Le obbligazioni convertibili: problematiche fiscali

Un’obbligazione convertibile è un’obbligazione il cui rimborso può avvenire, a discrezione del sottoscrittore, attraverso la consegna di titoli di altra specie e di uguale valore: questo tipo di obbligazione genera particolari problemi di carattere fiscale al momento della cosiddetta “conversione”.

Le obbligazioni convertibili

obbligazioni convertibili in azioniUn’obbligazione convertibile è un’obbligazione il cui rimborso può avvenire, a discrezione del sottoscrittore, attraverso la consegna di titoli di altra specie e di uguale valore.

Un’obbligazione convertibile in azioni, per esempio, implica che il sottoscrittore dell’obbligazione possa decidere di ricevere, alla scadenza del prestito obbligazionario, azioni della società emittente o di altra società anziché denaro.

La possibilità di esercitare il diritto alla conversione è generalmente condizionata da un determinato aumento del prezzo delle azioni, che genera un certo vantaggio economico per il possessore.

Attraverso la scelta di emettere delle obbligazioni convertibili quindi, l’azienda trasmette ai mercati un segnale positivo (aspettativa di buone performance in futuro e di incremento del prezzo dell’azione).

La conversione obbligazionaria può avvenire secondo le seguenti due modalità;

  • diretta: l’obbligazionista converte le proprie obbligazioni a un rapporto prefissato in azioni della società emittente;

  • indiretta: la conversione avviene in azioni di una società diversa da quella che aveva emesso le obbligazioni.

 

Il presente contributo si propone di illustrare il trattamento fiscale delle obbligazioni convertibili, cercando di esaminare brevemente le caratteristiche degli strumenti obbligazionari e di quelli azionari-partecipativi ai fini delle imposte sui redditi.

 

La tassazione dei redditi finanziari

Per quanto attiene alla tassazione diretta dei redditi di tipo finanziario in capo alle persone fisiche, occorre guardare in primo luogo all’art. 44 del TUIR.

In linea generale, le azioni e partecipazioni generano utili di capitale (art. 44, c. 1, lett. e, TUIR), mentre le obbligazioni generano interessi (art. 44, c. 1, lett. b).

Esaminando il secondo comma dell’articolo, relativo ai titoli che vengono rispettivamente considerati similari alle azioni e alle obbligazioni, si rileva quanto segue:

  • si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti soggetti all’IRES la cui remunerazione è totalmente costituita dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi; se i titoli sono emessi da soggetti esteri si considerano similari alle azioni a condizione che la relativa remunerazione sia totalmente indeducibile nella determinazione del reddito nello Stato estero di residenza del soggetto emittente;

  • si considerano similari alle obbligazioni alcuni titoli (buoni fruttiferi emessi da società esercenti la vendita a rate di autoveicoli; titoli di massa contenenti l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa).

In sintesi: la remunerazione dell’azione deriva in toto dalla partecipazione al risultato economico dell’emittente e comporta in capo a quest’ultima l’indeducibilità dell’erogazione; l’obbligazione comporta un’obbligazione (debito) dell’emittente e non attribuisce al possessore diritti di partecipazione.

La disciplina dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, cioè di tutti quei redditi che vengono generati da fonti e impieghi di tipo finanziario, ha subito le innovazioni apportate dal D.L. n. 138/2011, il quale sostanzialmente ha sostituito le previgenti aliquote del 12,50% e del 27%, applicate a ritenute e imposte sostitutive, con la nuova aliquota del 20%.

L’intervento normativo del 2011 ha comportato l’unificazione al 20% delle aliquote impositive (imposte sostitutive e ritenute) precedentemente previste per i redditi di capitale (art. 44, TUIR) e per le plusvalenze relative a fonti di tipo finanziario (art. 67, c. 1, lett. c-bis – c-quinquies, TUIR).

In particolare per le plusvalenze, si tratta solamente di quelle originate da rapporti di tipo «non qualificato», dal momento che le plusvalenze da cessioni di partecipazioni qualificate concorrono alla determinazione del reddito complessivo dei percettori nella misura del 49,72 per cento del relativo ammontare (il D.M. 2.4.2008 ha ridefinito le percentuali di concorso al reddito degli utili percepiti e delle plusvalenze realizzate dai «non – soggetti IRES», originariamente fissate nella misura percentuale del 40%).

L’art. 3 del c.d. decreto IRPEF (D.L. 24.4.2014, n. 66, attualmente in corso di conversione al Senato), ha previsto l’elevazione dell’aliquota impositiva dal 20% al 26% per gli interessi, i premi e ogni altro provento di cui all’art. 44 del TUIR divenuti esigibili e a redditi diversi finanziari realizzati a decorrere dal 1° luglio 2014.

Inoltre, con intervento sul D.Lgs. n. 461/1997, il medesimo decreto IRPEF stabilisce che i redditi diversi derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 601/1973 ed equiparati (obbligazioni pubbliche) e dalle obbligazioni emesse da Stati non black list e relativi enti territoriali sono computati nella misura del 48,08% dell’ammontare realizzato.

Per i soggetti IRES percettori di redditi di tipo finanziario opera in generale l’inclusione dei proventi ricevuti tra gli utili di cui all’art. 89 del TUIR, con la conseguente soggezione a imposta solo limitatamente al 5% dell’ammontare; per quanto attiene alle plusvalenze, dovranno invece essere osservate le regole di cui all’art. 86 del Testo Unico (dell’art. 87 in caso di partecipazioni con i requisiti pex).

 

Obbligazioni e titoli similari italiani ed esteri

Prima dell’intervento del 2011, il primo comma dell’articolo 26 del D.P.R. n. 600/1973 poneva a carico dei sostituti d’imposta l’obbligo di assoggettare gli interessi e gli altri proventi derivanti dalle obbligazioni e titoli similari da loro emessi ad una ritenuta del 27%, ridotta al 12,50% per le obbligazioni e titoli similari di durata non inferiore a 18 mesi e per le cambiali finanziarie, emessi da società ed enti, diversi dalle banche o dalle società con azioni negoziate in mercati regolamentati di Stati membri della UE o aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE) inclusi nella lista degli Stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, c.d. white list.

L’applicazione ditale minore aliquota era consentita a condizione che il tasso di rendimento effettivo non risultasse superiore:

a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentari degli Stati di cui sopra o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento dell’emissione;

b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi per le obbligazioni ed i titoli similari diversi dai precedenti.

Era poi previsto che, se il rimborso delle obbligazioni e titoli similari con scadenza non inferiore a 18 mesi avesse luogo prima di tale scadenza, sugli interessi e altri proventi maturati fino al momento dell’anticipato rimborso l’emittente dovesse corrispondere una somma pari al 20%.

Ai sensi del nuovo primo comma dell’art. 26 predetto, i sostituti d’imposta devono sempre operare una ritenuta con l’aliquota del 20% sugli interessi e sugli altri proventi corrisposti ai relativi possessori, indipendentemente dalla loro durata e dal tasso di rendimento effettivo da loro assicurato.

Per effetto dell’unificazione dell’aliquota delle ritenute sui redditi di capitale al 20% con decorrenza 1° gennaio 2012, sono stati attratti al regime di imposizione sostitutiva previsto dal D.Lgs. n. 239/1996 anche gli interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari di durata inferiore a 18 mesi emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati di Stati comunitari e Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella white list ovvero da enti pubblici trasformati in società per azioni, che prima erano invece soggetti alla ritenuta fonte del 27%.

Al medesimo regime della ritenuta, con aliquota del 20%, sono stati ricondotti gli interessi e gli altri proventi derivanti da titoli emessi da società per la cartolarizzazione residenti.

Continuavano a essere soggetti a ritenuta con la minore aliquota del 20% (rispetto alla previgente del 27%) gli interessi e gli altri proventi dei titoli italiani diversi dalle obbligazioni, dalle azioni e dai titoli similari – c.d. titoli atipici -, disciplinati dall’art. 5 del D.L. 30.9.1983. n. 512, convertito, con modificazioni, dalla L. 25.11.1983, n. 649.

Anteriormente all’entrata in vigore del D.L. n. 138/2011, gli interessi e gli altri proventi delle obbligazioni e dei titoli similari emessi da soggetti non residenti soggiacevano all’imposta sostitutiva del 12,50% (durata pari o superiore a 18 mesi; titoli pubblici ed equiparati emessi all’estero a prescindere dalla durata), ovvero del 27% (durata inferiore a 18 mesi).

Per effetto dell’unificazione delle aliquote, l’imposta sostitutiva è passata anche per tali titoli al 20%.

 

Precisazioni dell’Agenzia delle Entrate sulle obbligazioni convertibili

Secondo quanto è stato affermato dall’Agenzia delle Entrate nella propria circolare n. 36/E del 4.8.2004,

«né i diritti d’opzione né le obbligazioni convertibili né il diritto di usufrutto possono essere annoverati tra le “azioni o quote di partecipazioni in società ed enti…” che, in caso di cessione, danno luogo a plusvalenze qualificate per la participation exemption».

 

Le obbligazioni convertibili restano infatti tali (espressione di un credito e di un debito, cioè di un rapporto di tipo finanziario e non partecipativo) finché non viene esercitato il diritto alla conversione.

Questi titoli concorrono tuttavia alla determinazione della soglia di qualificazione delle partecipazioni, al superamento della quale si associa la regola del concorso parziale al reddito imponibile IRPEF in luogo della tassazione sostitutiva (plusvalenze) o mediante ritenuta alla fonte (utili).

La soglia è fissata nelle seguenti misure percentuali:

  • società quotate in mercati regolamentati italiani o esteri: possesso superiore al 2% dei diritti di voto in assemblea ordinaria ovvero al 5% del capitale sociale;

  • società non quotate in mercati regolamentati: possesso superiore al 20% dei diritti di voto in assemblea ordinaria ovvero al 25% del capitale sociale o del patrimonio.

In particolare, per quanto viene affermato nella circolare n. 52/E del 10.12.2004 (par. 2.2.1):

«pur non costituendo vere e proprie partecipazioni, per stabilire se sia stata superata la percentuale minima di partecipazione o di diritti di voto, si deve tener conto anche dei titoli o dei diritti attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni qualificate (ad esempio: warrants di sottoscrizione e di acquisto, opzioni di acquisto di partecipazioni, diritti d’opzione di cui agli artt. 2441 e 2420-bis del codice civile, obbligazioni convertibili)».

 

Obbligazioni convertibili: considerazioni di sintesi

Le obbligazioni convertibili sono titoli obbligazionari (espressione di debito) che possono essere convertiti in azioni (espressioni di investimento) durante la vita del prestito in base a un prezzo e a un rapporto di cambio prestabilito (un certo numero di azioni ogni obbligazione posseduta). Chi possiede l’obbligazione può quindi divenire azionista della società.

Secondo quanto disposto dal primo comma dell’art. 2441 del codice civile, in caso di aumento del capitale sociale le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute.

Se vi sono obbligazioni convertibili il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.

Sugli interessi percepiti dai detentori delle obbligazioni convertibili come remunerazione delle stesse viene applicata la ritenuta del 20% (26% dal primo luglio 2014), a cura dei sostituti di imposta, ossia dei soggetti emittenti.

Se a percepire gli interessi derivanti dal possesso di obbligazioni è un soggetto IRES, detti interessi attivi risulteranno imponibili e potranno concorrere alla determinazione del plafond di interessi passivi deducibili (in presenza di interessi passivi) ai sensi dell’art. 96 del TUIR.

In capo alla società emittente (soggetta all’IRES), gli interessi passivi dovranno comunque osservare le regole di deducibilità / indeducibilità del predetto art. 96 del TUIR, cioè risulteranno deducibili nel periodo di imposta solo per la parte coperta dagli interessi attivi e dal 30% del ROL di periodo; l’eccedenza potrà essere illimitatamente riportata nei successivi periodi di imposta.

A decorrere dalla data in cui avviene la conversione in azioni, la situazione non cambia ai fini fiscali per i soggetti detentori (persone fisiche) che divengono soci, ma in capo alla società emittente – che pone in essere un aumento di capitale e vede ampliarsi la propria compagine partecipativa – si determina l’indeducibilità fiscale delle erogazioni (che non saranno più interessi passivi, bensì dividendi distribuiti).

Per il neo-socio post conversione soggetto all’IRES, sotto il profilo tributario, si applicherà la regola della tassazione dei dividendi limitatamente al 5% del loro ammontare. Chiaramente, solo in caso di distribuzione.

 

12 settembre 2014

Fabio Carrirolo