Società di comodo: attenzione all'IVA

attenzione! Le penalizzazioni rispetto alla disciplina IVA riguardano anche le società che adeguano il loro reddito a quello minimo previsto per l’anno in cui le stesse sono considerate non operative

A norma dell’art. 30 della Legge n.724/1994, sono considerate di comodo, salvo prova contraria, le società che non superano il “test di operatività”, ovvero quelle il cui ammontare di ricavi, incrementi di rimanenze e proventi ordinari, imputati a conto economico, risulta essere inferiore al valore dei ricavi “figurativi”, calcolati mediante l’applicazione di prestabiliti coefficienti a determinati assets patrimoniali.

Con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 17.9.2011 (per la generalità dei soggetti, dal 2012), è stata introdotta, come noto, una nuova presunzione di non operatività in base alla quale, pur superando il predetto test di operatività (ricavi dichiarati pari o superiori a quelli minimi), una società è considerata“in perdita sistematica” (e quindi “di comodo”) a decorrere dal quarto periodo d’imposta, se risulta in perdita fiscale per 3 periodi d’imposta consecutivi, oppure nell’arco temporale di tre periodi di imposta consecutivi, risulta per due periodi di imposta in perdita fiscale e in uno dichiara un reddito inferiore all’ammontare minimo determinabile ai sensi dell’art. 30 L. 724/1994.

 

La condizione di non operatività, che si ha sia in caso di mancato superamento del test di operatività sia per effetto del conseguimento di perdite, comporta penalizzanti limitazioni all’utilizzo dell’eccedenza di credito, risultante dalla dichiarazione annuale, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto. L’art. 30 c. 4 della legge n. 724/94, riformulato dall’art. 35 c. 15 del DL n. 223/2006, ha previsto, infatti, per le società non operative (anche se in perdita sistemica o per non aver superato il test di operatività) alcune limitazioni all’utilizzo della suddetta eccedenza tributaria: il credito Iva risultante dalla relativa dichiarazione annuale non è ammesso a rimborso, non può costituire oggetto di compensazione (ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs 9 Luglio 1997, n.241), ovvero non può essere ceduto a terzi. Sul punto, però, bisogna distinguere che, per le società che non hanno superato il cd. Test di operatività, le predette limitazioni all’utilizzo dell’eccedenza annuale del credito Iva riguardano il credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale del periodo relativamente al quale non è stato superato il c.d. Test di Operatività (in tal senso, la C.M. 4 maggio 2007 n. 25/E e la R.M. del 10 agosto 2007, n. 225/E).

Differentemente, invece, per le società in perdita sistematica, l’applicazione della disciplina delle società non operative decorrere dal periodo successivo al triennio di osservazione e ciò vale, anche, ai fini delle limitazioni all’utilizzo del credito IVA annuale. In buona sostanza, le limitazioni all’utilizzo del credito Iva devono riferirsi all’eccedenza relativa al periodo d’imposta in cui trova applicazione la disciplina delle società non operative.

 

In occasione di un recente incontro con la stampa specializzata (TELEFISCO 2014), i funzionari delle Entrate hanno fornito taluni chiarimenti in merito all’operatività delle predette limitazioni all’utilizzo del credito IVA, esaminando il caso di un contribuente che, sebbene dichiarato di comodo, si fosse comunque adeguato al reddito minimo previsto per l’anno in cui risultava non operativo. Al riguardo, la risposta fornita dai funzionari delle Entrate è stata negativa: per i soggetti non operativi (anche per il conseguimento di perdite fiscali) è irrilevante, infatti, l’adeguamento al c.d. reddito minimo, ai fini dell’applicazione delle richiamate limitazioni al riporto dell’eccedenza di credito Iva. Si rammenta, inoltre, che, secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate (C.M. n. 1/2013) “ai fini della verifica della esistenza di una perdita fiscale nel periodo di osservazione, il reddito adeguato al minimo per effetto della applicazione della normativa sugli enti di comodo non assume alcuna rilevanza, dovendo il soggetto interessato fare riferimento al reddito imponibile complessivo analiticamente determinato”. Secondo il riportato chiarimento, quindi, se nell’ambito del triennio di osservazione (che per il periodo d’imposta 2013 è costituito dai periodi che vanno dal 2011 al 2012), la società in perdita si è adeguata, in almeno uno dei tre predetti periodi, al reddito imponibile minimo (dopo aver verificato il mancato superamento del test di operatività in base al confronto tra i ricavi contabili e quelli minimi presunti), questa è considerata comunque in perdita sistemica per il periodo d’imposta 2013.

 

Sempre in occasione di TELEFISCO 2014 è stato altresì ribadito che l’adeguamento al c.d. reddito minimo non permette al contribuente di evitare la perdita definitiva dell’eccedenza di credito Iva, poiché detta perdita dipende soltanto dal raffronto tra l’ammontare delle operazioni imponibili ai fini Iva e l’ammontare dei c.d. ricavi presunti ai fini della disciplina delle non operative. In buona sostanza, quindi, la perdita dell’eccedenza a credito si verifica nel caso in cui, per tre periodi d’imposta consecutivi, il soggetto interessato non effettui operazioni rilevanti ai fini Iva per un ammontare non inferiore ai c.d. ricavi presunti (articolo 30 della Legge n. 724/1994), a nulla rilevando, a tal fine, la circostanza che il contribuente si sia adeguato o meno al predetto reddito minimo presunto. Tale chiarimento risulta essere in linea, peraltro, con quanto precisato dalla medesima Agenzia delle Entrate in un precedente documento di prassi (C.M. 25/E del 4 maggio 2007), limitatamente alle società che non avevano superato il test di operatività.

11 febbraio 2014

Sandro Cerato