Con la contabilità nera l'accertamento è induttivo

se il Fisco reperisce documenti contabili in nero, allora è legittimato a procedere in modo induttivo all’accertamento nei confronti del contribuente

Con l’ordinanza n. 27456 del 9 dicembre 2013 (ud. 28 novembre 2013) la Corte di Cassazione ha confermato l’utilizzo dell’accertamento induttivo, in presenza di una contabilità in “nero”. Nel caso specifico, l’accertamento si fondava su dei prospetti rinvenuti in sede di accesso, sui quali eranostati riportati dei dati significativi in ordine al maggior ricaricoapplicato al costo delle merci ed alle prestazioni.

 

LA SENTENZA

In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero“, costituita “da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 c.c. e ss. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. Ne consegue che detta ‘contabilità in nero’, per il suo valore probatorio, legittima di per sè, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli (cfr. anche Cass. Sentenze n. 24051 del 16/11/2011, n. 9210 del 2011)”.

 

Le nostre riflessioni

La sentenza che si annota, in pratica, pone in risalto, fra l’altro, la legittimità dell’accertamento induttivo in presenza di contabilità nera.

Sul punto vanno registrate una serie di recenti interventi giurisprudenziali di Cassazione, confermativi dell’orientamento espresso.

  • Con la sentenza n. 14770 del 5 luglio 2011 (ud. del 7 giugno 2011) la Corte di Cassazione aveva avuto modo di ribadire che il rinvenimento di documenti, elementi, dati e notizie non altrimenti riconducibili alle scritture contabili formalmente tenute costituisce indizio suscettibile di fondare la presunzione di maggiori redditi non dichiarati, autorizzando l’Amministrazione finanziaria alla rettifica induttiva: “il rinvenimento di una contabilità informale, tenuta su un brogliaccio (ma anche di agende-calendario, block notes, matrici di assegni, estratti di conti correnti bancari), costituisce indizio grave, preciso e concordante dell’esistenza di imponibili non riportati nella contabilità ufficiale, che legittima l’Amministrazione finanziaria a procedere ad accertamento induttivo, ai sensi dell’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633” (Cass. n. 6949/2006).

  • Con l’ordinanza n. 12944 del 14 giugno 2011 (ud. del 19 maggio 2011), la Corte ha ritenuto che la c.d. contabilità in nero rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39, D.P.R. n. 600/1973, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria.

  • Con lasentenza n. 24055 del 16 novembre 2011 (ud. 5 ottobre 2011) la Corte dà ancora una volta conferma della legittimità dell’utilizzo dell’accertamento induttivo tutte le volte in cui si è in presenza di una contabilità nera. Per la Suprema Corte, “non può revocarsi in dubbio che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la c.d. ‘contabilità in nero’, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenti un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39. Nella nozione di ‘scrittura contabile’, che – a norma dell’art. 2709 c.c. – fa prova contro l’imprenditore, devono ritenersi, per vero, ricompresi – ad avviso della Corte – tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti di impresa, o che comunque siano suscettibili di rappresentare adeguatamente la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta”. Da ciò ne consegue che la predetta “contabilità in nero“, per il “suo valore probatorio, legittima di per sè, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, incombendo al contribuendo, a fronte degli elementi fortemente presuntivi desumibili da detta contabilità informale ed ufficiosa, l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli (Cass. 25610/06, 19598/03, 11459/01)”. Nel caso di specie, osserva la Corte, “la CTR ha, perciò, tratto del tutto legittimamente, per le ragioni suesposte, elementi di convincimento dai brogliacci e dai quaderni della società, nonchè dall’altro documentazione extracontabile reperita dalla Guardia di Finanza, dalla quale poteva desumersi – come, del resto, riconosciuto dallo stesso ricorrente (v. p. 4 del ricorso) – che il T. negli anni 1994-1998 era stato uno dei principali collaboratori della MG s.r.l., e che al medesimo era stat corrisposta una rilevante parte degli incassi della società. A fronte di tali elementi – di innegabile rilevanza sul piano probatorio – l’odierno ricorrente non era, per contro, in grado di fornire, come si rileva dall’impugnata sentenza, alcun elemento di prova convincente, idoneo a giustificare la consistente situazione patrimoniale riscontrata in capo ai vari componenti della sua famiglia”.

  • Con la sentenza n. 2890 del 7 febbraio 2013 la Corte di Cassazione, in assenza dell’annotazione in contabilità dell’acquisto di una azienda, ha legittimato l’accertamento induttivo utilizzato dall’ufficio. Nel caso di specie, il dato della regolarità formale della contabilità di impresa, ove sussistente, non è in ogni caso preclusivo dell’accertamento di genere induttivo, atteso che ben possono essere state semplicemente omesse annotazioni relative ad operazioni che, altrimenti, sarebbero destinate a non venir mai accertate se non per diversa risultanza documentale. “Inoltre, l’Amministrazione procedente aveva dedotto, nel merito, l’esistenza di gravi incongruenze e comunque presunzioni, aliunde desunte, dell’inattendibilità della contabilità nel suo complesso, quali l’omessa contabilizzazione dell’acquisto di un’azienda alimentare, l’utile lordo inferiore alla media del settore, l’esistenza di “ricavi extragestionali non contabilizzati”‘ (dato questo deducibile, per quanto emerge dal ricorso, dal raffronto tra la percentuale di ricarico dichiarata e quella risultante dalla fattura di acquisto di n. 157 prodotti, maggiore fornitore della (X))”.

  • Con la sentenza n. 15318 del 19 giugno 2013 (ud 9 gennaio 2013) la Corte di Cassazione ha legittimato l’utilizzo dell’accertamento induttivo, in presenza di conti neri. Nell’accertamento delle imposte sui redditi, infatti, secondo l’insegnamento di questa Corte, la “contabilità in nero“, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39 dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dall’art. 2709 c.c. e ss. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. “Ne consegue che detta ‘contabilità in nero’, per il suo valore probatorio, legittima di per sè, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli (Cass. n. 24051 del 2011, n. 25610 del 2006)”.

18 febbraio 2014

Roberta De Marchi