Contribuenti minimi: vale il comportamento concludente?

i contribuenti che vogliono aderire al regime agevolato dei minimi nel 2015 devono obbligatoriamente indicare l’opzione in sede di apertura della partita IVA oppure è sufficiente il comportamento concludente?

 

L’Agenzia delle entrate ha chiarito con la Risoluzione n. 67/E del 23 luglio scorso quali comportamenti debbano essere correttamente assunti dai contribuenti che all’inizio dell’anno 2015 hanno applicato il regime ordinario, ma successivamente si sono avvalsi (nello stesso anno) del regime dei superminimi per effetto della possibilità prevista dal c.d. decreto milleproroghe.

I dubbi riguardavano la mancata comunicazione dellala scelta effettuata nel modello A/7 presentato ai sensi dell’art. 35 del Decreto Iva. Inoltre le prime fatture dell’anno sono state emesse con l’addebito dell’Iva.

 

Tale situazione si è verificata a seguito delle modifiche intervenute con l’approvazione della legge di stabilità del 2015. A seguito di quanto previsto dall’art. 1, c. 88, il regime fiscale dei c.d. superminimi può essere applicato fin quando i relativi effetti si esauriscano. La disposizione citata dispone: “I soggetti che nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto – legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, possono continuare ad avvalersene per il periodo che residua al completamento del quinquennio agevolato e comunque fino al compimento del trentacinquesimo anno di età”.

Secondo questa previsione iniziale, la possibilità di continuare ad applicare il predetto regime riguardava esclusivamente i soggetti già in attività (entro il termine dell’anno 2014). Viceversa i contribuenti che iniziavano l’attività dall’1 gennaio 2015 in avanti avevano come unica possibilità, ove in possesso dei relativi requisiti, di avvalersi del nuovo regime forfetario previsto dall’art. 1, cc. da 54 a 89 della legge n. 190/2014. In alternativa tali soggetti avrebbero potuto optare per l’applicazione del regime ordinario.

 

Il caso preso in esame della risoluzione riguarda proprio un contribuente che non essendo in possesso dei requisiti previsti per avvalersi del nuovo regime forfetario ha applicato il regime ordinario. Tuttavia, i dubbi sono nati in quanto dopo l’attribuzione della partita Iva, è entrata in vigore la disposizione recata dall’art. 10, c. 12-undecies, del D.L. n. 192 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 11 del 2015, che consente a coloro che hanno iniziato l’attività nel 2015 di avvalersi del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (di cui all’art. 27, cc. 1 e 2, del D.L. n. 98 del 2011). Il contribuente, all’atto della richiesta di attribuzione della partita Iva non ha comunicato di volersi avvalere del regime dei minimi in quanto in quel momento tale scelta sarebbe stata preclusa in base alle disposizioni all’epoca in vigore. La preoccupazione, quindi, era di aver omesso un adempimento importante. Tuttavia, come si è verificato nel caso in esame, chi ha iniziato l’attività prima del 29 febbraio 2015, cioè prima della data di entrata in vigore della legge di conversione (L. n. 11/2015), non poteva sapere che entro breve il legislatore avrebbe previsto nuovamente la possibilità di accedere ancora al regime dei superminimi. In ogni caso l’opportunità riguarda esclusivamente i contribuenti che hanno iniziato un’attività nel 2015 e non coloro che in attività già dal 2014 (o negli anni precedenti) intendevano applicare il regime dei minimi dal nuovo anno.

L’Agenzia delle entrate preliminarmente chiarisce che la mancata manifestazione di volontà (in sede di inizio dell’attività), riguardante la scelta del regime dei superminimi è ininfluente. Oltre alla circostanza che il contribuente non avrebbe potuto prevedere la scelta del legislatore, l’Agenzia delle entrate ha precisato che la validità delle opzioni rimane subordinata ai comportamenti concludenti (D.P.R. n. 442/1997). Pertanto, al fine di porre riparo all’omissione il contribuente può comunque comunicare l’opzione per il regime fiscale di vantaggio all’interno della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta 2015, da presentarsi entro il 30 settembre del 2016. In tale ipotesi dovrà essere allegato alla dichiarazione il quadro VO della dichiarazione Iva con la comunicazione dell’opzione. La stessa Amministrazione finanziaria puntualizza che in linea di principio, ferma restando la validità dell’opzione, potrebbero al massimo essere irrogate le relative sanzioni. Tuttavia, tale possibilità sembra più teorica che concreta ed in ogni caso il contribuente avrebbe gioco facile nell’eventuale difesa. Infatti, sarebbe oltre modo agevole sostenere che l’omissione della opzione trae origine esclusivamente dall’impossibilità di avvalersi del regime dei minimi nel momento in cui è stata richiesta l’attribuzione del numero di partita Iva. Pertanto, l’omissione non è il frutto di un comportamento negligente, ma è dovuta esclusivamente alla circostanza che il legislatore ha approvato definitivamente la modifica normativa in commento il 29 febbraio 2015, con effetto retroattivo all’inizio dello stesso anno.

Il contribuente, al fine di esercitare la suddetta opzione, potrà, entro trenta giorni dalla pubblicazione della risoluzione (23 luglio 2015) o entro la prima liquidazione Iva successiva se la stessa scade dopo il predetto termine, apportare le opportune rettifiche dei documenti emessi con addebito dell’imposta.

 

In particolare, ai sensi degli articoli 26, terzo e quarto comma, e 21, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, “per le operazioni attive potrà emettere nota di variazione (da conservare, ma senza obbligo di registrazione ai fini Iva) per correggere l’attribuzione dell’Iva in rivalsa al cessionario o committente, che a sua volta è tenuto a registrare la nota di variazione, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa. L’istante dovrà, inoltre, effettuare la variazione in aumento dell’Iva sugli acquisti detratta nel primo trimestre. L’eventuale eccedenza di imposta versata e non dovuta potrà essere chiesta a rimborso ai sensi dell’art. 21 del D.lgs. n. 546 del 1992”.

29 luglio 2015

Nicola Forte