Rent to buy: la natura fiscale dei canoni

Qual è il trattamento fiscale ai fini IVA dei canoni corrisposti durante l’esecuzione di un contratto di rent to buy?

Il Decreto legge c.d. sblocca Italia ha definito la disciplina civilistica del rent to buy senza però indicare quali siano i criteri di tassazione della nuova forma di contratto.

Le imprese e i professionisti sono così obbligati ad operare in una situazione di assoluta incertezza che non agevolerà la diffusione di tale strumento ritenuto da più parti idoneo al rilancio del settore dell’edilizia.

L’interprete dovrà individuare i criteri di tassazione dei canoni sulla base dei principi generali dell’ordinamento tributario. Inoltre l’inquadramento civilistico del nuovo contratto sarà in grado di condizionare la disciplina fiscale applicabile.

I dubbi più rilevanti riguardano il canone che il proprietario incassa nella fase inziale del contratto al fine di concedere in godimento l’immobile. Se si dovesse ritenere che i canoni incassati costituiscono i proventi di un contratto di locazione troverà applicazione ai fini Iva l’art. 10, c. 1, n. 8) del D.P.R. n. 633/1972. L’operazione dovrà considerarsi naturalmente esente dall’Iva salvo il caso in cui sussistano le condizioni per l’esercizio dell’opzione del tributo.

Tale possibilità è prevista laddove l’impresa che concede in locazione l’immobile sia la stessa che ha costruito il fabbricato. Diversamente dalla disciplina prevista per le cessioni di fabbricati, il regime di esenzione si applica già nel periodo immediatamente successivo al termine dei lavori di costruzione, o dell’ultimazione dell’intervento di ripristino senza che debba trascorrere, come previsto per le cessioni dei medesimi fabbricati, il periodo di cinque anni.

L’opzione è una manifestazione di volontà che deve essere formalizzata nel contratto di locazione non assumendo alcuna efficacia, ai fini dell’applicazione dell’Iva, il comportamento concludente del locatore.

Le imprese non costruttrici o che non hanno eseguito interventi di ripristino del fabbricato abitativo non potranno mai applicare l’Iva sui canoni di locazione. La qualifica attribuibile all’impresa non costruttrice preclude, di fatto, l’esercizio dell’opzione.

La disciplina è parzialmente diversa per i fabbricati c.d. “strumentali per natura”. Si tratta di immobili classificati dal punto di vista catastale nelle categorie A/10, B, C, D ed E. In tale ipotesi la possibilità di esercitare l’opzione è più ampia.

Il regime naturale è sempre quello dell’esenzione (art. 10, comma 1, n. 8) del D.P.R. n. 633/1972). Tuttavia, possono optare per l’applicazione dell’Iva anche le imprese non costruttrici dei fabbricati. Rispetto alla formulazione normativa vigente fino al 25 giugno 2012, non è più prevista l’imponibilità obbligatoria a seconda delle caratteristiche del locatario. In precedenza l’Iva doveva essere applicata in ogni caso per le locazioni effettuate nei confronti di soggetti privati o che detraevano l’Iva in misura pari o inferiore al 25%.

La disciplina ai fini Iva dei canoni di godimento incassati sarà completamente diversa qualora si ritenesse che il diritto alla percezione dei suddetti canoni non sia dovuta all’esistenza di un rapporto locatizio. In tale ipotesi le prestazioni di servizi poste in essere dovrebbero essere riconducibili nell’ambito delle prestazioni generiche di fare, non fare o permettere “qualunque ne sia la fonte”. Non sarà quindi possibile applicare il regime di esenzione anche perché il numero di fattispecie indicate dall’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972 è tassativo e non sarebbe consentita l’estensione dell’ambito applicativo della norma oltre il limite delle disposizioni comunitarie.

Trattandosi di una prestazione di servizi generica la stessa sarà sottoposta a tassazione sulla base dei criteri ordinari e quindi con l’applicazione dell’aliquota del 22%. L’acquirente finale, esercitando il diritto di riscatto relativo all’acquisto del fabbricato, potrà ottenere la restituzione dell’Iva pagata in più rispetto a quella assolta in precedenza.

Ad esempio, se a seguito dell’imputazione in conto prezzo dei canoni in precedenza pagati, l’acquirente fosse in possesso delle condizioni che consentono di chiedere l’agevolazione relativa all’acquisto della prima casa (Iva al 4 per cento), la maggiore Iva applicata potrà essere recuperata con l’emissione di una specifica nota di variazione.

Se l’imputazione in conto prezzo dei canoni di locazione a seguito dell’esercizio del riscatto è disciplinata ab origine nel contratto, non dovrebbe essere applicato neppure il termine dell’anno previsto dall’art. 26 del Decreto Iva. In buona sostanza non trattandosi di un accordo sopravvenuto, ma rinvenibile, sin dall’inizio, all’interno del contratto, l’Iva potrà essere recuperata anche oltre il termine di un anno.

L’impresa cedente, dopo aver restituito la maggiore Iva pagata all’acquirente, potrà fare valere gli effetti della nota di variazione considerando in detrazione la maggiore Iva risultante dal documento emesso.

21 ottobre 2014

Nicola Forte