La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario anche in presenza di sequestro

segnaliamo una recentissima sentenza di Cassazione che statuisce un principio importante: la confisca per equivalente non opera per se il contribuente si impegna a versare l’importo dovuto all’Erario anche se si è in presenza di un sequestro sequestro

toto-carcere-immagineL’art. 10, del D.Lgs.n.158/2015, ha inserito l’art.12-bis nell’ambito del D.Lgs. n. 74/2000, creando la confisca fiscale (atteso, fra l’altro, che l’art. 14, del D.Lgs. n. 158/2015 ha abrogato il comma 143, dell’articolo 1, della legge 24 dicembre 2007, n. 2441).

L’istituto della confisca per equivalente (o di valore) del profitto del reato, di cui all’art. 322-ter, c. 2, c.p., originariamente introdotto dall’art. 31, della legge 29 settembre 2000, n. 300 per il solo delitto di cui all’art. 321, c.p., è stato progressivamente esteso anche ad altri reati e, dell’art. 1, c. 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, anche ai delitti di cui al d.lgs. n. 74 del 2000.

Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 C.p.p. per uno dei delitti previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 (facendovi così rientrare anche il reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili, prima escluso), è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

La norma, nella sua nuova formulazione, prevede che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’Erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento è sempre disposta la confisca.

 

La sentenza della Cassazione n.28225/2016

Con la sentenza n.28225 del 7 luglio 2016 la Corte di Cassazione interviene per la prima volta, interpretando il nuovo dettato normativo.

Vediamo, quindi, quali sono i principi confermati e affermati.

  • Questa Suprema Corte, sul rilievo della mancanza di pericolosità dei beni che sono oggetto della confisca per equivalente e della contestuale assenza di un rapporto di derivazione diretta tra il reato e i beni, ne ha sin da subito sottolineato la natura eminentemente sanzionatoria, traendone la conseguenza della sua inapplicabilità ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 244 del 2007, non essendo ad essa estensibile la regola dettata per le misure di sicurezza dall’art. 200 cod. pen. (Sez. 2, n. 21566, del 08/05/2008, Puzella, Rv. 240910; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255037; Corte cost.le, ordinanza n. 97 del 2009)”.

  • Trattandosi di una vera e propria sanzione, essa è applicabile all’autore materiale del reato alla sola condizione della impossibilità, anche se transitoria e reversibile, di reperire i beni costituenti il profitto del reato (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258648)”.

  • Il concetto è stato ribadito da questa Suprema Corte anche con la sentenza n. 16698 del 18/03/2014, n.m., con cui, su ricorso dell’odierno imputato, è stata annullata l’ordinanza del 22/11/2013 del tribunale del riesame di Fermo che aveva respinto il gravame proposto avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. nell’ambito di questo stesso processo e finalizzato alla confisca dei beni in disponibilità del P. in misura equivalente al profitto conseguito con gli stessi reati per i quali è stata applicata la sentenza oggi impugnata. Anche in quella occasione si affermò che non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato e si osservò che non era stato eseguito alcun accertamento preliminare in ordine all’eventuale sussistenza nel patrimonio aziendale della “I.G. srl” di beni direttamente riconducibili al profitto del reato tributario de quo. Nè [erano] state indicate le ragioni per cui sussisteva – all’epoca della richiesta del sequestro preventivo per equivalente e della sua adozione – l’impossibilità, anche soltanto transitoria e reversibile, del reperimento dei beni costituenti il profitto del reato tributario de quo nell’ambito del patrimonio aziendale della predetta “I.G. srl””.

L’odierna sentenza, osserva la Corte nella sentenza che si annota, “pecca dello stesso difetto motivazionale perché, in violazione della lettera della legge e dei principi costantemente espressi da questa Corte di legittimità, non spiega le ragioni per cui è stata senz’altro disposta la confisca per equivalente dei beni dell’imputato, senza prima dar conto dell’impossibilità di procedere alla confisca diretta del profitto conseguito dalla società”.

Inoltre, prosegue la sentenza, “Non è necessario specificare e individuare il beni da confiscare, trattandosi di operazione che, in quanto riservata alla fase esecutiva del provvedimento, non è richiesta nemmeno ai fini della adozione del decreto di sequestro preventivo (cfr., tra le più recenti, Sez. 2, n. 36464 del 21/07/2015, Armeli, Rv. 265058; Sez. 2, n. 24785 del 12/05/2015, Monti, Rv. 264282), provvedimento, quest’ultimo, la cui mancanza – come nel caso di specie – non condiziona la validità della confisca (Sez. 5, n. 9738 del 02/12/2014, Giallombardo, Rv. 262893)”.

E “La non necessità di un preventivo decreto di sequestro si evince anche dal testo del nuovo art. 12-bis, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000, che deve essere interpretato nel senso che l’impegno del contribuente a versare all’erario le somme dovute non è condizionato dall’eventuale presenza di un sequestro, sterilizzando solo gli effetti della confisca”.

Pertanto, la sentenza impugnata è stata annullata limitatamente alla confisca, con rinvio, sul punto, al Tribunale di Fermo che dovrà tenere conto della sopravvenuta modifica normativa per effetto della quale, come detto, “la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro” (art. 12-bis, c. 2, d.lgs. n. 74 del 2000). “Risulta, infatti, dal testo della sentenza impugnata che la I.G. srl ha stipulato con l’amministrazione finanziaria un (non meglio precisato) accordo di rateizzazione del debito, in corso di esecuzione al momento della richiesta di applicazione della pena”.

Conclude la Corte, interpretando per la prima volta il nuovo dettato normativo, specificando che “l’assunzione dell’impegno, nei soli termini riconosciuti e ammessi dalla legislazione tributaria di settore (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale, attivazione di procedure di rateizzazione, automatica o a domanda), è di per sé sufficiente a impedire la confisca (diretta o per equivalente, la norma non fa distinzioni) dei beni che ne sarebbero oggetto poiché ritenuta comunque satisfattiva dell’interesse al recupero delle somme evase (o non versate) che dovrebbero essere ugualmente ottenute dall’esproprio dei beni del contribuente (in caso di confisca diretta), o dell’imputato, se diverso (in caso di confisca per equivalente)”.

 

20 luglio 2016

Gianfranco Antico

1 Cfr. Cass., Sez.III, Pen., sent.n.43397 dep. il 28 ottobre 2015, secondo cui nel reato tributario, la confisca del profitto, nel caso di specie, omesso versamento dell’Iva, è sempre obbligatoria.