E' possibile recuperare il credito IVA anche in assenza di dichiarazione

il contribuente può portare in detrazione un credito IVA derivante da una dichiarazione omessa nella misura in cui venga dimostrata l’effettività del credito stesso

ratePrincipi

La neutralità dell’IVA induce ad affermare che il contribuente può portare in detrazione un credito derivante da una dichiarazione omessa nella misura in cui venga dimostrata l’effettività del credito stesso.

La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta (risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto) sia riconosciuta dal giudice tributario se siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto (ovvero non controverso) che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

La detrazione dell’imposta pagata spetta, anche se la relativa dichiarazione annuale è stata omessa. L’Iva pagata, che risulta dalle liquidazioni periodiche, è detraibile ed il diritto alla detrazione spetta, a prescindere dalla presentazione della dichiarazione annuale. I requisiti sostanziali sono soddisfatti, secondo la sesta direttiva, da acquisti ,effettuati da un soggetto passivo, destinati a proprie operazioni imponibili.

In concreto, il soggetto può dimostrare la spettanza del credito producendo le fatture di acquisto e di vendita e ciò anche se siano state commesse irregolarità nella registrazione delle stesse.

La norma nazionale non contrasta con i principi comunitari, laddove imponga un termine entro cui esercitare il proprio diritto. Più precisamente, il contribuente può detrarre il credito Iva entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto. Il contribuente che abbia utilizzato entro tali termini il credito derivante dalla dichiarazione omessa, ha rispettato le previsioni normative, a nulla rilevando che la dimostrazione dei requisiti sostanziali avvenga in un momento successivo. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione , sezioni unite con la sentenza del 8 settembre 2016 n. 17757

Vicenda

Il Fisco ha emesso cartella di pagamento nei confronti del contribuente a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione per l’anno 2002 dove era evidenziato un credito IVA riportato dalla precedente annualità 2001 (ed in parte già fruito a mezzo della compensazione con altre imposte), rispetto alla quale la dichiarazione annuale era mancante, ovvero presentata oltre novanta giorni dalla scadenza del termine. Il credito d’imposta risultava pacificamente dalle liquidazioni periodiche regolarmente presentate. I giudici tributari di merito hanno annullato la cartella poiché;

  • E’ idonea a far sorgere il diritto alla detrazione del maggior credito la sola indicazione del medesimo nelle liquidazioni periodiche relative all’annualità di maturazione (2001);

  • quello vantato è un diritto che non può essere annullato a causa della mancata compilazione e presentazione della dichiarazione annuale, in quanto trattasi di un diritto che deriva dalla legge e si concretizza in presenza dei presupposti, a prescindere dalla dichiarazione medesima.

Il fisco ha proposto ricorso in cassazione, ribadendo che la mancanza della dichiarazione annuale determina la perdita definitiva del diritto di detrarre le eccedenze maturate, non rilevando le dichiarazioni periodiche e potendo la parte contribuente realizzare il proprio credito d’imposta unicamente col diverso procedimento di rimborso.

Pronuncia

Gli Ermellini , con la pronuncia citata, hanno puntualizzato che:

  • l’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA, deve essere tutelato in modo sostanziale ed effettivo, e va dunque riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente (come, ad esempio, la documentazione contabile), essendo, invece, a tal fine irrilevante l’osservanza degli obblighi dichiarativi;

  • se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna, cioè presenta la dichiarazione annuale IVA ed ottempera agli altri adempimenti imposti, grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova;viceversa, se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall’ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione. Ovverosia il contribuente deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta;

  • la neutralità dell’IVA comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta (risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto) è riconosciuta dal giudice tributario, qualora siano stati rispettati dal contribuente tutti i requisiti sostanziali per la detrazione. In tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto (ovvero non controverso) che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

 

Effettività del credito

E’ contrario al sistema di neutralità dell’IVA l’automatico disconoscimento del credito d’imposta riportato a nuovo ma derivante da una dichiarazione considerata omessa. Pertanto, la detrazione, anche in tal caso, può essere esercitata al massimo entro il termine per la dichiarazione del secondo anno successivo a quello in cui il diritto e’ sorto, sempre che si tratti di credito esistente, risultante dai registri IVA e dalle liquidazioni periodiche, nonchè relativo ad operazioni inerenti all’attività d’impresa. È possibile riportare a nuovo un credito IVA derivante da una dichiarazione omessa. La neutralità dell’IVA impone che il contribuente possa portare in detrazione il credito derivante da una dichiarazione omessa se e nella misura in cui sia dimostrata l’effettività dello stesso credito.La detrazione dell’IVA è subordinata al possesso di regolari e veritiere fatture, dunque, anche in caso omessa presentazione della dichiarazione annuale, l’esercizio del diritto di detrazione dell’eccedenza IVA va riconosciuto a fronte di una reale operazione sottostante, la cui prova certa può essere acquisita dai dati risultanti dalle fatture o da altro documento equivalente come, ad esempio, la documentazione contabile. Se la dichiarazione è stata omessa ma si dimostra che il relativo credito è derivato da acquisti inerenti l’attività d’impresa, il contribuente ha diritto a recuperarla, specie se lo stesso risulta dalle liquidazioni periodiche regolarmente presentate. Ai sensi dell’art. 5 c. 1 del D.Lgs. 471/97 è sufficiente la sola indicazione del maggior credito nelle liquidazioni periodiche relative all’annualità di maturazione. Vero è che il fisco può comunque contestare un tale credito (derivante da una dichiarazione omessa) anche a seguito di controlli automatizzati della dichiarazione e procedere alla relativa iscrizione a ruolo .In merito al credito derivante da omessa dichiarazione il rapporto di natura tributaria con il fisco scaturisce da un’operazione lecita ed effettiva talchè gli obblighi che ne derivano (dichiarazione, registrazione ecc.) hanno solamente una funzione illustrativa dei relativi dati al fine di consentire al fisco di poter verificare agevolmente gli stessi onde procedere alla riscossione delle imposte.

Pertanto ciò che conta ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito.

Per tale ragione occorre consentire al contribuente di dimostrare l’esistenza del credito Iva (non dichiarato) attraverso altre prove e idonea documentazione (fatture, registri Iva…). Dai principi comunitari si evince che ai fini della detraibilità occorra la effettività degli acquisti da un soggetto passivo e la utilizzazione di detti beni per finalità proprie (operazioni imponibili).

Altro è la violazione formale dell’omessa dichiarazione Iva che però non implica l’impossibilità di detrazione nel caso in cui vi siano altre prove a sostegno. Il giudice tributario dovrà pertanto riconoscere il credito Iva se il contribuente dimostra che sostanzialmente ha diritto alla detrazione: in tali casi il fisco potrà provvedere alla correzione del credito anche mediante controllo automatizzato.

Se il contribuente ritiene realmente spettante il credito non dichiarato, egli possa attestarne l’esistenza con la relativa documentazione, tramite registri IVA, fatture e materiale inerente o equipollente. In tale situazione, la dimostrazione dell’esistenza contabile del credito nel contraddittorio col Fisco pone il contribuente in condizione equivalente a quella nella quale si sarebbe trovato se avesse correttamente presentato la dichiarazione. Ciò implica che se l’esistenza contabile e l’effettività sostanziale del credito maturato viene confermata, l’ufficio ha il potere di scomputare l’importo del credito dalle somme complessivamente dovute in esito al controllo automatizzato. E, in sostanza, tutto ciò non esclude che tale accertamento non possa essere fatto dal giudice tributario di merito in seguito all’impugnazione della cartella.

Giova precisare che le conclusioni a cui sono pervenute le Sezioni Unite valgono pure per il riporto a nuovo di crediti imposte sui redditi e IRAP derivanti da dichiarazioni omesse, nella misura in cui sia dimostrata la loro effettività. Peraltro , la possibilità di riconoscere il credito IRAP e imposte sui redditi in sede di accordo stragiudiziale è stata condivisa dalle circolari dell’ Agenzia delle Entrate 6.8.2012 n. 34 e 25.6.2013 n. 21.

Legittimità del controllo automatizzato

Giova precisare che con sentenza n. 17758 del 8 settembre 2016 le S.U. del giudice di legittimità hanno altresì statuito che in ipotesi di omessa dichiarazione annuale il controllo automatizzato è comunque legittimo e che pertanto l’Ufficio può procedere all’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta ed emettere la conseguente cartella di pagamento. Proprio perchè, tale controllo (automatizzato) non attiene alla sostanza e non ha carattere valutativo, ma rappresenta lo strumento mediante il quale si riscontra la correttezza dei dati dichiarati in raffronto con quelli già presenti nell’anagrafe tributaria. Ed ancora, la legittimità di tale controllo deriva dal fatto che in ogni caso al contribuente è garantita la possibilità di dimostrare in altro modo il proprio credito

2 dicembre 2016

Ignazio Buscema