Compravendite immobiliari: importanza della nozione dell'impresa costruttrice

la nozione di impresa costruttrice è fondamentale al fine di individuare le modalità di tassazione dei trasferimenti di fabbricati ai fini Iva posti in essere dai soggetti passivi: un riassunto delle regole in vigore

 

La nozione di impresa costruttrice è fondamentale al fine di individuare le modalità di tassazione dei trasferimenti di fabbricati ai fini Iva posti in essere dai soggetti passivi. In particolare, le cessioni di fabbricati abitativi e di fabbricati aventi una diversa classificazione catastale quali, ad esempio, negozi, capannoni, etc. devono essere assoggettate ad Iva se poste in essere “dalle imprese costruttrici degli stessi … entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione …”. La previsione è contenuta nell’art. 10, c. 1, nn. 8 – bis e 8 – ter, del D.P.R. n. 633/1972.

Le operazioni poste in essere da imprese non costruttrici sono esenti da Iva o imponibili (per i fabbricati diversi da quelli di tipo abitativo) a seguito dell’esercizio dell’opzione (cfr il n. 8 – ter cit.). In quest’ultimo caso dovrà obbligatoriamente essere applicato il meccanismo del reverse charge qualora l’acquirente sia un soggetto passivo ai fini Iva.

 

L’Agenzia delle entrate ha fornito una definizione puntuale di impresa costruttrice ai sensi delle disposizioni citate. In particolare, le “imprese costruttrici” si identificano nei soggetti ai quali risulta intestato il provvedimento amministrativo in forza del quale ha luogo la costruzione o la ristrutturazione del fabbricato. Più specificamente, ai fini dell’imponibilità prevista dal legislatore, possono considerarsi “imprese costruttrici”, oltre alle imprese che hanno realizzato direttamente i fabbricati oggetto di cessione con l’organizzazione e mezzi propri, anche quelle che si avvalgono di imprese terze per l’esecuzione dei lavori (Circ. Agenzia delle entrate n. 22/E del 28 giugno 2013).

Ad esempio si considera impresa “costruttrice” l’impresa appaltante che realizza il fabbricato ricorrendo (non avendo mezzi e uomini), ad un’impresa appaltatrice. In questo caso la qualifica di impresa costruttrice è rinvenibile esclusivamente in capo al soggetto appaltante. Invece l’appaltatrice svolge un’attività di servizi che però non consente di attribuire alla stessa la qualifica di impresa costruttrice. Le imprese appaltatrici svolgono, infatti, un’attività di servizi meramente strumentale all’attività di costruzione delle imprese appaltanti.

La stessa Agenzia delle entrate ha precisato ulteriormente che “coerentemente con i criteri interpretativi elaborati dalla prassi amministrativa, per impresa costruttrice deve intendersi anche l’impresa che occasionalmente svolge l’attività di costruzione di immobili”. In buona sostanza “Si è, altresì, in più occasioni rilevato come la qualificazione di impresa costruttrice sia una qualità ricollegata ad un dato di fatto (la costruzione, appunto, dell’immobile) e non a particolari riconoscimenti formali, dovendosi prescindere anche dall’attività svolta in via principale o prevalente dall’impresa o dal suo oggetto sociale, potendo la qualità di impresa costruttrice spettare in relazione ad un’attività di costruzione svolta occasionalmente” (cfr Studio della Commissione Tributaria del Notariato n. 149–bis del 17 dicembre 1993).

E’ irrilevante che la predetta impresa sia in possesso di un codice Ateco 2007, che individui l’attività esercitata ed indicato in sede di attribuzione del numero identificativo (di partita Iva), corrispondente al settore dell’edilizia e specificamente relativo all’attività di costruzione di immobili.

 

Secondo quanto precisato dalla citata Circ. n. 22/E del 2013 l’impresa “costruttrice” deve essere intestataria del “provvedimento amministrativo in forza del quale ha luogo la costruzione” del fabbricato. Tuttavia, tale indicazione risulta oramai superata dall’evoluzione della normativa urbanistica. L’affermazione contenuta nel citato documento di prassi risale ad un periodo precedente rispetto all’approvazione del c.d. “decreto del fare” (D.L. 21 giugno 2013, n. 69) e del decreto c.d. “sblocca Italia” (D.L. 12 settembre 2014, n. 133). A seguito dell’approvazione dei due Decreti sopra indicati in taluni casi è possibile ottenere la qualificazione di impresa costruttrice pur in mancanza di un permesso a costruire formalmente intestato al soggetto costruttore.

Tale circostanza si verifica, ad esempio, nel caso della super DIA che, nella sostanza, è un’autodichiarazione del committente dei lavori accompagnata da una relazione asseverata da un tecnico. Trattandosi di un’autodichiarazione e non di un provvedimento rilasciato da un Comune e formalmente intestato al soggetto interessato è possibile, in taluni casi, attribuire la qualificazione di impresa costruttrice all’impresa che di fatto ha costruito l’immobile oggetto di cessione. Infatti, la super DIA può essere utilizzata in alternativa al permesso a costruire per la realizzazione di interventi di nuova costruzione disciplinati da piani attuativi comunque denominati, che contengano precise disposizioni plano – volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti. Analogamente l’impresa può realizzare interventi di nuova costruzione in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni planovolumetriche.

La nozione di impresa costruttrice è altresì trasferibile nell’ipotesi di conferimento di azienda. Secondo quanto affermato dall’Agenzia delle entrate con la Risoluzione n. 93/E del 23 aprile 2003 si considera tale la conferitaria dei fabbricati oggetto di successiva cessione. La medesima soluzione riguarda anche le operazioni di fusione. Più in generale la medesima soluzione dovrebbe riguardare anche le altre operazioni che determinano trasformazioni sostanziali soggettive quali, ad esempio, le scissioni, trasformazioni, cessioni o donazioni di azienda, successioni ereditarie, etc. In questo caso “sono trasferiti alla società conferitaria tutti i rapporti attivi e passivi già facenti capo alla conferente e relativi all’attività svolta con il complesso aziendale ceduto”.

4 settembre 2015

Nicola Forte