Società e associazioni sportive dilettantische: perdita della qualifica a causa conseguimento ricavi commerciali

indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente sportivo dilettantistico perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta: analisi dei casi in cui si perde il requisito di non commercialità. La gestione del bar, del ristorante e delle altre attività commerciali…

L’art. 149 del TUIR prevede che, “Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d’imposta”. Inoltre il successivo comma 2 individua una serie di parametri al fine di riqualificare come “commerciale” l’attività svolta. Le predette disposizioni non si applicano alle associazioni sportive dilettantistiche (comma 4).

Secondo un’interpretazione letterale della disposizione sembrerebbe che le associazioni sportive non possano mai perdere la qualifica di enti non commerciali, ma l’affermazione non è corretta.

La ratio della modifica normativa

La disposizione in commento è stata espressamente modificata dalla l. n. 289/2002 (legge finanziaria del 2003). A seguito del nuovo testo normativo il legislatore ha inteso escludere che le associazioni sportive dilettantistiche potessero perdere la qualifica di enti non commerciali a seguito del conseguimento di ricavi commerciali in misura superiore rispetto alle entrate istituzionali (quote associative, donazioni…).

Il legislatore era evidentemente consapevole che una delle principali fonti di entrata delle società ed associazioni sportive dilettantistiche è costituita dalle sponsorizzazioni. Tali entrate in molti casi sono di gran lunga superiori ai proventi istituzionali. La finalità della disposizione è quindi quella di evitare che con una certa frequenza si potesse disconoscere la qualificazione di associazione sportiva per i sodalizi sportivi che erano riusciti a finanziare la gestione dell’attività tipica/sportiva con gli introiti delle sponsorizzazioni.

I proventi da sponsorizzazioni rappresentano un’entrata “tipica” che caratterizza con notevole frequenza i bilanci dei sodalizi sportivi e tale circostanza spiega la scelta del legislatore.

La perdita della qualifica: un’ulteriore possibilità

Se l’ente svolge effettivamente un’attività sportiva non si troverà quasi mai nella condizione di poter perdere la qualifica di ente non commerciale, per essere poi riqualificato alla stregua di un’attività d’impresa. Tuttavia, la circostanza non può essere completamente esclusa e merita un approfondimento.

Ai sensi dell’art. 73 c. 1, lett. c, TUIR, devono essere ricondotti nell’ambito della categoria degli enti non commerciali i soggetti “che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”. Pertanto, se un ente associativo svolge effettivamente un’attività sportiva, finalizzata sia al’insegnamento, ma più in generale alla diffusione della pratica sportiva tramite la partecipazione a campionati, trofei, competizioni… non sussistono dubbi di sorta. Lo scopo principale dell’associazione è in questo caso partecipare a competizioni sportive.

 

L’elemento fondamentale è, ai fini dell’analisi del problema, l’oggetto principale o esclusivo. Non è casuale che il legislatore abbia utilizzato tale espressione e non la locuzione prevalente. In buona sostanza il legislatore ha inteso ribadire ancora una volta la possibilità di esercitare collateralmente attività di tipo commerciale purché in forma sussidiaria o meramente strumentale rispetto a quelle di tipo istituzionale, indipendentemente, quindi, dal requisito della prevalenza.

 

Risulta quindi evidente che può ben considerarsi quale ente non commerciale un’associazione sportiva che impieghi per lo svolgimento di tale attività i proventi conseguiti con le sponsorizzazioni, con la gestione del bar, del ristorante e delle altre attività commerciali. Lo scopo non è certo quello di gestire tali attività commerciali, ma piuttosto impiegare le somme così ottenute per acquistare le attrezzature sportive, le borse, le tute e per finanziare le trasferte da effettuare a seguito della partecipazione a campionati o ad altri tornei.

Non è pero possibile escludere del tutto che dietro lo “schermo” dell’attività sportiva il reale obiettivo dell’ente sia quello di gestire il bar o le altre attività commerciali. In questo caso l’esercizio minimale dell’attività sportiva sarebbe effettuato al solo scopo di assicurare all’ente una possibile difesa nei confronti del Fisco.

L’attività di accertamento e di riqualificazione dell’ente non è quindi preclusa. Tuttavia, l’Agenzia delle entrate non potrà utilizzare l’art. 149 del TUIR al fine di far conseguire, automaticamente, la perdita della qualifica ad una prevalenza dei ricavi commerciali rispetto alle entrate istituzionali. L’attività di accertamento dovrà essere caratterizzata dallo svolgimento di un iter complesso tendente a verificare e dimostrare che il fine o l’oggetto principale del soggetto in questione sia rappresentato dall’esercizio delle attività commerciali.

11 novembre 2014

Nicola Forte