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Gli accordi di ristrutturazione ex art. 182–bis L.F. sono dei contratti stipulati dal debitore con una maggioranza qualificata di creditori, mediante i quali le parti si accordano per ristrutturare i debiti allo scopo di risanare l’azienda o evitare il fallimento.
Sono soggetti a omologazione giudiziaria e a pubblicità presso il registro delle imprese gli accordi con cui un imprenditore ristruttura i propri debiti con i creditori rappresentanti almeno il 60% del proprio debito complessivo, idonei ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori. L’accordo di ristrutturazione, quindi, è un istituto concorsuale del tutto autonomo, con propri presupposti, a carattere essenzialmente negoziale: una sorta di contratto atipico plurilaterale a formazione progressiva.
I presupposti dell’accordo di ristrutturazione sono la natura di imprenditore, commerciale o agricolo, del debitore (presupposto soggettivo) e lo stato di crisi (presupposto oggettivo).
Rif. Normativi:
D.Lgs. n. 5/2006
Art. 182 – bis Legge Fall.
D. Lgs 12 settembre 2007 n. 169 (c.d. decreto correttivo)
Premessa
L’accordo di ristrutturazione dei debiti è uno strumento di soluzione della crisi di impresa mediante il quale l’azienda in difficoltà cerca di ridurre la propria esposizione debitoria, proponendo un accordo che, per essere efficace, deve essere approvato dai creditori che rappresentano almeno il 60% dei debiti complessivi dell’imprenditore in crisi, mentre per i rimanenti, ossia i creditori non aderenti all’accordo (in genere i più piccoli), deve essere assicurato l’integrale pagamento, ancorché con una moratoria 120 giorni dalla data di omologazione dell’accordo, o dalla data di scadenza del credito, se questa è successiva alla data di omologazione.
Come funziona l’accordo di ristrutturazione
Si definisce accordo di ristrutturazione dei debiti, infatti, quello tra l’imprenditore in stato di crisi e i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e avente un contenuto tale da garantire che il debitore sia poi in grado di pagare i creditori estranei nei modi e nel rispetto dei tempi stabiliti dalla legge.
L’istituto degli accordi di ristrutturazione è stato introdotto nella Legge Fallimentare con la riforma del 2005; è depurato al superamento della crisi di natura finanziaria dell’impresa, attraverso la stipula di uno o più accordi di natura privatistica tra l’imprenditore in stato di crisi e i suoi creditori.
Dunque, in conformità al principio di relatività di cui è espressione l’art. 1372 c.c. l’accordo produce effetti solo tra le parti, sebbene, a ben vedere, la legge ne faccia derivare effetti, non sul quantum, ma sui termini di rimborso, anche extra partes. Al primo comma, infatti, l’art. 182 bis L.F. stabilisce che l’integrale pagamento dei creditori estranei avvenga: entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data ed entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti a quella data, imponendo quindi una sorta di moratoria legale di quattro mesi decorrenti dalla data di omologazione o dalla data di scadenza a seconda del caso.
L'accordo deve essere depositato in tribunale, accompagnato dalla relazione di un professionista qualificato avente a oggetto la contabilità aziendale e che attesti l'attuabilità del piano, e deve essere pubblicato nel registro delle imprese. Dal momento della pubblicazione nel registro delle imprese, l'accordo diviene efficace e, durante i sessanta giorni successivi, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore. Inoltre, dalla data della pubblicazione decorre il termine (trenta giorni), entro il quale i creditori e qualunque interessato possono proporre opposizione. Ancorché non previsto espressamente dalla legge, è da ritenere che il tribunale possa concedere l'omologazione solo a condizione di aver verificato l'attuabilità dell'accordo, con particolare riguardo alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. L'omologazione produce l'effetto dell'esenzione da revocatoria di tutti gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del piano, nel caso in cui ad esso segua il fallimento.
Presupposti soggettivi ed oggettivi
Per poter accedere all’accordo di ristrutturazione occorre che siano rispettati requisiti soggettivi ed oggettivi.
Per quanto riguarda il presupposto soggettivo, l’art. 182-bis precisa che può accedere alla procedura il “debitore”. Nonostante la difformità rispetto al termine “imprenditore”, l’orientamento piu’ diffuso sembra ritenere che il presupposto soggettivo sia il medesimo per l’accesso sia agli accordi di cui all’art. 182 bis sia per il fallimento; possono pertanto accedere a tale procedura gli imprenditori commerciali privati non piccoli che vogliono prevenire lo stato di insolvenza e la relativa apertura della procedura, quindi solo gli imprenditori fallibili.
Va precisato che non vi è perfetta coincidenza tra soggezione alla dichiarazione di fallimento e legittimazione ad accedere al procedimento degli accordi: infatti vi sono particolari soggetti che possono essere dichiarati falliti, ma che non possono chiedere l’omologazione degli accordi; a titolo esemplificativo ricordiamo i soci illimitatamente responsabili di società di persone fallibili, così come l’imprenditore cessato, nell’anno successivo alla cessazione dell’attività di impresa (entrambi mancano del presupposto soggettivo della qualità di imprenditore).
Oltre che ai soggetti fallibili, l’accesso alla procedura di accordi è consentita anche alle imprese per le quali la legge prevede la soggezione alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Per quanto riguarda le banche e la possibilità di accedere agli accordi, si rammenta che l’art. 80 comma 6 del TUB stabilisce che le banche non sono soggette a procedure concorsuali diverse dalla liquidazione coatta, considerando la natura non concorsuale degli accordi, il Tribunale di Bologna con sentenza del 17 novembre 2011 ha riconosciuto la legittimazione agli accordi ad un intermediario finanziario.
Nel caso di società holding è stato accolto il principio secondo cui l’attività di holding è un’attività imprenditoriale e, quindi, integra il presupposto soggettivo per l’accesso agli accordi
In riferimento al presupposto oggettivo il Legislatore ha fatto riferimento allo “stato di crisi” .
L’accordo deve venire accompagnato da una accurata documentazione, idonea a identificare la situazione economia e finanziaria dell’impresa in crisi.
La definizione di “stato di crisi”, concetto ampio e di derivazione economica, è stata fin dalla sua introduzione oggetto di discussioni in quanto ci si è sempre chiesti se la crisi si potesse equiparare allo “stato di insolvenza” o meno. Fortunatamente, il dubbio è stato risolto, seppur parzialmente, dal D.L. n. 273/2005 che, con l’art. 36, ha aggiunto un’ulteriore comma all’art. 160 della L.Fall.. che prevede: “ai fini di cui al primo comma, per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza”. In realtà il termine “crisi” non può essere usato come sinonimo di “insolvenza” in quanto la prima è un’estensione della seconda. Inoltre, mentre l’insolvenza deve essere attuale, la crisi comprende sia una situazione potenziale che una condizione palese. Lo stato di crisi quale presupposto per accedere all’accordo di ristrutturazione, dunque, permette al debitore che non si trova in uno stato di grave difficoltà di poter elaborare un piano da cui sia egli stesso che i creditori traggono vantaggi.
Requisiti per il riconoscimento degli accordi di ristrutturazione
Negli accordi di ristrutturazione non è richiesto il rispetto dei principi della par condicio creditorum e dell’absolute priority rule, è sufficiente raggiungere l’accordo con i creditori che rappresentino il sessanta per cento dei crediti, attraverso l’adesione sia dei creditori privilegiati che chirografari a condizioni differenziate per creditori aventi la stessa posizione giuridica e interessi omogenei.
Attenzione: si discute se la percentuale del 60% debba essere già raggiunta alla data del deposito della domanda ovvero se possa raggiungersi nel corso del procedimento. La soluzione del problema presuppone di stabilire se il raggiungimento della quota dei creditori aderenti rispetto all’accordo costituisca un presupposto processuale ovvero una condizione dell’azione. L’orientamento piu’ risalente era nel senso di ritenere sufficiente che la percentuale di adesioni risultasse alla data di omologazione.
L’interpretazione giurisprudenziale piu’ recente ha mutato segno richiedendo che la percentuale sia raggiunta già alla data di deposito della domanda (Tribunale di Modena 19.11.2014).
Non vi è la necessità di rispettare la parità di trattamento in quanto i creditori, privilegiati e chirografari, che hanno aderito all’accordo, hanno disposto liberamente del loro credito, mentre i creditori estranei al patto devono essere regolarmente soddisfatti senza subire alcuna falcidia delle proprie pretese. In tale ottica i creditori privilegiati possono essere soddisfatti in percentuale.
Il legislatore ha omesso di specificare il profilo contenutistico degli accordi di ristrutturazione, confermando l’ampia legittimazione dell’autonomia privata, potendo trovare collocazione: dilazioni di pagamento, remissioni parziali del debito, variazioni del tasso di interesse, postergazione di crediti, conversione di crediti in capitale, contrattazione di interventi sul piano industriale e finanziario come mutamenti nel management, manovre sul personale, dismissioni parziali di partecipazioni, cessioni di rami d’azienda ed erogazione di nuova finanza. Di contro si è preoccupato di specificare che l’attuabilità dell’accordo si deve evincere da una “relazione redatta da un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, 3° c., lett. d), con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei”.
L’idoneità dell’accordo a garantire il regolare pagamento dei creditori estranei dovrebbe essere interpretata nel senso che l’imprenditore deve disporre di risorse idonee tali da consentire, a seguito dell’esecuzione dell’accordo (anche con la previsione di apporto di nuova finanza) l’integrale e puntuale adempimento delle obbligazioni dei creditori non aderenti.
Su tale previsione legislativa sono state sostenute diverse opinioni da parte della dottrina e della giurisprudenza. In una prima accezione si è sostenuto che per regolare pagamento debba intendersi il pagamento “secondo le regole dell’accordo” con ciò intendendosi la sufficienza di un accordo che prevedesse in favore dei creditori estranei la medesima percentuale proposta a quelli ad esso partecipanti. Detta opinione è stata contrastata dalla prevalente dottrina e dalla giurisprudenza che hanno motivato ritenendo da un alto, non assimilabili gli accordi di ristrutturazione al concordato preventivo, sicché ad essi non si applicherebbe la norma di cui all’art. 184 L.F., che vincola tutti i creditori alla procedura, dall’altro, che l’accordo, quale contratto, non potrebbe produrre effetti in danno di terzi e quindi non potrebbe vincolare i creditori estranei espropriandoli di parte del loro credito.
L’opinione prevalente è attestata sulla interpretazione della norma nel senso di pagamento “integrale” e alla “scadenza”, opinione supportata con alcuni rilievi. Un primo rilievo attiene ai debiti scaduti che è impensabile non sussistano in presenza di una situazione di crisi per la quale l’intervenuta scadenza dei crediti rappresenta un elemento caratterizzante il presupposto dell’istituto.
Il secondo rilievo impone di considerare le eventuali e implicite manifestazioni di tolleranza del pagamento tardivo da parte del creditore senza che sul punto si manifesti uno specifico accordo col debitore. Potrebbe essere il caso del creditore che, consapevole delle difficoltà del debitore, abbia tollerato un termine ragionevolmente più lungo per il pagamento del debito scaduto o che, a seguito del comportamento consolidatosi nel tempo, abbia sempre tollerato sistematici e regolari ritardi.
Per i creditori estranei l’accordo ex art. 182 bis è un fatto a loro irrilevante, pertanto hanno diritto di esigere il pagamento e possono azionare in qualsiasi momento le azioni loro riconosciute dal diritto delle obbligazioni e dei contratti: azione di risarcimento, del danno per inadempimento, di risoluzione, ecc.. Merita però essere sottolineato che, per converso, creditori estranei non potranno beneficiare della esenzione da revocatoria della quale beneficiano i creditori aderenti all’accordo.
Anche la giurisprudenza in materia, muovendo dal presupposto che gli accordi non rappresentano un tipologia di concordato preventivo, ma costituiscono un autonomo procedimento cui può accedere l’imprenditore commerciale che si trovi in stato di crisi, ritengono che “per regolare pagamento dei crediti estranei si deve intendere l’esatto pagamento alla scadenza” (Trib. Brescia decr. 22.2.2006). Tale conclusione non contrasta con la possibilità che l’accordo di ristrutturazione dei debiti possa essere il frutto anche di adesioni successive ovvero intervenute successivamente alla pubblicazione dello stesso nel Registro delle Imprese, ipotesi ricorrente proprio quando nel giudizio di omologazione intervengano perplessità sulla attuabilità o idoneità dell’accordo le quali potrebbero essere superate da adesioni o pattuizioni con creditori originariamente estranei, i quali consentano dilazioni di pagamento o accettino riduzioni delle pretese creditorie.
Benefici per i creditori e per il debitore
L’omologa del tribunale degli accordi sottoscritti consente sia al debitore che ai creditori di beneficiare di diverse tutele:
- l’esenzione da revocatoria per gli atti compiuti in esecuzione degli accordi;
- l’esenzione dai reati di bancarotta preferenziale e da quelli di bancarotta semplice;
- il riconoscimento della prededuzione ai crediti sorti a fronte di finanziamenti effettuati da banche, intermediari finanziari e soci in funzione o in esecuzione degli accordi;
- la concessione al debitore di una dilazione di 120 giorni per l’integrale soddisfacimento dei creditori non sottoscrittori; nel caso in cui i crediti risultano già scaduti alla data dell’omologa, i 120 giorni decorrono dalla stessa.
Inoltre, per 60 giorni dalla data di pubblicazione degli accordi presso il registro delle imprese, si ha la sospensione di eventuali azioni cautelari o esecutive sul patrimonio dell’imprenditore e il divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione al di fuori delle previsioni degli accordi stessi. Tale previsione è stata inserita al fine di evitare che nelle more dell’omologa da parte del tribunale i creditori possano cercare, ad esempio, di acquisire prelazioni
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Maria Benedetto