Indagini finanziarie: nei conti intrattenuti entrano i conti cointestati con il coniuge

qualora l’accertamento si fondi su verifiche di conti correnti bancari si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario

Con la sentenza n. 20981 del 16 ottobre 2015 (ud. 22 settembre 2015) la Corte di Cassazione ha confermato che “in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’accertamento effettuato dall’ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, secondo il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, mentre si determina un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili, fornendo, a tal fine, una prova non generica, ma analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili (Cass. 4 agosto 2010, n. 18081; 13 giugno 2007, n. 13818; 18 settembre 2013, n. 21303; 26 gennaio 2007, n. 1739)”.

La Corte, inoltre, in ordine al conto cointestato con il coniuge, ricorda che l’art. 51, del D.P.R. n. 633/72, “consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti su conti bancari anche se si tratta di conti cointestati al contribuente e ad altro soggetto ed anche se acquisiti tramite la Guardia di Finanza, atteso che i movimenti bancari, per i quali il comma 2, nn. 2 e 7 di detta norma contempla il potere dell’Ufficio di acquisire notizie dagli istituti di credito e di presumere il riferimento ad operazioni tassabili in assenza di prova contraria, sono quelli dei conti intrattenuti dal contribuente, vai a dire dei conti le cui poste attive o passive siano al medesimo imputabili, e tali caratteri sussistono anche per i conti congiuntamente intestati al contribuente e ad un terzo, non toccando la cointestazione, nei rapporti esterni, la posizione di ciascuno dei cointestatari di creditore o debitore, rispetto a tutte le operazioni annotate (Cass. 21 giugno 2001, n. 8457; si vedano anche Cass. 18 aprile 2003, n. 6232; 6 dicembre 2011, n. 26173; 30 novembre 2012, n. 21420). Il mero riferimento dunque alla contitolarità di un conto con il coniuge non impiegato nell’azienda ed alla commistione tra consumi familiari e attività della ditta non vale ad escludere l’operatività della presunzione legale”.

Il punto giurisprudenziale

Una volta ritenuto che le norme sull’utilizzo delle indagini finanziarie pongano delle presunzioni legali relative di rilevanza reddituale delle movimentazioni finanziarie annotate nei conti, sorge l’inversione dell’onere della prova analitica, operazione per operazione, in capo al contribuente.

Dal punto di vista fiscale sono direttamente utilizzabili, ai fini dell’accertamento e della presunzione, i dati ed elementi tratti da conti correnti contestati al contribuente accertato, non toccando la cointestazione, nei rapporti esterni, la posizione di ciascuno dei cointestatari rispetto a tutte le operazioni annotate (Cass. 21 giugno 2001, n. 8457)1. Infatti, osserva la Corte nella citata sentenza n.8457/2001, “i movimenti bancari, per i quali l’art.51, comma 2, nn. 2) e 7) del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 contempla il potere dell’ufficio di acquisire notizie dagli istituti di credito e di presumere il riferimento ad operazioni tassabili in assenza di prova contraria, sono quelli dei conti intrattenuti dal contribuente, vale a dire dei conti le cui poste attive o passive siano al medesimo imputabili. Tali caratteri sussistono anche per i conti congiuntamente intestati al contribuente e ad un terzo, dato che la cointestazione non tocca, nei rapporti esterni, la posizione di ciascuno del cointestatari di creditore o debitore, rispetto a tutte le operazioni annotate. L’interpretazione trova conferma nella ratio della norma, perché la presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili si correla ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilità (id quod plerumque accidit) che il contribuente si avvalga del conto di cui possa disporre per le rimesse od i prelevamenti inerenti all’esercizio della propria attività, e trova così basi logiche indipendenti dall’eventuale concorso della facoltà di un altro soggetto di utilizzare lo stesso conto (il cui esercizio nel caso concreto potrà essere addotto in via di prova contraria alla presunzione)”.

Principi, peraltro, espressi di recente dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4585/2015, che ha esaminato la problematica relativa ai conti correnti cointestati2, affermando che a fronte della presunzione legale normativamente prevista, “il contribuente è onerato di fornire la prova contraria, anche attraverso presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto a individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purchè grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari cointestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. 22502/2011). La presunzione di riferibilità dei movimenti bancari ad operazioni imponibili si correla, infatti, ad una valutazione del legislatore di rilevante probabilità che il contribuente si avvalga del conto corrente bancario per effettuare operazioni inerenti all’esercizio dell’attività professionale (Cass. 13035/12). Orbene tali principi devono ritenersi applicabili anche all’attività svolta dai lavoratori autonomi, ed ai versamenti effettuati dal coniuge cointestatario del conto corrente, gravando anche in tal caso sul contribuente l’onere di provare che i versamenti effettuati dal coniuge sul conto cointestato sono estranei all’attività professionale del contribuente. Ed invero, come questa Corte ha già affermato, una volta dimostrata la pertinenza del conto corrente all’attività professionale del contribuente, tutti i versamenti effettuati su detto conto corrente, ancorchè materialmente effettuati dal coniuge, si presumono inerenti alla suddetta attività professionale, salva prova contraria a carico del contribuente (Cass. 21420/2012)”.

Ed ancora, con l’ordinanza 15 settembre 2015, n. 18125, la Corte di Cassazione ha confermato che spetta al contribuente verificato provare le movimentazioni, anche nel caso di conto cointestato con la madre, pur avendo quest’ultima notevoli disponibilità finanziarie. In sintesi: fermo restando la prova analitica, e che i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo, quale che sia la natura dell’attività svolta, il contribuente “è sì ammesso anche il ricorso alle presunzioni semplici ma le stesse devono essere sottoposte ad attenta verifica da parte del giudice, il quale è tenuto ad individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (Cass. 22502/2011 richiamata da Cass.4585/15)”.

L’effetto presuntivo e, conseguentemente, l’obbligo del contribuente di fornire la prova liberatoria in maniera puntuale e specifica, vale per tutti i rapporti finanziari intrattenuti dal contribuente stesso, ancorché cointestati con terzi, soprattutto ove si tratti di congiunti, dal momento che il vincolo familiare è da ritenersi sufficiente per suffragare l’attribuzione delle operazioni rilevate dalla documentazione all’attività del contribuente sottoposto ad attività ispettiva (Cass. nn. 20858/2007 e 18372/2007).

Il medesimo effetto presuntivo e la conseguente necessità di fornire una prova contraria precisa, sono stati riconosciuti dalla stessa Cassazione, nelle sentenze n. 7957 del 15 marzo 2007 e n. 23861 del 24 aprile 2007, anche nel caso di rapporti finanziari intestati a terzi su cui il contribuente sottoposto ad attività ispettiva normalmente operi sulla base di delega dell’intestatario, soprattutto ove questo sia un familiare e non si dimostri che il potere di disposizione del rapporto finanziario sia stato conferito per circostanze specifiche e giustificabili.

Infatti, osserva la Cassazione (sentenza n. 8683/2002) non vi sono dubbi sul fatto che l’indagine sul conto cointestato è legittimata se i coniugi sono co-dichiaranti, “…ma risulta del pari legittima siffatta indagine in ragione della connessione e della inerenza del conto intestato al coniuge al (conto intestato al) contribuente. Se la legge consente l’acquisizione delle garanzie prestate da terzi, a maggior ragione è consentita l’acquisizione di dati relativi a conti correnti del coniuge“.

28 gennaio 2016

Gianfranco Antico

1 Il conto corrente cointestato è un normale conto corrente bancario, intestato a due o più titolari (spesso a marito e moglie). La cointestazione permette a tutti gli intestatari del conto di accedere al denaro depositato e di disporne la movimentazione. Il conto può essere a firma congiunta (doppia firma) ovvero a firma disgiunta. I conti a firma congiunta richiedono la firma, e quindi la presenza, di tutti i titolari per poter effettuare operazioni di prelievo, emissione di assegni, disposizione di bonifici e altri servizi, secondo le procedure che sono stabilite a questo riguardo in ogni contratto. I conti a firma disgiunta consentono invece a ogni cointestatario di disporre liberamente e separatamente del conto, utilizzandolo per movimentare denaro, emettere assegni o disporre bonifici senza bisogno di alcuna autorizzazione da parte degli altri titolari del conto. L’art. 1854 c.c. prevede che “Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto”. In pratica, se in presenza di un conto corrente cointestato, tutti i cointestatari sono considerati in solido debitori o creditori dei residui al momento della chiusura del conto, i medesimi soggetti sono contitolari (a debito o a credito) anche delle somme presenti sul conto durante la vita del conto. A sua volta, l’art. 1298 c.c. prevede che “Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente”.

2 In particolare se la presunzione ex artt. 2727 e 2728 c.c., contenuta nell’art. 32 c. 1 n. 2 Dpr 600/73, e la conseguente inversione dell’onere della prova, ex art. 2728 c.c., si applica solo ove l’Amministrazione finanziaria dia prova del fatto noto dei versamenti effettuati dal contribuente sottoposto a verifica o si applichi anche ai versamenti di cui non si sia raggiunta la prova dell’effettuazione da parte del contribuente sottoposto a verifica. La contribuente lamenta, infatti, che la CTR abbia considerato non soltanto i versamenti effettuali direttamente dalla contribuente ma anche quelli effettuali dal coniuge, escludendo unicamente gli stipendi del medesimo.