Le svalutazioni riferite ad immobilizzazioni materiali: riflessioni e recenti sviluppi nella prassi

analisi degli effetti contabili e fiscali della scelta di svalutazione delle immobilizzazioni: il presupposto, termini, le corrette scritture contabili, l’impatto su IRES ed IRAP, la particolare svalutazione degli immobili merce

1. Premessa

In tempi di marcata flessione economica, come quelli attuali, può essere opportuno, o talvolta necessario, ricorrere alla svalutazione di cespiti, il cui valore appaia sensibilmente ridotto, rispetto a quello risultante dall’originaria iscrizione in contabilità La persistente crisi economica, che attanaglia la gran parte dei settori economici ove operano le nostre imprese, conduce a dover infatti sovente riesaminare le risultanze contabili, con particolare riguardo ai valori storici di riferimento, inseriti in contabilità al momento di acquisizione di beni materiali durevoli, classificati tra le immobilizzazioni materiali, nel bilancio civilistico di competenza. Il presente contributo intende fornire un riferimento utile ad approfondire la tematica richiamata, con riferimento ai suoi profili civilistici e di fiscalità “corrente”.

2. I profili civilistici : la durevole perdita di valore come presupposto della svalutazione

Le svalutazioni possono avere ad oggetto, sia beni “merce” iscritti nell’attivo circolante, che cespiti facenti parte delle immobilizzazioni materiali. Se, tuttavia, nel primo caso può dirsi sufficiente la constatazione di un minor valore di realizzo alla data di chiusura del bilancio, rispetto a quello di iscrizione contabile, per le immobilizzazioni, la svalutazione dipende dalla rilevazione di una perdita durevole di valore attribuibile al cespite medesimo. Secondo il primo comma dell’articolo 2426 del codice civile, “le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto e di produzione”. Il Legislatore civilistico prosegue poi, specificando che “Nel costo d’acquisto si computano anche i costi accessori. Il costo di produzione comprende tutti i costi direttamente imputabili al prodotto. Può comprendere anche altri costi, per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto, relativi al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato; con gli stessi criteri possono essere aggiunti gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi.”

Il costo, come sopra determinato, pur costituendo un’irrinunciabile fonte di riferimento, non è contraddistinto da granitica immutabilità : al contrario, il medesimo è suscettibile di rettifiche, riferibili al processo di ammortamento del cespite, ma anche a possibili svalutazioni, che, in determinate circostanze, sono rese obbligatorie dalle vigenti norme civilistiche. Sia il principio contabile O.I.C. n. 16, che lo IAS n°36, infatti, affermano che l’impresa deve assicurarsi che le attività patrimoniali non siano iscritte in bilancio ad un valore superiore a quello recuperabile mediante l’uso o il realizzo. La perdita di valore, rispetto all’originario valore iscritto in contabilità, sempre che abbia carattere durevole, è quindi l’elemento che costituisce il presupposto essenziale al fine di procedere alla svalutazione di un cespite. Il requisito della durevolezza nel tempo della perdita di valore, viene definito determinante, tra l’altro, dallo stesso Principio Contabile OIC n. 16, al paragrafo D XIII: quest’ultimo documento, infatti, esclude che, in sua assenza, sia possibile autorizzare la svalutazione di un’immobilizzazione materiale.

2.1 Come si determina la perdita di valore : i termini di paragone da confrontare

Le immobilizzazioni materiali destinate all’utilizzo strumentale, nell’ambito dell’attività d’impresa, sono valutate al costo, rettificato dai relativi ammortamenti. Quanto precede, sempre che una perdita durevole di valore non abbia reso necessario procedere ad operazioni di svalutazione sugli stessi beni. Ma come si perviene ad individuare la perdita di valore, nel dettaglio? A tal fine si rende necessaria l’adozione di una procedura interna, da ripetersi ogni anno, tesa ad individuare l’eventuale sussistenza del presupposto che rende obbligatorio il ricorso alla svalutazione di un’immobilizzazione. La società deve, in corrispondenza di ogni data di riferimento del bilancio annuale, verificare la presenza di indicatori che facciano intravedere difficoltà connesse al recupero del valore netto contabile poc’anzi citato. Si tratta di un mix di fattori interni ed esterni all’impresa, che si possono sintetizzare come segue :

  • diminuzioni del valore di mercato dell’immobilizzazione specifica, ovvero di un complesso di beni strettamente connessi tra loro, che include quello in esame;

  • mutamenti dell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o legale, capaci di influssi negativi sul valore dell’immobilizzazione;

  • cambiamenti nell’utilizzo, o nello stato fisico del bene, tali da renderne evidente l’obsolescenza, o il deterioramento, e da poter così, incidere negativamente sul valore del bene;

  • evidenze interne, dalle quali si desuma che il rendimento del bene, o quello complessivamente attribuibile alla società, è inferiore alle attese;

  • nell’ipotesi di costruzione in economia dell’immobilizzazione, capitalizzazioni di costi in misura eccedente quanto inizialmente stimato, con conseguente, eccessiva, lievitazione del valore iniziale attribuito al cespite.

Nell’ipotesi in cui uno o più degli indicatori appena illustrati evidenzi una perdita di valore del bene, tale da determinare un valore netto contabile superiore a quello recuperabile, si renderà necessario procedere alla svalutazione del cespite interessato.

Con l’espressione “valore recuperabile”, si intende il maggiore tra il valore d’uso del bene, ed il suo valore di presumibile realizzo, in sede di alienazione. Per “valore d’uso” può farsi riferimento alla capacità di ammortamento, intesa come “… valore attuale dei flussi di cassa attesi nel futuro, derivanti o attribuibili alla continuazione dell’utilizzo dell’immobilizzazione, compresi quelli derivanti dallo smobilizzo della stessa, al termine della sua vita utile1”. Il valore di presumibile realizzo pare francamente più facilmente ed oggettivamente determinabile, sempre che esista un mercato attivo per un’attività, nel senso individuato dallo IAS n. 362, o, comunque, più semplicemente, che il bene venga periziato da Tecnico abilitato e competente in materia. L’ammontare ottenibile, ad esempio, per la vendita di un impianto potrebbe anche essere stimato, ad esempio, assumendo a riferimento transazioni precedenti eseguite dall’impresa medesima, o da altre operanti nello stesso settore produttivo. Pertanto, in termini operativi, andrà raffrontato il valore netto contabile con quello di presumibile realizzo in sede di alienazione, e, soltanto laddove emerga che il primo risulti maggiore del secondo, e che tale differenza abbia carattere durevole, si dovrà ricorrere ad una svalutazione. Riassumendo, pertanto, esiste una precisa prassi da seguire, che può sintetizzarsi come segue:

    • ricezione di indicazioni tali da far supporre ragionevolmente una perdita di valore imputabile ad uno o più cespiti funzionalmente collegati;

    • stima del “valore recuperabile” attribuibile al bene durevole, individuando il maggiore tra il “valore d’uso” e quello di “presumibile realizzo” conseguibile in sede di vendita dello stesso cespite

    • raffronto tra il valore netto contabile iscritto in contabilità e quello “recuperabile”, come poc’anzi definito. Laddove il primo risulti maggiore del secondo, procedere ad una svalutazione tesa ad uniformare il valore contabile a quello recuperabile.

 

Va comunque evidenziato che non è sempre necessario stimare sia il “valore d’uso” che quello di “presumibile realizzo”: viceversa, basta che una delle due entità poc’anzi citate, indifferentemente, risulti superiore al valore contabile netto, per evidenziare che il bene, non avendo subito una perdita durevole di valore, non sia suscettibile di svalutazione.

 

3. Perdita durevole di valore: rilevazione contabile

Come si è evidenziato in precedenza, qualora si manifesti una perdita durevole di valore, l’impresa deve svalutare il valore netto contabile originariamente iscritto in contabilità, rilevando un componente negativo di reddito pari al predetto decremento . La svalutazione è portata a diretta rettifica dell’immobilizzazione cui è riferita, ed iscritta alla voce 10.c) del Conto Economico, “altre svalutazioni delle immobilizzazioni”, secondo quanto previsto dall’articolo 2425 del codicecivile. Di diversa impostazione è l’ipotesi in cui la perdita di valore avvenga in dipendenza di eventi calamitosi, come potrebbero essere distruzioni conseguenti ad allagamenti, incendi, o altri fatti del tutto indipendenti dalla volontà dell’impresa. Ricorrendo le ipotesi suddette, il paragrafo D. IX del principio OIC n. 16 considera opportuno trattare la perdita alla stregua di un onere straordinario, e più precisamente, di una sopravvenienza passiva, da imputare alla voce E. 21 del conto economico.

Volendo procedere ad un’esemplificazione basata su una svalutazione non dipendente da eventi fortuiti o calamitosi, poniamo che una società abbia acquistato in data 1 gennaio 2010 un macchinario, del costo di 100.000,00 euro , con una vita utile stimata in 10 anni (fino al 2019 compreso), ed aliquota di ammortamento del 10% annuo. Al termine dell’esercizio 2012 si ritiene opportuno procedere ad una svalutazione, in ragione di 10.000,00 euro. Vediamo di “ricostruire” il valore del cespite al termine dello stesso esercizio 2012.

Date di riferimento

Operazioni Intervenute

Valore del Cespite

01/01/10

Iscrizione a valori di costo

100.000,00

31/12/10

Ammortamento

10.000,00

31/12/10

Valore “netto” contabile

90.000,00

31/12/11

Ammortamento

10.000,00

31/12/11

Valore “netto” contabile

80.000,00

31/12/12

Ammortamento

10.000,00

31/12/12

Svalutazione

10.000,00

31/12/12

Valore “netto” contabile

60.000,00

Dal punto di vista delle rilevazioni contabili, la svalutazione andrà così rilevata:

_______________ 31.12.2012 ________________________

Svalutazione Impianti a Impianti 10.000,00

( B)10.c) C.E.) ( B) II- 2) Attivo S.P.)

4. Disallineamento tra valori civili e fiscali: soluzioni per il recupero a fini fiscali della svalutazione

La svalutazione, imputata in contabilità, e nel bilancio d’esercizio, secondo i criteri civilistici cui si è appena fatto riferimento, genera un disallineamento tra valori civili e fiscali, stante la mancata incidenza delle rettifiche contabili sul valore fiscalmente riconosciuto del cespite.

La rettifica civilistica del valore di un’immobilizzazione, infatti, pur andando a ridurre gli ammortamenti civilistici futuri, lascia impregiudicati quelli rilevanti fiscalmente, che seguitano indisturbati ad essere calcolati sulla base del costo originario, nei limiti dei coefficienti previsti dal Dm Economia del 31 dicembre 1988. Con particolare riferimento all’esercizio di effettuazione della svalutazione, si rende inoltre necessario operare, in sede dichiarativa, una variazione in aumento del reddito imponibile, in misura pari alla perdita di valore imputata a conto economico. Quanto precede, stante la temporanea irrilevanza, ai fini fiscali, della rettifica operata sul valore del cespite, mediante la svalutazione operata e imputata a conto economico. Quali le soluzioni possibili per conseguire il recupero fiscale della svalutazione eseguita?

La soluzione “logica” sarebbe quella di conseguire detto recupero in coincidenza con il realizzo del bene ; resta tuttavia evidente la problematicità di detta soluzione, laddove tale realizzo può essere estremamente lontano nel tempo, o al limite, non avvenire affatto. E’ possibile perseguire una soluzione alternativa, soltanto ove l’ammortamento imputato a conto economico sia inferiore a quello massimo fiscalmente ammissibile, in base ai coefficienti determinati dal Dm del 31 dicembre 1988 . In tale ipotesi, infatti, si può imputare ogni anno una variazione in diminuzione in dichiarazione, pari alla differenza tra il valore tabellare massimo rilevante fiscalmente e quanto imputato a conto economico. Tale comportamento è possibile anche alla luce del disposto di cui all’articolo 109, comma 4, lettera a, del vigente TUIR, stante l’integrale imputazione a conto economico della svalutazione, in esercizi precedenti a quelli interessati dalle variazioni in diminuzione citate. In effetti la svalutazione di un bene, consistendo sostanzialmente in una rettifica del valore originario, al pari dell’ammortamento, va a costituire parte dell’ammortamento deducibile fiscalmente. Quest’ultimo, in aggiunta alla quota annuaordinariamente stanziata contabilmente3, sarà quindi costituito dalla differenza tra i valori tabellari massimi e quelli imputati a conto economico, da imputare annualmente in dichiarazione, a mezzo di variazioni in diminuzione extracontabili. Operando come indicato, si otterrà l’effetto di “spalmare” la svalutazione sulla vita utile del cespite, recuperando quanto era rimasto temporaneamente privo di effetti fiscalmente rilevanti. In tal senso si è recentemente espressa, sia pure con riferimento all’Irap, l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 26/E del 20 giugno 2012.

Volendo esemplificare tale ipotesi, si ipotizzi che la società Alfa s.r.l. abbia acquistato, in data 01.01.2010 un impianto produttivo del valore di 200.000,00 euro avente vita utile decennale (sino al 2019 compreso), con coefficiente d’ammortamento annuo pari al 10%. Al termine del 2012, viene reputata opportuna una svalutazione, per durevole perdita di valore del bene, dell’ammontare di 20.000,00 euro : quanto precede, senza che la vita utile del bene subisca alcuna variazione, rimanendo stabilita in ulteriori 7 esercizi, con termine al 31.12.2019 . L’ammortamento eseguito, a decorrere dal 2013, sarà pari a 17.143,004 mentre l’ammontare massimo deducibile fiscalmente resterà di 20.000,00 euro annui, pari al coefficiente tabellare stabilito per la categoria di immobilizzazione in esame.

Nel modello Unico SC 2013, dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2012, la società dovrà operare una variazione in aumento dell’imponibile Ires, al Rigo RF20, in misura pari alla svalutazione eseguita (20.000,00 euro). In ogni esercizio successivo, a decorrere dal 2013, sino al 2019, la società potrà eseguire variazioni in diminuzione, in ragione di 2.857,00 5 euro all’anno .

Periodi d’imposta

Valori iniziali e rettifiche

Ammortamenti civilistici

Ammortamenti fiscali massimi “tabellari”

Variazioni in aumento

Variazioni in diminuzione

2010

200000

20000

20000

 

 

2011

 

20000

20000

 

 

2012

-20000 svalutazione

20000

20000

20000

 

2013

 

17143

20000

 

2857

2014

 

17143

20000

 

2857

2015

 

17143

20000

 

2857

2016

 

17143

20000

 

2857

2017

 

17143

20000

 

2857

2018

 

17143

20000

 

2857

2019

 

17142

20000

 

2858

Totali

180000

180000

200000

20000

20000

5. Gli effetti della svalutazione sull’Irap

La rilevazione nel conto economico della svalutazione eseguita non è deducibile ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, seguendo sostanzialmente, lo stesso “copione” già esaminato con riferimento all’IRES. Anche per l’imposta in esame, tuttavia, resta valida la soluzione appena illustrata, che consente il recupero a fini fiscali del costo non dedotto, durante il processo di ammortamento civilistico, anziché alla sua conclusione, o in occasione della dismissione del cespite. Alla base imponibile irap, infatti, non concorrono le plusvalenze e minusvalenze, originate da valutazioni e stime, e l’articolo 5 del decreto legislativo n. 446/97, nega esplicitamente la deducibilità, con riferimento alla voce B.10), lettera c), del conto economico, dedicata alla svalutazione delle immobilizzazioni. La logica sottesa a tale disposizione intende evitare il recupero, a fini fiscali, di costi privi di certezza, in quanto derivanti da mere stime e previsioni. Con la già citata circolare n. 26/E del 20 giugno 2012, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “nelle circolari n. 27/E e n. 36/E del 2009 è stata chiarita la disciplina IRAP applicabile nell’ipotesi in cui i beni risultano iscritti nei bilanci … secondo valori inferiori a quelli fiscali, in quanto oggetto di svalutazioni rilevanti ai soli fini civilistici”. Prosegue quindi la stessa circolare affermando che “… nell’ipotesi in cui … si sia in presenza di un disallineamento tra il valore civile e il valore fiscale dei beni, trovano ancora applicazione le regole previgenti all’entrata in vigore della legge finanziaria 2008 e, in particolare, quelle dell’articolo 11-bis del decreto legislativo n. 446 del 1997. Tale ultima disposizione…consente di effettuare anche ai fini IRAP le variazioni in diminuzione operate ai fini IRES, perrecuperare la svalutazione non dedotta”.

Sostanzialmente, quindi, anche per l’Irap sarà possibile seguire quanto evidenziato nell’esempio e nella tabella precedente, provvedendo nel modello Irap 2013 (dichiarazione ai fini Irap per il periodo d’imposta 2012) ad effettuare una variazione in aumento di importo pari alla svalutazione eseguita nel 2012 (euro 20.000,00), mentre nelle dichiarazioni riferite ai periodi d’imposta che vanno dal 2013 al 2019, andranno effettuate variazioni in diminuzione di 2.857,00 euro cadauna.

6. La svalutazione dell’immobile “merce” non ha effetti fiscali

Come è noto, non sempre i beni materiali durevoli (mobili e immobili) hanno natura di beni strumentali allo svolgimento dell’attività d’impresa ; talvolta, come nel caso “tipico” delle imprese edili (ma non solo) ci si imbatte, ad esempio, in beni immobili iscritti contabilmente tra le rimanenze. Interessante e di estrema attualità è il caso preso in esame dall’Agenzia delle Entrate, direzione centrale normativa, con la Risoluzione n. 78 del 12 novembre 2013. Si tratta6 di un provvedimento emesso, a seguito di un’istanza presentata da una società: quest’ultima chiedeva lumi circa il corretto trattamento fiscale da attribuire alla svalutazione, eseguita su un immobile contabilizzato al costo sostenuto. La società di cui si è detto poc’anzi, aveva acquisito l’immobile da una procedura di tipo giudiziario, lo aveva iscritto tra le rimanenze di magazzino, valutandolo al costo di acquisto, maggiorato degli oneri accessori. In una fase successiva, con l’ausilio di una perizia tecnica di parte, veniva evidenziata la difformità dell’immobile rispetto alla licenza edilizia rilasciata tempo prima. Quanto precede, con conseguente perdita di valore, che avrebbe potuto essere trovare adeguata rappresentazione contabile, mediante la svalutazione del bene in esame. La tematica7 non è di poco conto, specialmente in questi tempi di crisi economica nei quali, ad esempio la crisi del mercato immobiliare può rendere opportuna la svalutazione a valori di mercato di immobili acquisiti o costruiti in annualità antecedenti, che non risentivano ancora dell’attuale situazione.

L’Agenzia delle Entrate, di diverso avviso, si è attestata sull’interpretazione dell’articolo 92 del vigente TUIR, secondo la quale la svalutazione dei beni merce non avrebbe alcuna rilevanza fiscale, quando gli stessi risultino valutati al costo specifico. Tipicamente vengono valutati con quest’ultimo metodo i beni non fungibili, o comunque, non suscettibili di valutazione “in serie”: esempi di tali beni possono essere rappresentati, oltre che dagli immobili, da impianti e macchinari, o altri beni durevoli che comunque siano realizzati su commessa.

L’articolo 92 poc’anzi citato, al comma 1, afferma che “… le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici … sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore…”, ed attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello ottenibile alternativamente, dal Lifo a scatti, ovvero dal metodo della media ponderata, o dal Fifo.

Sostanzialmente quindi, secondo la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, con il documento di prassi in esame, la svalutazione troverebbe riconoscimento fiscale, soltanto con riferimento ai beni “merce” valutati per masse e raggruppati in categorie omogenee... Solo per questi beni, sarebbe pertanto possibile l’adeguamento al valore di mercato mediante la svalutazione. Una tesi divergente da quella appena illustrata, afferma invece che le svalutazioni operate a fini civilistici, ed inerenti beni “merce” valutati a costi specifici8, assumerebbero immediata rilevanza fiscale, stante la derivazione del reddito fiscale dal conto economico, come rettificato in considerazione delle disposizioni del Testo Unico delle imposte dirette: principio sancito dall’articolo 83 dello stesso TUIR. Gli assertori della presente tesi (contrapposta a quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate) affermano inoltre che l’esclusiva, specifica, enunciazione riservata dal Legislatore ai soli beni fungibili, in materia di svalutazioni delle rimanenze, è da ricondursi al fatto che solo per questi ultimi si rendeva necessaria un’apposita previsione normativa. Quanto precede, diversamente dai beni merce valutati a costi specifici, per i quali la comparazione del valore attribuito con il valore di mercato, sarebbe dovuta derivare immediatamente dal ricorso all’articolo 2426 n. 9 del codice civile. La norma civilistica richiamata, infatti, afferma che le rimanenze, devono essere iscritte in bilancio “… al costo di acquisto o di produzione, …, ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore…”.

Resta il fatto che il documento di prassi illustrato in precedenza debba allarmare gli operatori circa l’attenzione da porre nella valutazione circa gli effetti fiscali da attribuire alla svalutazione, nelle ipotesi considerate9.

23 gennaio 2014

Giuseppe Pagani

1 Principio contabile OIC n°16 – “Immobilizzazioni Materiali” Par. D.X.III

2 Lo IAS 36 individua un “mercato attivo” laddove coesistano le seguenti condizioni: a) gli elementi commercializzati sul mercato risultino tra loro omogenei; b) acquirenti e venditori disponibili possono essere agevolmente ed ordinariamente reperiti in ogni momento; c) i prezzi e le quotazioni sono disponibili al pubblico.

3 Sempre che la quota imputata a conto economico, lo si ripete, risulti inferiore ai valori “tabellari” massimi ammissibili fiscalmente.

4 Valore di costo = 200.000,00 euro; Ammortamenti eseguiti al 31.12.2012 = 60.000,00 euro; Svalutazione eseguita al 31.12.2012 = 20.000,00 euro; Valore residuo al 31.12.2012 = 200.000,00 – 80.000,00; Ammortamento dal 2013 = 120.000/7 = 17.143,00 euro.

5 Variazione in diminuzione in dichiarazione = Ammortamento “tabellare” – Ammortamento eseguito = 20.000,00 – 17.143 = 2.857,00 euro

6 Andrea Taglioni, “Svalutazione dei beni merce senza rilevanza tributaria”, in “il Sole 24 Ore” del 13 novembre 2013.

7 Luca Miele, “La svalutazione non paga”, in “il Sole 24 Ore” del 25 novembre 2013.

8 in quanto non disciplinate espressamente, dal comma 5dell’articolo 92 del Tuir (che disciplina la svalutazione al valore normale delle rimanenze), né dal comma 1 dell’articolo 101 dello stesso Testo Unico, che si occupa della disciplina delle “minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite”.

9 Riferimento bibliografico generale, Giuseppe Pagani, “Svalutazioni di immobilizzazioni materiali : profili civilistici, contabili e fiscali”, in “il fisco” n. 38/2013.