella propria prassi interpretativà ha distinto nell’ambito delle violazioni formali, quelle “meramente formali” come connotate da una minore gravità, per cui meritevoli di non punibilità.

6 – Riduzione delle sanzioni

Il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 di revisione del sistema sanzionatorio amministrativo ha, da un lato previsto una maggiorazione delle sanzioni in casi meritevoli di punizione, quali la recidiva, ma dall’altro ha ampliato le circostanze per cui è possibile chiedere al giudice tributario la riduzione fino alla metà delle sanzioni comminate nell’atto di accertamento.

Nel sistema sanzionatorio previgente l’art. 7, c. 4, del D.Lgs. n. 472/1997 prevedeva una possibile riduzione della sanzione fino alla metà solo in caso di eccezionali, circostanze che rendessero evidente la sproporzione tra imposta accertata e penalità irrogata.

La riforma elimina dalla norma la parola “eccezionali”, ampliando, così di fatto, le ipotesi in cui è ammessa la riduzione delle sanzioni. Laddove dovessero sussistere le “circostanze che rendono manifesta la sproporzione tra l’entità del tributo contestata e la sanzione”. Presso l’Ufficio dell’Ammnistrazione finanziaria o in sede di impugnazione dell’atto sarà, quindi, possibile chiedere ed ottenere la riduzione al 50% della sanzione minima applicabile per la specifica violazione.

15 febbraio 2017

Cosimo Turrisi

1 E’ ridotta di 1/3 quando:

  • la maggiore imposta o il minore credito accertati sono complessivamente inferiori al 3% dell’imposta e del credito dichiarati e comunque complessivamente inferiori a euro 30.000;

  • l’infedeltà è conseguenza di un errore sull’imputazione temporale di elementi positivi o negativi di reddito, purché il componente positivo abbia già concorso alla determinazione del reddito nell’annualità in cui interviene l’attività di accertamento o in una precedente (se non vi è alcun danno per l’Erario, la sanzione e’ pari a euro 250).

2 L’art. 10bis “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale dello Statuto dei diritti del contribuente (introdotto dall’art. 1 del DLgs. 5 agosto 2015, n. 128) al comma 4 recita: “Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale”.

3La circolare 180 del 10 luglio 1998 chiarisce, in proposito, che si considera dolosa, la violazione attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero di ostacolare l’attività amministrativa di accertamento. Ciò che rileva in tale nozione è la volontà dell’autore della violazione, consapevolmente diretta all’evasione, cosicchè non è mai possibile considerare doloso quel comportamento che, pur violando la legge tributaria, non persegua intenzionalmente siffatto obiettivo. In altre parole, il dolo così definito è dolo specifico e rimane esclusa ogni possibilità di introdurre nella materia la nozione di dolo eventuale.

Il comma 3 dell’articolo 5 da’ una definizione, invece, di colpa grave estremamente restrittiva, in quanto la connette all’imperizia o negligenza indiscutibili e tali per cui non è possibile dubitare ragionevolmente del significato e della portata della norma violata e, di conseguenza, risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari. Non si considera, di sicuro, determinato da colpa grave l’inadempimento occasionale ad obblighi di versamento del tributo.