L’assegnazione agevolata di beni ai soci e la trasformazione in società semplice

Tutte le disposizioni agevolative atte a consentire l’assegnazione agevolata di beni ai soci e la trasformazione delle società commerciali in società semplici, a fronte dell’assolvimento di una ridotta imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi e dell’IRAP) e riduzione dell’imposta di registro.

L’assegnazione agevolata di beni ai soci e la trasformazione in società semplice  – Aspetti generali

La L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016) ha introdotto disposizioni agevolative atte a consentire l’assegnazione agevolata di beni ai soci e di trasformazione in società semplice delle società commerciali, a fronte dell’assolvimento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, con contestuale riduzione dell’imposta di registro.

Una delle ipotesi nelle quali la procedura si rende maggiormente vantaggiosa è quella della società non operativa [«di comodo»], cioè della gestione in forma di società commerciale di beni e attività di fatto non relativi a una gestione commerciale.

L’antecedente di questa nuova procedura è costituito dalle disposizioni della legge finanziaria 2007, riproposte nel 2008, che si rivolgevano alle sole società non operative.

Lo scioglimento agevolato del 2007

Come evidenziato anche nei lavori preparatori, e in particolare nella relazione tecnica, della legge di stabilità 2016, la legge finanziaria 2007 (L. 27.12.2006, n. 296, art. 1, cc. 111 e ss.) aveva introdotto, in via transitoria, una disciplina per lo scioglimento agevolato delle società non operative e la trasformazione delle stesse in società non commerciali.

Questa precedente procedura consentiva, appunto, scioglimento e trasformazione agevolate a fronte dell’assolvimento di un’imposta sostitutiva fissata dapprima al 25% e quindi, nella riedizione della successiva legge finanziaria 2008, al 10% per le imposte sui redditi e l’IRAP.

L’aliquota era invece del 10%, poi ridotta al 5%, per le riserve in sospensione di imposta.

La normativa richiamata escludeva dall’applicazione della presunzione di non operatività le società poste in liquidazione allo scopo di garantirsi la fuoriuscita dallo stato di società di comodo, secondo le disposizioni agevolative.

Rispetto a tale versione la procedura di assegnazione agevolata del 2016 si distingue perché consente di attribuire i beni ai soci, dietro pagamento di una imposta sostitutiva, anche senza scioglimento e anche se la società non è «di comodo»: essa si rivolge quindi a una platea prevedibilmente più ampia.

 

Il perimetro soggettivo

Secondo l’art. 1, c. 115, della L. 28.12.2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), la procedura di assegnazione agevolata può essere adottata:

  • dalle società commerciali (s.n.c., s.a.s., s.r.l., s.p.a., s.a.p.a.) che, entro il 30.9.2016, assegnano o cedono ai soci beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, o beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa;

  • a condizione che tutti i soci risultino iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30.9.2015, ovvero che vengano iscritti entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità, in forza di titolo di trasferimento avente data certa anteriore al primo ottobre 2015;

  • dalle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione dei predetti beni e che entro il 30.9.2016 si trasformano in società semplici.

 

L’imposta sostitutiva

Stabilisce il successivo comma 116 che sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati o, in caso di trasformazione, quello dei beni posseduti all’atto della trasformazione, e il loro costo fiscalmente riconosciuto, si applica un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP , con le seguenti aliquote:

  • società in generale: 8%;

  • società considerate non operative in almeno due dei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al momento dell’assegnazione, cessione o trasformazione: 10,5%.

Le riserve in sospensione d’imposta annullate per effetto dell’assegnazione dei beni ai soci e quelle delle società che si trasformano sono assoggettate a imposta sostitutiva nella misura del 13%.

Relativamente a questi aspetti si osserva che alle società considerate «di comodo», ai sensi all’art. 30 della L. n. 724/1994, per almeno due periodi di imposta su tre [nel triennio di osservazione 2013-14-15] viene applicata in sede di imposizione sostitutiva un’aliquota maggiore.

 

Qualche questione da risolvere

Dati i criteri accolti dal legislatore potrebbe essere necessario qualche chiarimento, stabilendo in particolare se:

  • rientrino nell’ipotesi predetta [di applicazione della maggiore aliquota] anche le società in perdita sistematica [di cui all’art. 2, commi da 36-quinquies a 36-duodecies, del D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla L. 14.9.2011, n. 148], che vengono considerate non operative nel periodo di imposta di riferimento [in ipotesi, 2015] se per almeno cinque periodi di imposta [nell’esempio: dal 2010 al 2014] hanno realizzato perdite fiscali, ovvero hanno realizzato perdite per quattro periodi di imposta nel quinquennio di osservazione, se il rimanente periodo è «non operativo»;

  • fuoriescano dal perimetro della maggiore aliquota le società per le quali sia stata ottenuta risposta favorevole dall’Agenzia delle Entrate a seguito della presentazione di interpello al direttore regionale.

 

Con riferimento all’ultima questione sopra individuata, si osserva che, a seguito della riforma fiscale del 2015 (D.Lgs. n. 156/2015, innovativo dell’art. 11 della L. n. 212/2000, nonché decreto «sanzioni» n. 158/2015):

  1. l’istanza di disapplicazione non è più obbligatoria per le società non operative (snop);

  2. apparentemente, in attesa di successive modifiche o indicazioni, essa potrebbe essere ancora obbligatoria per le società in perdita sistemica (sps);

  3. i soggetti non operativi secondo le disposizioni dell’art. 30 della L. n. 724/1994 sono tenuti a fornire di ciò adeguata comunicazione in dichiarazione dei redditi [con riferimento ai periodi di imposta dal 2015 in poi per i soggetti solari];

  4. l’omissione o incompletezza della comunicazione rende applicabile una sanzione fissa da 2.000 a 21.000 euro (per effetto del comma 3-quinquies dell’art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997, inserito dall’art. 15, c. 1, lett. h, n. 4, del D.Lgs. n. 158/2015: detta sanzione colpisce in generale le omissioni o incompletezze dei dati della dichiarazione).

 

A parere di chi scrive, l’omessa esplicita menzione delle società in perdita sistemica sia tra le ipotesi di maggiorazione dell’aliquota sostitutiva, sia tra le fattispecie in cui l’interpello (ora ridefinito come «probatorio» ai sensi dell’art. 11, c. 1, lett. b, della L. n. 212/2000 è ancora obbligatorio) potrebbe rappresentare una tacita inclusione delle sps, la cui disciplina di riferimento richiama direttamente quella delle snop.

Insomma: in mancanza di chiarimenti al riguardo, dovremmo poter ritenere che quando il legislatore si riferisce alle società non operative, parli anche delle società che vengono considerate non operative «in quanto» sono in perdita sistemica.

Per quanto concerne invece le società che abbiano ricevuto risposta favorevole in seguito a interpello (sia in regime di «obbligatorietà», ante D.Lgs. n. 156/2015, sia nella vigenza delle nuove disposizioni, decorrenti dal primo gennaio 2016), si ritiene che questi soggetti non possano ritenersi «di comodo»: per essi dovrebbe quindi essere applicata l’aliquota sostitutiva dell’8%.

 

Il valore normale (definizione)

accertamento fiscale in base al valore normale dell'immobileIl valore normale si presenta in ambito fiscale come un sistema per la determinazione dei corrispettivi fondato sulla «registrazione» dei valori consueti delle transazioni che avvengono in normali condizioni di mercato, tra soggetti indipendenti.

Tale concetto non sembra differenziarsi molto, a livello generale, in ragione del settore impositivo (IVA o imposte sui redditi).

Nel settore delle imposte sui redditi, la nozione di valore normale si ricava dall’art. 9, c. 3, del TUIR, ove è affermato che si tratta (salvo quanto stabilito nel quarto comma per azioni, obbligazioni e altri titoli) del prezzo o del corrispettivo

«mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi».

È altresì stabilito che «per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore».

Relativamente all’IVA, invece, l’art. 14, c. 3, del D.P.R. n. 633/1972, dispone che

«per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l’operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi».

Il comma 4 dell’articolo stabilisce – in termini del tutto analoghi a quanto previsto per le imposte sui redditi – che «per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell’impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della Camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali e ai listini di borsa».

 

Il valore normale degli immobili

Il comma 117 dell’articolo stabilisce che il valore normale:

  • per gli immobili, su richiesta della società e nel rispetto delle condizioni prescritte, può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione all’ammontare delle rendite risultanti in catasto dei moltiplicatori determinati con i criteri e le modalità previsti dal primo periodo del comma 4 dell’art. 52 del TU dell’imposta di registro [D.P.R. n. 131/1986];

  • in caso di cessione, ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva, il corrispettivo della cessione, se inferiore al valore normale del bene, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR, o in alternativa, secondo i moltiplicatori catastali, è computato in misura non inferiore ad uno dei due valori [insomma, viene applicato il minore tra il VN secondo il TUIR e secondo il criterio catastale].

Si rammenta che i moltiplicatori applicabili sono i seguenti: 100 per le unità classificate nei gruppi catastali A,B,C; 50 e 34 per quelle classificate rispettivamente nelle categorie catastali A/10 e C/1; 50 e 34 per quelle classificate rispettivamente nelle categorie catastali D ed E; 75 per i terreni escluse le aree edificabili. Detti moltiplicatori sono stati innalzati del 20% e di un ulteriore 40% per la categoria catastale B.

 

Le società semplici secondo il codice civile

La possibilità di trasformazione delle società commerciali in società semplici rende necessaria qualche puntualizzazione su tale ultima tipologia societaria e sulle sue caratteristiche generali.

Il contratto di società è il negozio in base al quale due o più persone (fisiche o giuridiche) conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica, allo scopo di dividerne gli utili (art. 2247 c.c.).

Dallo schema elementare del contratto di società originano i vari tipi di società, i quali, se finalizzati all’esercizio di attività commerciale, devono costituirsi secondo le disposizioni degli artt. 2291 e ss. c.c.; se si tratta invece di soggetti aventi oggetto non commerciale, essi devono adottare la forma della società semplice (art. 2249 c.c.).

Nel contesto delle operazioni di trasformazione cui le società possono essere assoggettate, qualche problematica peculiare si accompagna al tema della trasformabilità da e verso le società semplici.

Tali soggetti non sono infatti «abilitati» all’esercizio di attività commerciale (art. 2249 cc. 1 e 2 c.c.), pur costituendo, per così dire, l’«embrione» normativo delle società personali.

Per la stipula del contratto di società semplice non si richiedono forme particolari (art. 2251 c.c.), sicché è sufficiente anche il «fatto concludente», senza espresse deliberazioni scritte o verbali.

Nei fatti, tale tipologia societaria è risultata adottabile, oltre che per le attività agricole, per la gestione immobiliare a scopo di mero godimento.

In tale prospettiva risulta di fatto consentito il mantenimento di società semplici con le caratteristiche delle società «di comodo»: tali soggetti, infatti, non consentendo l’ammissione al regime del reddito d’impresa e lo specifico trattamento IVA delle attività commerciali, sono state ritenute non suscettibili di produrre effetti sfavorevoli per le ragioni erariali.

Non sembrano sussistere ostacoli espliciti o impliciti per la trasformazione di una società semplice sia in altre forme societarie a base personale, sia in società di capitali, con l’avvertenza che, in molti casi, avverrà però la contestuale variazione dell’oggetto sociale.

In particolare, l’oggetto sociale deve per forza mutare se la società semplice è trasformata in società «ordinaria», che esercita attività commerciale (S.n.c., S.a.s., S.p.a., S.a.p.a., S.r.l.). Si rammenta però che, ai sensi dell’art. 2249, c. 2, c.c., le attività diverse da quelle commerciali possono essere esercitate anche adottando una forma societaria non «semplice»: in tale evenienza, potrebbe accadere che la società semplice si trasformi in società personale o di capitali mantenendo il proprio oggetto sociale.

 

Il costo fiscale delle azioni

Secondo il comma 118 dell’articolo 1 in rassegna, il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute dai soci delle società trasformate va aumentato della differenza assoggettata a imposta sostitutiva.

 

L’imposta di registro

Il comma 119 dell’articolo 1 della legge di stabilità dispone che per le assegnazioni e le cessioni ai soci le aliquote dell’imposta proporzionale di registro eventualmente applicabili sono ridotte alla metà e le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.

Si osserva che l’aliquota ordinaria vigente per queste ipotesi [trasferimenti di immobili] è del 9% (cfr. art. 1, Tariffa parte I allegata al D.P.R. n. 131/198): conseguentemente, l’aliquota ridotta in sede di procedura agevolata è pari al 4,5%.

 

Il versamento dell’imposta sostitutiva

Il comma 120 stabilisce che le società che aderiscono alla procedura devono versare:

  • il 60% dell’imposta sostitutiva entro il 30.11.2016;

  • il rimanente 40% entro il 16.6.2017, con i criteri di cui al D.Lgs. 9.7.1997, n. 241.

Per la riscossione, i rimborsi ed il contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi.

 

Le possibilità delle imprese individuali

Secondo il comma 121, l’imprenditore individuale che alla data del 31.10.2015 possiede beni immobili strumentali può, entro il 31.5.2016, optare per l’esclusione dei beni stessi dal patrimonio dell’impresa, con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° gennaio 2016, mediante il pagamento di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP nella misura dell’8% della differenza tra il valore normale di tali beni e il relativo valore fiscalmente riconosciuto. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi da 115 a 120.

Si ritiene che tra le norme compatibili possa operare anche quella relativa all’aliquota maggiorata [10,5%] in caso di società non operative.

 

Permane la tassazione sugli utili in natura

Nei confronti dei soci assegnatari non si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, secondo periodo, e da 5 a 8 dell’articolo 47 del TUIR. Tuttavia, il valore normale dei beni ricevuti, al netto dei debiti accollati, riduce il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.

Si osserva al riguardo che le disposizioni succitate rendono non applicabili alcuni commi dell’art. 47 del TUIR sulla tassazione degli utili, lasciando indenne però, tra gli altri, il primo periodo del comma 1 di tale articolo, che prevede la tassazione delle assegnazioni in qualità di utili in natura.

La disapplicazione dell’art. 47, c. 1, secondo periodo del TUIR relativo alla presunzione di distribuzione prioritaria degli utili, permetterà di attingere liberamente alle riserve della società, con il vantaggio di poter utilizzare per prime le riserve di capitali, le quali non determinano la tassazione del socio, ma la sola riduzione del costo fiscale della partecipazione detenuta nella società assegnante.

Per le riserve di utili, la cui assegnazione rimane tassabile in capo al socio, la tassazione rimarrebbe soggetta alle regole ordinarie.

L’assegnazione qualificantesi come «utile in natura», ad esempio di i milione di euro [corrispondente a uno o più beni immobili della società], verrebbe assoggettata a imposta sostitutiva per la differenza tra il valore normale e il costo fiscalmente riconosciuto [ad esempio, 1 milione – 300.000], mentre fino a concorrenza del costo storico [300.000] si applicherebbe la ritenuta a titolo di imposta del 26% se il socio non è qualificato, ovvero del 49,72% se il socio è qualificato.

 

19 gennaio 2016

Fabio Carrirolo