La procedura di voluntary disclosure e il nuovo reato di AUTO-RICICLAGGIO

la procedura di voluntary disclosure nasconde vantaggi ed insidie per i contribuenti che detengono attività non dichiarate all’estero: i possibili vantaggi, i rischi di sanzione, l’incrocio pericoloso col nuovo ravvedimento operoso ed il nuovo reato di autoriciclaggio

Aspetti generali

La nuova procedura di emersione e rientro dei capitali detenuti all’estero (c.d. voluntary disclosure) consiste in una definizione agevolata che consente ai contribuenti di regolarizzare la disponibilità di investimenti illecitamente detenuti all’estero e delle connesse violazioni che altrimenti risulterebbero sanzionabili secondo le disposizioni che regolano il monitoraggio fiscale.

Essa è strettamente collegata alla contestuale attuazione di accordi con alcuni Stati che al momento sono inclusi nelle «black list» di cui al D.M. 4.5.1999 (relativo alla residenza delle persone fisiche) e al D.M. 21.11.2001 (relativo alle società controllate e collegate estere – CFC).

In sostanza, la fuoriuscita di questi Stati (tra i quali per i contribuenti italiani spicca la Confederazione Elvetica) dalle black list consentirà, mediante la procedura in esame, di regolarizzare la disponibilità di somme all’estero eliminando quindi il rischio di incorrere in controlli fiscali (consentiti grazie alle procedure di scambio di informazioni).

La voluntary disclosure (VD) è prevista dalla L. 15.12.2014, n. 186, in vigore dal 1° gennaio 2015. A partire da tale data decorrono tutta una serie di scadenze. In particolare, entro il 30 gennaio dovrebbe essere emanato un provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate contenente le istruzioni sulla presentazione dell’istanza e sul pagamento da effettuare.

Il monitoraggio fiscale

Giacché la VD integra e modifica le disposizioni in materia di monitoraggio delle disponibilità finanziarie e dei flussi finanziari all’estero, è opportuno un breve richiamo alle norme di riferimento in materia.

Il monitoraggio fiscale si traduce nell’ordinamento italiano nell’obbligo di render conto degli investimenti, delle disponibilità e delle movimentazioni che a vario titolo interessano l’«estero»; la relativa disciplina normativa (D.L. n. 167/1990) è espressione del processo di liberalizzazione dei movimenti di capitali impostosi nell’ordinamento sovranazionale comunitario (da un lato), e della conseguente necessità di controllare tali movimenti in funzione anti-evasione e antiriciclaggio.

Sono tenuti alla presentazione del modulo RW, in generale, le persone fisiche, gli enti non commerciali e i soggetti fiscalmente trasparenti di cui all’art. 5 del TUIR (società di persone e soggetti assimilati); deve inoltre sussistere la condizione costituita dalla detenzione di investimenti all’estero o di attività estere di natura finanziaria, attraverso le quali possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia.

L’obbligo di dichiarazione sussiste indipendentemente dal tipo di contabilità adottata, anche se le operazioni sono poste in essere dagli interessati in qualità di esercenti attività commerciali o professionali.

Per quanto riguarda l’individuazione della residenza delle persone fisiche, occorre guardare ai criteri indicati dall’art. 2, secondo comma, del TUIR (iscrizione alle anagrafi dei residenti ovvero domicilio o residenza nello Stato per la maggior parte del periodo di imposta).

Inoltre, come stabilito dal comma 2-bis del medesimo art. 2 del TUIR, si considerano residenti, salvo prova contraria del contribuente, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, compresi nella black list del D.M. 4.5.1999.

Per le società semplici, le associazioni e gli enti non commerciali, si considerano invece residenti i soggetti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato [artt. 5, terzo comma, lett. d), e 73, terzo comma, del TUIR].

Si considerano inoltre residenti in Italia i trust e gli istituti aventi analogo contenuto istituiti in Stati o territori «black list» in cui almeno uno dei disponenti e almeno uno dei beneficiari siano fiscalmente residenti nel territorio italiano.

Si considerano residenti in Italia anche i trust istituiti nei predetti Stati o territori black list quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto residente effettui in favore del trust un’attribuzione che importi il trasferimento di proprietà di beni immobili o la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari anche per quote, nonché vincoli di destinazione sugli stessi.

In determinate ipotesi il trust può essere considerato un soggetto interposto: in questi casi l’obbligo di monitoraggio riguarda il titolare effettivo delle disponibilità all’estero1.

Analoghe considerazioni valgono in caso di investimenti all’estero ed attività estere di natura finanziaria nonché investimenti in Italia e attività finanziarie italiane, detenute per il tramite di fiduciarie estere o di soggetti esteri fittiziamente interposti che ne risultino formalmente intestatari2 (cfr. risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002).

RW e sanzioni

La sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione dell’obbligo di dichiarazione delle consistenze degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria suscettibili redditi imponibili in Italia è compresa tra il 3% e il 15% degli importi non dichiarati (art. 5, secondo comma, D.L. n. 167/1990).

La sanzione è applicata in misura più elevata, compresa tra il 6% e il 30% dell’ammontare degli importi non dichiarati, quando la violazione ha a oggetto investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato indicati nel D.M. 4.5.1999 e nel D.M. 21.11.2001, senza tener conto delle limitazioni previste in tali decreti.

Se la dichiarazione (quadro / modulo RW) viene presentata con un ritardo non superiore ai 90 giorni dalla scadenza del termine è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 258.

La presunzione di evasione

L’art. 12 del D.L. 1.7.2009, n. 78 (convertito dalla L. 3.8.2009, n. 102) ha stabilito al secondo comma che – senza tener conto delle limitazioni previste dai decreti ministeriali relativi alle black list – le attività finanziarie e gli investimenti presenti all’estero in violazione del monitoraggio fiscale si presumono costituiti, salva l’eventuale prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.

In tale caso, le sanzioni previste dall’art. 1, D.Lgs. 18.12.1997, n. 471, sono raddoppiate (la dichiarazione infedele risultando sanzionabile con il 200% della maggiore imposta accertata e la dichiarazione omessa con il 240%).

L’art. 12 richiamato ha dato attuazione alle intese raggiunte in sede OCSE, introducendo sia la «presunzione di evasione», sia l’inasprimento del regime sanzionatorio.

La presunzione viene qualificata come «iuris tantum», e ritenuta «confutabile dalla prova contraria offerta dal contribuente».

Data la valenza come mezzo istruttorio delle presunzioni, che in ambito tributario sono accolte sia in sede amministrativa (verifica e contraddittorio) che in sede giudiziale (contenzioso), si ritiene che i contribuenti possano far valere le proprie ragioni in ogni fase della vertenza con il fisco3.

La nuova procedura di Voluntary Disclosure

La nuova legge (art. 1, c. 1) ha introdotto a regime la disciplina della collaborazione volontaria (VD), inserendo nel D.L. 28.6.1990, n. 167, in materia di monitoraggio fiscale, gli artt. da 5-quater a 5-septies, allo scopo di contrastare fenomeni di evasione ed elusione fiscale consistenti:

  • nell’allocazione fittizia della residenza fiscale all’estero;

  • nel trasferimento illecito all’estero di attività che producono reddito;

  • nella detenzione illecita all’estero di attività che producono reddito.

Attraverso questa procedura i soggetti che detengono flussi finanziari e stock patrimoniali all’estero e hanno omesso di dichiararli possono sanare la propria posizione pagando, in un’unica soluzione e senza possibilità di compensazione, l’intera misura delle imposte dovute e le sanzioni (queste ultime in misura ridotta).

La VD si associa:

  • alla non punibilità per alcuni reati fiscali relativi agli obblighi dichiarativi, ovvero alla riduzione a metà delle pene;

  • al pagamento in misura ridotta delle sanzioni amministrative tributarie.

La procedura non può essere utilizzata se la relativa richiesta è presentata dopo che l’autore ha avuto conoscenza dell’inizio di attività di accertamento fiscale o di procedimenti penali per violazioni tributarie, e opera per le violazioni dichiarative commesse sino al 30.9.2014, con possibilità di esperire la procedura fino al 30.9.2015.

Le norme introducono anche un nuovo reato fiscale che punisce (con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni) coloro i quali, nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, esibiscono o trasmettono documentazione e dati non rispondenti al vero.

La procedura di collaborazione volontaria è stata estesa anche ai contribuenti autori di violazioni riguardanti attività detenute in Italia nonché alle violazioni in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, IRAP e IVA, nonché alle violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta (e quindi ai soggetti IRES anche per violazioni di carattere sostanziale e non solo derivanti da obblighi dichiarativi).

Insieme alla procedura di VD le disposizioni in commento (art. 3, L. n. 186/2014) hanno introdotto, inserendo un nuovo art. 648-ter nel codice penale, il reato di autoriciclaggio, nel cui contesto viene attribuita rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa.

Come fare

La procedura di VD prevede (nuovo art. 5-quater, c. 1, lett. a, D.L. n. 167/1990) che il contribuente (persona fisica o società) indichi spontaneamente all’amministrazione finanziaria, mediante la presentazione di apposita richiesta, tutti gli investimenti e le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all’estero (ovvero, a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare, anche in Italia), anche indirettamente o per interposta persona, fornendo i relativi documenti e le informazioni per la determinazione dei redditi che servirono per costituirli, acquistarli o che derivano dalla loro dismissione o utilizzo a qualunque titolo, unitamente ai documenti ed alle informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi e delle relative addizionali e imposte sostitutive, dell’IRAP, dei contributi previdenziali, dell’IVA e delle ritenute, non connessi con le attività costituite o detenute all’estero, relativamente a tutti i periodi di imposta per i quali, alla data di presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione della violazione degli obblighi dichiarativi.

L’Agenzia delle Entrate procede dunque ad accertare quanto dovuto e invia al contribuente un invito a comparire. Il contribuente può prestare adesione ai contenuti dell’invito e versare in un’unica soluzione le somme dovute (escludendosi quindi il beneficio della rateazione nonché quello della compensazione con eventuali crediti fiscali).

Le ipotesi di inammissibilità della VD, si seguito elencate, sono oggetto del secondo comma del medesimo art. 5-quater:

  • richiesta presentata dopo la constatazione della violazione da parte del contribuente (con formale conoscenza di accessi, ispezioni e verifiche o di qualunque attività di accertamento tributario o di procedimenti penali, per violazione di norme fiscali, che siano riconducibili all’ambito oggettivo di applicazione della procedura);

  • richiesta presentata dopo che i soggetti solidalmente obbligati in via tributaria con il contribuente, o con questo concorrenti nel reato, abbiano avuto formale conoscenza dei controlli già attivati.

La richiesta di collaborazione volontaria non può essere presentata più di una volta, anche indirettamente o per interposta persona.

Stabilisce il terzo comma dell’art. 5-quater che, entro 30 giorni dalla data di esecuzione dei versamenti, l’Agenzia delle Entrate comunichi all’autorità giudiziaria competente la conclusione della procedura di VD, per l’utilizzo delle informazioni ai fini dell’applicazione delle esimenti, degli sconti di pena e delle riduzioni sanzionatorie previsti dall’articolo 5-quinquies.

Il quarto comma prevede alcuni casi al ricorrere dei quali non si applica il raddoppio dei termini per l’accertamento di cui all’art. 12, comma 2-bis, del D.L. 1º luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni dalla L. 3.8.2009, n. 102.

Il termine per poter usufruire della procedura di collaborazione volontaria è individuato nel 30.9.2015, secondo quanto è stabilito dal quinto comma.

Nei confronti dei soggetti che aderiscono alla procedura, in mancanza della definizione mediante adesione ai contenuti dell’invito o di sottoscrizione dell’atto di accertamento con adesione, il termine di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento e per la notifica dell’atto di contestazione è fissato, in deroga ai termini per l’accertamento, in 90 giorni.

In considerazione della particolare collocazione del comune di Campione d’Italia, il sesto comma del nuovo articolo prevede l’esonero dalla compilazione del quadro RW per i suoi residenti relativamente alle disponibilità detenute all’estero derivanti da redditi da lavoro e da pensione.

Le novità in materia di sanzioni

Il nuovo art. 5-quinquies del D.L. n. 167/1990 indica gli effetti della procedura ai fini penali e sanzionatori in via amministrativa, disponendo che:

In particolare, sotto il profilo penale nei confronti di colui che aderisce alla VD:

  • è esclusa la punibilità per i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti o mediante altri artifici, di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, di cui agli artt. da 2 a 5 del D.Lgs. n. 74/2000, nonché per i delitti di omesso versamento di ritenute certificate e omesso versamento di IVA, di cui agli artt. 10-bis e ter del medesimo decreto.

  • è inoltre esclusa la punibilità per i delitti di riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita previste dagli artt. 648-bis e ter del codice penale, commessi in relazione ai delitti tributari sopra citati.

Le condotte riguardanti il delitto di autoriciclaggio previste dall’art. 648-ter del codice penale, come introdotto dalla stessa L. n. 186/2014, non sono punibili, se commesse in relazione ai delitti richiamati, fino alla data del 30.9.2015, entro la quale può essere attivata la procedura di VD.

Queste esclusioni di punibilità si applicano limitatamente alle condotte relative agli imponibili riferibili alle attività oggetto della VD.

Quanto alle sanzioni amministrative tributarie, per chi aderisce alla VD è prevista la riduzione alla metà del minimo edittale, ovvero al minimo edittale ridotto di 1/4, in dipendenza dalla condotta del contribuente.

Sono altresì previste misure idonee a garantire, in caso di trasferimento delle attività presso un altro intermediario, che l’amministrazione finanziaria italiana possa continuare a ottenere le informazioni necessarie, pena il pagamento di una sanzione pari alla metà di quella già pagata dal contribuente a seguito della procedura di VD.

Il procedimento di irrogazione delle sanzioni per le violazioni dichiarative segue le regole di cui art. 16 del D.Lgs. 18.12.1997, n. 472, così articolate:

  • apertura del procedimento con la notifica dell’atto di contestazione che contiene alcuni elementi a pena di nullità (tra cui i fatti attribuiti al trasgressore, le prove e le norme applicate);

  • possibilità di definire la controversia con il pagamento di un importo pari a 1/3 della sanzione e comunque non inferiore a 1/3 dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo entro il termine previsto per la proposizione del ricorso.

Per quanto disposto dal nuovo settimo comma, la misura della sanzione minima è ridotta al 3% degli importi non dichiarati, nei casi di detenzione di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, qualora questi Stati stipulino con l’Italia accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni contro la doppia imposizione.

Per gli importi inferiori a 2 milioni di euro e su istanza del contribuente, l’ufficio calcola gli interessi applicando la misura percentuale del 5% al valore complessivo della consistenza di fine anno e determina l’ammontare corrispondente all’imposta da versare utilizzando l’aliquota del 27% [art. 5-quinquies, ottavo comma].

Secondo il nono comma, la disponibilità delle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione si considera, salvo prova contraria, ripartita, per ciascun periodo di imposta, in quote uguali tra tutti coloro che ne avevano la disponibilità.

Se le somme dovute per effetto della VD non sono versate tempestivamente la procedura non si perfeziona e non si producono i relativi effetti penali e tributari [art. 5-quinquies, decimo comma].

Inoltre l’Agenzia delle Entrate notifica, anche in deroga ai termini ordinari di decadenza dal potere di contestare o irrogare la sanzione (di cui all’art. 20, primo comma, del D.Lgs. n. 472/1997), un nuovo atto di contestazione con la rideterminazione della sanzione entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di notifica dell’invito a comparire o a quello di redazione dell’atto di adesione o di notifica dell’atto di contestazione.

I vantaggi in sintesi

Il pagamento previsto ai fini del perfezionamento della VD dovrà avvenire in unica soluzione o in tre rate mensili e la procedura potrà essere attivata entro il 30.9.2015 per violazioni commesse fino al 30.9.2014.

Il pagamento delle imposte evase dovrà essere effettuato per intero, mentre le sanzioni amministrative per detenzione di somme / attività all’estero non dichiarate [art. 4, primo comma, D.L. n. 167/1990], ordinariamente comprese tra il 3% e il 15% delle somme non dichiarate per i Paesi white list e tra il 6% e il 30% per i Paesi black list, vengono ridotte:

  • all’1,5% – 3% (white list);

  • al 3% – 6% (black list).

La riduzione sarà possibile nel caso in cui le attività vengano trasferite in Italia o in Stati che consentono un effettivo scambio di informazioni con il nostro Paese, oppure se il contribuente autorizzerà l’intermediario estero a trasmettere tutte le informazioni.

Se non si verificherà almeno una di queste due condizioni, la sanzione sarà pari al minimo edittale ridotto di ¼, cioè al 2,25% per le attività non dichiarate detenute in Stati white list e al 4,5% per quelle negli Stati black list.

La definizione agevolata delle sanzioni (art. 16, c. 3, D.Lgs. n. 472/1997] consente un ulteriore abbattimento a 1/3 del minimo.

Le sanzioni dichiarative «classiche», relative all’omessa o infedele dichiarazione delle imposte sui redditi, dell’IRAP e dell’IVA, sono invece ridotte di ¼ del minimo della misura prevista dalla legge.

Il provvedimento attuativo

Il neoinserito art. 5-sexies del D.L. n. 167/1990 demanda a un provvedimento dell’Agenzia delle Entrate l’individuazione delle modalità di presentazione dell’istanza di VD e di pagamento dei relativi debiti tributari, nonché ogni altra modalità applicativa.

Inoltre – ai fini dei controlli – l’Agenzia delle Entrate e gli altri organi dell’amministrazione finanziaria dovranno stabilire le regole per lo scambio dei dati relativi alle procedure avviate e concluse.

I dati falsi

L’art. 5-septies istituisce il reato di esibizione di atti falsi e comunicazione di dati non rispondenti al vero, punibile con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

La nuova fattispecie penale colpisce chiunque, nell’ambito della procedura di VD, esibisce o trasmette atti o documenti falsi in tutto o in parte ovvero fornisce dati e notizie non rispondenti al vero.

In tale prospettiva l’autore della violazione che è oggetto della VD – art. 4, primo comma, D.L. n. 167/1990: detenzione di attività e investimenti all’estero (ma non solo all’estero come si dirà tra breve) – è obbligato a rilasciare al professionista che lo assiste nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale attesta che gli atti o documenti consegnati per l’espletamento dell’incarico non sono falsi e che i dati e le notizie sono rispondenti al vero.

L’estensione alle attività detenute in Italia

I commi secondo, terzo e quarto, del’art. 1 della L. n. 186/2014 estendono anche ai contribuenti autori di violazioni riguardanti attività detenute in Italia la procedura di VD per sanare violazioni degli obblighi di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive delle imposte sui redditi, IRAP e IVA, nonché violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d’imposta, commesse fino al 30.9.2014.

Ai sensi del quinto comma l’esclusione della punibilità e la diminuzione della pena operano nei confronti di tutti coloro che hanno commesso o concorso a commettere i delitti in commento.

Il sesto comma interviene in materia di responsabilità erariale dei funzionari dell’amministrazione finanziaria per una serie di procedimenti indicati dalle disposizioni in commento.

Il nuovo art. 2 invece eleva da 10.000 a 15.000 euro il valore massimo complessivo (raggiunto nel corso del periodo d’imposta) al di sotto del quale non sussistono gli obblighi di indicazione nella dichiarazione dei redditi per i depositi e conti correnti bancari costituiti all’estero.

L’autoriciclaggio

Il nuovo reato di autoriciclaggio è stato previsto attraverso l’inserimento nel codice penale del nuovo art. 648-ter, attraverso l’art. 3 della L. n. 186/2014.

La fattispecie penale colpisce chi ricicla denaro o altre utilità provenienti da un reato commesso non da un altro soggetto (come avviene nel «tipico» riciclaggio), bensì in prima persona, sostituendo o trasferendo denaro, beni o altre utilità che ha ricavato commettendo egli stesso un altro delitto doloso.

A questa ipotesi si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da 5.000 a 25.000 euro. La pena detentiva è invece compresa tra uno e quattro anni se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale.

La pena è invece aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria, finanziaria o di altra attività professionale.

È infine prevista una diminuzione della pena fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l’individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.

Il reato di autoriciclaggio è stato inserito anche nella disciplina del reato di confisca (art. 648-quater del codice penale) nonché nella disciplina della responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato (art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001).

I limiti edittali della multa in materia di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (artt. 648-bis e 648-ter del codice penale) sono stati contestualmente elevati nel minimo da 1.032 a 5.000 euro e nel massimo da 15.493 a 25.000 euro.

La combinazione con il nuovo ravvedimento operoso

La VD «interna», cioè riferita alla sostanziale sanatoria di violazioni dichiarative relative a redditi «nazionali» commesse fino al 30.9.2014, può intrecciarsi sia con la generale possibilità di emendare la dichiarazione presentata, sia con la disciplina del ravvedimento operoso, precedentemente limitata ai versamenti, e ora – grazie alla legge di stabilità 2015 – estesa anche alle violazioni riguardanti le dichiarazioni fiscali.

Occorre distinguere al riguardo le ipotesi nelle quali non siano già intervenute attività di controllo o accertamento rispetto a quelle che sono state oggetto di iniziative dell’amministrazione finanziaria, con attenzione «case by case» necessaria anche per tener conto della successione nel tempo delle modifiche normative.

Si osserva al riguardo che la possibilità di intervenire con dichiarazione integrativa / correttiva (possibile nei termini dell’art. 13 del D.Lgs. 18.12.1997, n. 472, nonché dei commi 8 e 8–bis dell’art. 2 del D.P.R. n. 322/1998) si ricollega alla commissione di errori (di fatto, di diritto, etc.), ovvero a omissioni.

La presentazione di una dichiarazione integrativa «a sfavore», dalla quale dovesse risultare una maggiore imposta dovuta (ovvero un minor credito spettante) costituisce titolo per la riscossione, oltre all’applicazione degli interessi e della sanzione per omesso, infedele o tardivo versamento dell’imposta di cui all’art. 13, D.Lgs. 18.12.1997, n. 471. Se però la dichiarazione integrativa a sfavore viene presentata prima dell’avvio dell’attività di controllo, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo, è ammesso il ravvedimento operoso [art. 13, co. 1, lett. b), D.Lgs. n. 471/1997], con versamento spontaneo della maggiore imposta, unitamente agli interessi e alla sanzione in misura ridotta.

Per effetto della legge di stabilità 2015 [art. 1, commi 637-640, L. 23.12.2014, n. 190]:

  • per i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate, il ravvedimento operoso non è più inibito dal controllo fiscale, ma dalla notifica dell’atto impositivo o dell’avviso bonario;

  • il ravvedimento può avvenire, ferma la preclusione di cui sopra, senza limiti temporali, e la riduzione della sanzione va da 1/8 a 1/6 del minimo;

  • in caso di constatazione della violazione ai sensi dell’art. 24 della L. 7.1.1929, n. 4, la riduzione della sanzione è a 1/5 del minimo;

  • per tutti i tributi, se il ravvedimento avviene entro novanta giorni, la riduzione è a 1/9 del minimo;

  • rimangono invariate le specifiche disposizioni sul ravvedimento per i tardivi versamenti e per l’omessa dichiarazione [lettere a) e c) dell’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997];

  • in caso di dichiarazione integrativa i termini di decadenza per la notifica degli atti impositivi decorrono dalla data di presentazione di tale dichiarazione.

Si rammenta inoltre che l’istituto dell’acquiescenza agli avvisi di accertamento [art. 15, D.Lgs. n. 218/1998] comporta la riduzione a 1/3 delle sanzioni amministrative irrogate, sempre che il contribuente rinunci a impugnare l’avviso di accertamento e a presentare istanza di accertamento con adesione.

Un’ulteriore riduzione delle sanzioni è prevista se l’avviso di accertamento non è stato preceduto da invito al contraddittorio o da processo verbale di constatazione (pvc) definibile. In questo caso è possibile fruire della riduzione a 1/6.

L’ulteriore riduzione delle sanzioni non opererà più con riferimento agli atti definibili notificati dagli uffici dell’Agenzia delle Entrate a decorrere dal 1 gennaio 2016, in forza delle innovazioni della richiamata L. n. 190/2014.

Medio tempore, i contribuenti possono avere interesse a definire l’accertamento mediante acquiescenza anziché ricorrere alla VD interna o al ravvedimento operoso.

Nel caso dell’acquiescenza, infatti, viene applicato il cumulo giuridico delle diverse violazioni e sulla sanzione unica così determinata si applica la riduzione a 1/6.

Nel ravvedimento operoso invece (nel quale la riduzione della sanzione può variare tra 1/8 e 1/6 del minimo edittale) il cumulo giuridico non trova applicazione, e neppure nella VD (ove le sanzioni per infedele e omessa dichiarazione vengono solamente prima ridotte di un quarto ovvero alla metà, e quindi ridotte ulteriormente a 1/6 per effetto della definizione agevolata in assenza di atti impositivi notificati).

Ciò detto è ancora più evidente che la comparazione tra la procedura di rettifica della dichiarazione, il ravvedimento operoso e la VD, con l’individuazione del comportamento più conveniente, dovrà essere effettuata in concreto da ciascun interessato in relazione al caso specifico.

È invece certo il vantaggio per coloro che avessero commesso violazioni rilevanti sul piano penale, giacché solamente la VD comporta l’estinzione del reato, mentre l’acquiescenza e il ravvedimento costituiscono mere circostanze attenuanti.

14 gennaio 2015

Fabio Carrirolo

1 L’Agenzia delle Entrate indica al riguardo alcune fattispecie esemplificative contenute nella circolare 43/E del 10.10.2009, par. 1, e nella circolare n. 61/E del 27.12.2010.

2 Cfr. la risoluzione n. 134/E del 30.4.2002.

3Diversa questione è quella dell’eventuale rilevanza delle presunzioni in sede penale tributaria, in presenza di possibili «indizi di reato» derivanti da violazioni previste dal D.Lgs. n. 74/2000. È opportuno evidenziare a tale riguardo che il «reato fiscale» è configurato in modo tale da recare sempre un quid pluris di complicazione e di «specialità» rispetto alle ipotesi di violazione amministrativa (ciò che, in attuazione del principio di specialità, comporta pressoché sempre la prevalenza della disposizione penale). In tale prospettiva l’indizio penale (che deve essere comunque sorretto da gravità, precisione e concordanza, ex art. 192, c.p.c.) «pesa» più della presunzione fiscale.