Anatocismo bancario e criteri di calcolo degli interessi dei conti correnti

è stato recentemente aggiornato il Testo Unico Bancario (TUB) con lo scopo di riscrivere le regole che definiscono i criteri di calcolo e di applicazione degli interessi sui conti correnti allo scopo di disciplinare meglio l’annosa questione sull’anatocismo bancario

Con lo scopo di disciplinare ulteriormente l’annosa questione sull’anatocismo bancario che tanto ha impegnato le banche, parte dei loro clienti e le aule di tribunale, il legislatore è intervenuto con il D.L. 18/2016 art. 17-bis andando a riformare l’art. 120 del TUB (il Decreto d’urgenza n. 343 del 3 agosto 2016 del MEF) con lo scopo di riscrivere le regole che definiscono i criteri di calcolo e di applicazione degli interessi sui conti correnti.

Le nuove regole sono entrate in vigore il 1 ottobre 2016 e di seguito si elencano le principali novità:

  • la periodicità del conteggio degli interessi creditori/debitori non può essere inferiore ad un anno con la conseguenza che gli interessi saranno conteggiati al 31 dicembre di ogni anno;

  • gli interessi debitori saranno esigibili il 1 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati o, in caso di cessazione del rapporto, diventeranno immediatamente esigibili;

  • l’addebito degli interessi debitori non essendo più automatico necessiterà di apposita autorizzazione da parte del cliente.

Per comprendere la portata delle nuove disposizioni, appare utile effettuare una breve disamina dell’anatocismo bancario con particolare riguardo all’evoluzione normativa e giurisprudenziale avutasi fino ad oggi.

Il fenomeno dell’ anatocismo bancario è quella pratica, in uso fino a qualche anno fa presso quasi tutte le banche italiane, secondo cui gli interessi a debito del correntista venivano liquidati sul rapporto di conto corrente con frequenza trimestrale mentre gli interessi a credito dello stesso erano liquidati con cadenza annuale.

Ciò provocava un disallineamento nella maturazione degli interessi a debito ed il conseguente fenomeno dell’anatocismo perché gli interessi producono altri interessi e finiscono per essere esponenzialmente sempre più elevati secondo le modalità appena citate.

Il divieto dell’anatocismo (bancario e non) è sempre esistito nell’ ordinamento giuridico italiano in virtù dell’art. 1283 del Codice Civile.

Ciò nonostante le banche agivano legittimamente quando applicavano la metodologia di calcolo degli interessi sopra descritta perché tale comportamento era stato ampiamente avallato dalla giurisprudenza, almeno fino al momento in cui è iniziato tutto il processo di revisione interpretativa delle norme riguardanti l’anatocismo, che ha portato dopo molti anni alla famosa sentenza della Corte di Cassazione del 4 novembre 2004, n. 21095.

Prima di questa sentenza, c’è stato comunque l’art. 25 del Decreto Legislativo n. 342/1999, comma 2, che, introducendo un nuovo comma all’art. 120 del D. Lgs. n. 385/1993 (Testo Unico Bancario), ha previsto la possibilità di stabilire, tramite un’apposita delibera del CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e Risparmio), le modalità ed i criteri di produzione degli interessi sugli interessi, maturati nell’esercizio dell’attività bancaria, purché fosse rispettata la stessa periodicità nel conteggio sia dei saldi passivi sia di quelli attivi.

Il sigillo ufficiale al suddetto nuovo corso in tema di calcolo degli interessi bancari è stato poi apposto dalla sentenza del CICR emanata il 9 febbraio 2000, la quale ha definitivamente fissato il momento di decorrenza dell’obbligo, a carico delle Banche, di riconoscere ai correntisti pari periodicità nella liquidazione degli interessi.

Nel decreto n. 342/1999 il legislatore stabiliva nel contempo, con norma transitoria, una vera e propria sanatoria per il pregresso, facendo salve le clausole di capitalizzazione trimestrale contenute nei contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina.

La norma transitoria è stata però dichiarata illegittima per violazione dell’articolo 77 della Costituzione, dalla Corte Costituzionale con sentenza del 17 ottobre 2000 n. 425.

Il processo di revisione al momento si può considerare concluso con la già citata sentenza del 4 novembre 2004 n. 21095, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella quale in sostanza si afferma l’illegittimità, anche per il passato, degli addebiti bancari per anatocismo.

In sostanza la Corte afferma che le clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori precedenti al 1999 non sono mai state rispondenti ad uno uso normativo ma bensì negoziale e quindi in contrasto con il principio contenuto nell’art. 1283.

Successivamente sempre la Suprema Corte, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 24418 del 2 dicembre 2010 in maniera assolutamente chiara ha sentenziato (o per meglio dire ribadito) la nullità delle clausole anatocistiche, ex art. 1418, primo comma c.c., per contrarietà all’art. 1283 c.c. confermando che il termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme trattenute indebitamente dalla banca a titolo di interessi su un’apertura di credito in conto corrente, decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, poiché si tratta di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi.

Pertanto, ad oggi, la prescrizione dell’azione di ripetizione, pari ad anni dieci, comincia a decorrere:

a) dalla data di un versamento (nell’ipotesi di conto passivo, senza affidamento, oppure di superamento del limite affidato) – cosiddetto versamento con natura solutoria;

b) dalla data di chiusura del conto (quando non siano effettuati versamenti, in pendenza di rapporto, o quando il versamento effettuato in pendenza di rapporto abbia una semplice natura ripristinatoria dell’affido utilizzabile);

Più recentemente la Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente in materia di anatocismo con la sentenza del 6 maggio 2015 n. 9127 con particolare riguardo alla illegittimità della capitalizzazione annuale degli interessi

La Suprema Corte, nel dare ragione al titolare di un contratto di apertura di credito con garanzia ipotecaria al quale era stato notificato un decreto ingiuntivo dell’importo di oltre un milione di euro, rigetta le argomentazioni svolte dalla banca, che sosteneva che dovesse ritenersi implicita la sussistenza di usi normativi che consentono la capitalizzazione annuale, e precisa che “l’illegittimità di tale uso è stata infatti già affermata dalle Sezioni Unite della medesima Corte che ha escluso, in relazione alla capitalizzazione trimestrale degli interessi, di poter ravvisare un uso normativo atto a giustificarla”.

Ma cosa accade oggi con le nuove disposizioni contenute nel Decreto d’urgenza n. 343 del 3 agosto 2016 del MEF che recepisce il .L. 18/2016 art. 17-bis ?

A partire dalla liquidazione del 31 dicembre 2016 gli interessi debitori e creditori di tutti i conti correnti in euro e in valuta verranno conteggiati con periodicità annuale (ex trimestrale).

Nulla varia invece per la periodicità di liquidazione (di norma trimestrale) delle spese di tenuta conto, della commissione di disponibilità fondi (CDF) e della commissione di istruttoria veloce (CIV).

Gli interessi debitori maturati al 31 dicembre diventano esigibili il 1 marzo dell’anno successivo; gli interessi creditori verranno invece contabilizzati immediatamente con data valuta 31 dicembre insieme alle spese e commissioni precedentemente citate

Le disposizioni si applicano:

‐ a qualsiasi operazione di raccolta del risparmio e di esercizio del credito tra intermediari e clienti, disciplinate dal titolo VI del TUB compresi i finanziamenti a valere su carte di credito;

‐ a qualsiasi soggetto titolare di un rapporto contrattuale con un intermediario bancario.

Le operazioni bancarie che rientrano nel perimetro della disciplina possono essere suddivise in tre macro categorie:

  • operazioni di erogazione del credito: gli interessi debitori non possono produrre interessi nelle operazioni di raccolta del risparmio ed esercizio del credito, ad eccezione degli interessi di mora. L’imputazione dei pagamenti agli interessi è in generale regolata in conformità dell’articolo 1194 cod. civ. e pertanto il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese, senza il consenso del creditore e il pagamento fatto in conto di capitale e interessi deve essere imputato prima agli interessi.

  • rapporti di conto corrente o di conto di pagamento: gli intermediari devono assicurare alla clientela la stessa periodicità, comunque non inferiore a un anno nel conteggio degli interessi creditori e debitori. Gli interessi devono essere conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto per cui sono dovuti. Per i contratti stipulati nel corso dell’anno, il conteggio è effettuato comunque il 31 dicembre.

  • operazioni di apertura di credito in conto corrente, anticipazioni su crediti e documenti e sconfinamenti: gli interessi debitori maturati devono essere conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno, con una periodicità non inferiore a un anno e contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale. Inoltre il saldo periodico della sorte capitale può produrre interessi, come segue: gli interessi debitori divengono esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati. Al cliente, prima che gli interessi maturati divengano esigibili, deve essere concesso un ulteriore periodo di 30 giorni dal ricevimento delle comunicazioni di cui agli articoli 119 o 126‐quater, comma 1, lettera b), del TUB. Il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili (l’autorizzazione è revocabile in ogni momento purché prima che l’addebito abbia avuto luogo).

Si evidenzia che in caso di chiusura definitiva del rapporto gli interessi sono immediatamente esigibili; il saldo relativo alla sorte capitale può produrre in tal caso interessi secondo quanto previsto dal contratto.

Il cliente potrà pertanto estinguere il debito da interessi maturato con:

  • autorizzazione all’addebito in conto;

  • pagamento della somma presso la banca

Qualora il debito da interessi non venga estinto, se ne ricorrono i presupposti, il cliente sarà segnalato presso la Centrale dei Rischi di Banca d’Italia e presso gli altri sistemi di informazione creditizia con conseguente difficoltà di accesso al credito da parte del soggetto segnalato.

21 ottobre 2016

Demauro Giuseppe