E' inesistente il ricorso per cassazione consegnato direttamente all'Ufficio

al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme del codice di procedura civile e di conseguenza la diretta consegna di tale ricorso, ad opera del ricorrente o del suo difensore, all’impiegato addetto all’Ufficio comporta l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 25395 del 1 dicembre 2014, ha affermato che la notifica mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto, che ne rilascia ricevuta sulla copia, è prevista dalla legge solo per le notifiche degli atti del giudizio tributario, mentre, ex D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 2, al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme del codice di procedura civile, in quanto compatibili con quelle dello stesso decreto.

Pertanto, la diretta consegna di tale ricorso, ad opera del ricorrente o del suo difensore, all’impiegato addetto all’Ufficio comporta l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica. 

La consegna diretta del ricorso per cassazione all’ufficio, pertanto, non essendo prevista dallo schema legale tipico della notificazione fissato dal codice di procedura civile, deve considerarsi giuridicamente inesistente.

Nel caso all’attenzione della Corte, un contribuente ricorreva per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, confermando sul punto la pronuncia di primo grado, aveva rigettato la domanda di rimborso Irpef avanzata con riferimento alle ritenute effettuate dal suo datore di lavoro sulle somme corrisposte quale incentivo alle dimissioni.

 

La suprema Corte, come detto, ha dichiarato il ricorso inammissibile, perché non notificato “nelle forme di cui all’art. 137 c.p.c. e segg., o delle speciali disposizioni di cui alla L. n. 53 del 1994“, bensì soltanto consegnato al front-office dell’ufficio parte del giudizio di merito, che ne aveva rilasciato ricevuta.

Ciò in quanto, si legge nella pronuncia, mentre per la notifica degli atti relativi alle fasi di merito del giudizio la consegna diretta dell’atto all’ufficio o ente impositore è prevista dalla legge, invece, il ricorso per cassazione va notificato “nelle forme del codice di procedura civile salvo il disposto della L. n. 53 del 1994 (in base alla quale l’avvocato, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 cpc e dell’autorizzazione del consiglio dell’Ordine nel cui albo è iscritto, “può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale, secondo le modalità previste dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, salvo che l’autorità giudiziaria disponga che la notifica sia eseguita personalmente“)…”.

Il decreto legislativo 546/1992, dettando le regole sul processo dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali e regionali, prevede quindi, all’articolo 16, una disciplina sulle notificazioni connotata da alcuni aspetti di specialità rispetto a quella del rito civile.

Nel processo tributario, in particolare, la notifica, oltre che secondo le regole generali fissate dagli articoli 137 e seguenti cpc, in base al comma 3 del citato articolo 16, può essere eseguita anche in via diretta, ovvero senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario o di altro agente notificatore, sia (per entrambe le parti) a mezzo del servizio postale, “mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto“, sia (per il contribuente) mediante “consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta…“.

Per quanto riguarda invece la fase di legittimità, l’articolo 62, comma 2, del Dlgs 546/1992, stabilisce che “Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le regole dettate dal codice di procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto“.

La pronuncia in esame, del resto, ribadisce quanto già affermato anche in passato, quando i giudici di legittimità avevano stabilito che la semplice consegna del ricorso per cassazione all’ufficio “non è sicuramente equipollente ad una notificazione…” (Cassazione, 11620/2009 e 1384/2011).

Del resto, analogamente, per quanto riguarda il caso, speculare a quello in esame, di inesistenza della notifica del ricorso per cassazione effettuata dall’Agenzia delle Entrate tramite i messi autorizzati di cui al quarto comma del medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, la stessa Cassazione, con la sentenza 21216/05, aveva affermato che “In tema di contenzioso tributario, i messi speciali degli uffici finanziari hanno potere di effettuare validamente notifiche, ove debitamente autorizzati ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 16, comma 4, nell’ambito del procedimento speciale dinanzi alle commissioni tributarie, ma sono privi di qualsiasi potere notificatorio nell’ambito del procedimento per cassazione (anche se in materia tributaria), che è regolato esclusivamente dalle norme di carattere generale ed in particolare dal codice di procedura civile”.

Resta solo da riflettere, semmai, in ordine a quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 5.10.2004 n. 19854, con la quale i giudici di legittimità hanno statuito che il vizio di notifica è da ritenersi sanato quando è provata la piena conoscenza dell’atto.

Secondo la stessa Cassazione, però, anche tale “sanatoria” non si verifica qualora la notificazione sia inesistente, laddove per ipotesi di inesistenza della notifica, sempre in base alle pronunce emesse dalla giurisprudenza di legittimità, devono intendersi quelle in cui manca quel minimo di requisiti costitutivi per ricondurre il fenomeno nella categoria delle notificazioni.

E ad esempio si ha inesistenza qualora “la notifica manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in modo assolutamente non previsto dalla legge, perché avvenuta in un luogo o con riguardo a persona che non abbiano attinenza alcuna con il destinatario dell’atto” (Cass. 30.11.2005 n. 26178; Cass. 23.12.2005 n. 28704).

Se dunque il principio “di base” che il codice di procedura civile pone in materia si fonda sulla “economia degli atti processuali”, il cui corollario, in base al comma 3 dell’art. 156 del codice di procedura civile, è appunto che la nullità non può comunque essere pronunciata nel caso in cui l’atto (pur viziato) abbia raggiunto lo scopo cui era destinato, è vero però anche che solo le fattispecie della nullità risultano sanabili. Mentre, in caso di inesistenza (come appunto rilevata dalla Cassazione anche nel caso in esame) alcuna sanatoria potrà mai essere ammessa.

14 febbraio 2015

Giovambattista Palumbo