Agevolazioni prima casa: le lungaggini burocratiche agevolano la prima casa

le lungaggini burocratiche relative alla ristrutturazione dell’immobile sono causa di forza maggiore del mancato trasferimento della residenza entro il termine previsto per le agevolazioni ‘prima casa’

Con la sentenza n. 25880 del 23 dicembre 2015 (ud. 19 novembre 2015) la Corte di Cassazione ha riconosciuto come causa di forza maggiore il mancato trasferimento della residenza entro il termine normativamente previsto, a causa delle lungaggini burocratiche.

La sentenza

La Corte, dopo aver in premessa rilevato che la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco, obbligo che va rispettato in termini generali, ritiene che occorre però tenere conto di “eventuali ostacoli sorti nell’adempimento di tale obbligazione, caratterizzati dalla non imputabilità alla parte obbligata e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento (cfr Cass. 7 giugno 2013 n. 14399)”.

Pur se la CTR ha accertato la complessità sopravvenuta dei lavori di “rifacimento di un vecchio stabile” (che non può essere equiparato ad un appartamento), dovendo applicarsi il principio secondo cui il mancato stabilimento della residenza non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, “tale valutazione di per se sola non è, tuttavia, sufficiente ad integrare una causa di forza maggiore non costituendo evento non prevedibile ed inevitabile (Cass. 6 – 5, Ordinanza n. 4800 del 10/03/2015)”.

Configurano, invece, per la Corte, tali presupposti la motivazione della CTR che ha rilevato che “i circa quattro mesi impiegati dal Comune per concedere la richiesta autorizzazione sono un lasso di tempo piuttosto lungo e considerata l’entità dei lavori da eseguire ed il ristretto tempo previsto dalla legge (all’epoca dodici mesi) per la loro ultimazione al fine di potervi trasferire la residenza, appare giustificato il ritardo con cui essa è avvenuta“.

Afferma la Corte che “l’efficienza della Pubblica Amministrazione costituisce un evento normale e prevedibile, non potendo certo ritenersi tali, in forza di un principio di civiltà giuridica, l’inefficienza e il ritardo dell’ente pubblico, anche alla luce del principio ormai codificato della ragionevole durata del procedimento amministrativo, mentre l’irragionevole e non motivato ritardo nella concessione della prescritta autorizzazione non rientra nella sfera di disponibilità dell’interessato ed è idoneo a configurare i presupposti di non prevedibilità e inevitabilità del ritardo nel trasferimento della residenza, considerata la complessità della ristrutturazione, purchè l’autorizzazione amministrativa, come dimostrato e non contestato nel caso di specie, sia stata tempestivamente richiesta all’Ente Pubblico”.

Brevi note

La sentenza che si annota appare particolarmente interessante e si discosta dai precedenti relativi alla forza maggiore per lungaggini burocratiche.

Diverse sono state le sentenze della Cassazione che si sono occupate della causa di forza maggiore, che potrebbe scardinare la perentorietà.

Ma nella sentenza ultima che si annota, la Corte di Cassazione, si discosta dalla recente ordinanza n. 4800 del 10 marzo 2015 (ud. 5 febbraio 2015), che ha ritenuto che le lungaggini burocratiche di rilascio delle autorizzazioni edilizie per le opere di ristrutturazione prima e abitabilità poi non costituiscano cause ostative sopravvenute, imprevedibili e non evitabili dal contribuente. Infatti, “le lungaggini burocratiche non riescono ad integrare la forza irresistibile ostativa al trasferimento nel comune dov’è ubicato l’immobile oggetto delle agevolazioni”.

Peraltro, con la sentenza n. 17597/2012 la Suprema Corte aveva già negato le agevolazioni prima casa, in conseguenza del mancato trasferimento della residenza, nel comune dell’immobile acquistato, nel prescritto termine di diciotto mesi, pur in presenza di lungaggini burocratiche che ne hanno impedito il trasloco, e con la sentenza n.11614 del 15 maggio 2013 (ud. 28 novembre 2012) ha ritenuto priva di valore la richiesta di trasferimento della residenza se questa non venga effettivamente concessa dal Comune. Nel caso di specie, la contribuente non aveva stabilito la sua residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile nel termine previsto dalla norma, pur se aveva regolarmente presentato la richiesta di residenza, e che siffatta richiesta, in un primo tempo rigettata, era stata poi accolta, oltre il termine.

20 febbraio 2016

Gianfranco Antico