Accertamento induttivo e accertamento analitico-induttivo: quali le differenze?

Le metodologie di accertamento induttivo e accertamento analitico-induttivo sembrano essere simili nei presupposti e nella ricostruzione del reddito, tuttavia esistono importanti differenze pratiche: scopriamole per sapere come difendersi…

accertamento analitico induttivo e accertamento induttivoCon la sentenza n. 13774 del 31 maggio 2013 (ud. 8 maggio 2013) la Corte di Cassazione lascia campo libero al metodo di accertamento da utilizzare, esistendone i presupposti, rilevando le differenze esistenti fra i diversi metodi di accertamento.

 

Motivi della decisione

In apertura la Corte di Cassazione rileva che,

“a fronte della dichiarazione del contribuente, l’Ufficio può rettificare in aumento l’imponibile esposto nella dichiarazione con tre metodi, quello analitico-contabile, quello extracontabile o induttivo e quello, che qui interessa, misto, analitico – induttivo. Con tale metodologia, la determinazione (o meglio, la rettifica) del reddito viene effettuata sempre nell’ambito delle risultanze della contabilità, ma con una ricostruzione induttiva di singoli elementi, attivi o passivi, di cui risulti provata aliunde l’inesattezza o la mancanza”.

Nell’ipotesi prevista dall’art. 39, c. 1, lett. d, del D.P.R. n. 600 del 1973, in tema di imposte reddituali, la rettifica in aumento dell’imponibile esposto in dichiarazione è possibile se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonchè dei dati e delle notizie raccolte dall’Ufficio, anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

Il metodo misto trova applicazione analoga anche ai fini IVA ed è disciplinato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, cc. 2 e 3; la determinazione dell’imponibile è ancorata alle risultanze delle registrazioni contabili e la rettifica concerne singoli corrispettivi relativi ad operazioni imponibili non dichiarati o non risultanti dalla contabilità.

Nel caso di specie,

“la modalità di accertamento adottata dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato risulta fondata su dati desunti proprio dalle scritture aziendali, in rapporto alla documentazione contabile ed extracontabile reperita presso una terza società che aveva avuto rapporti commerciali con la NP, e quindi non soggiace alla disciplina del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 55, bensì a quella del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, e D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54; sì tratta, cioè, di accertamento analitico – induttivo e non di accertamento induttivo extracontabile e, pertanto, andava giudicato legittimo anche in presenza di contabilità formalmente regolare (Cass. 1647-17408 e 21697/2010; Cass. 7184/2009; Cass. 5977/2007)”.

Osserva la Corte che

“in tema di determinazione del reddito d’impresa, mentre all’accertamento con metodo induttivo (extracontabile) D.P.R. 20 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 2, lett. d, si ricorre in presenza di contabilità complessivamente inattendibile, in quanto tale rivelata dalle circostanze indicate nella norma, e con riferimento al reddito complessivamente considerato, l’accertamento con metodo analitico-induttivo D.P.R. 20 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d, si risolve nella rettifica di singole componenti reddituali e presuppone elementi presuntivi semplici, purchè gravi, precisi e concordanti, che prospettino l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, secondo canoni di ragionevole probabilità (cfr. Cass. 26919/06, 9884/02 63377/02).

Si è altresì ribadito che ‘l’accertamento in rettifica è consentito, ai sensi del D.P.R. 20 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d, pure in presenza di contabilità formalmente regolare, giacchè la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata’ (cfr. la giurisprudenza richiamata in precedenza)”.

 

Osservazioni giurisprudenziali

Di recente, con la sentenza n. 13305 del 17 giugno 2011 (ud. del 15 marzo 2011) la Corte di Cassazione ha fornito un vero e proprio vademecum in materia di accertamento induttivo, distinguendolo dall’accertamento analitico con posta induttiva sui ricavi, facendo così giustizia di tutta una serie di pronunce di merito divergenti.

In materia di redditi di impresa, l’art. 39, c. 2, del D.P.R. n. 600/73 consente all’Ufficio di condurre l’accertamento sulla base dei datie delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, senzariferimento alla contabilità del contribuente (“In deroga alle disposizionidel comma precedente l’ufficio delle imposte determina il reddito d’impresasulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a suaconoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanzedel bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersianche di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lett. d) del precedentecomma”), in una serie di ipotesi tra le quali ècompresa quella in cui lacontabilità del contribuente sia resa inattendibile da gravi, numerose eripetute omissioni e false o inesatte indicazioni o irregolarità formaliquando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate ovvero le irregolarità formali delle scritture contabilirisultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute darendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanzadelle garanzie proprie di una contabilità sistematica.

Rileva la Corte nella sentenza n.13305/2011 che detta metodologia di accertamento (c.d. extracontabile) risulta legittima in materia di accertamento dei redditi di impresa, per il disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 2, lett. d (analoga disposizione è peraltro dettata in materia di accertamento IVA dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55) “solo se la contabilità del contribuente risulti viziata da irregolarità così gravi, numerose e ripetute da risultare inattendibile.

Da ciò consegue che l’esistenza di tali irregolarità, se contestata dal contribuente, dev’essere dimostrata dall’Amministrazione e sulla relativa questione di fatto il giudice si deve pronunciare con adeguata motivazione” in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’accertamento extracontabile, Cass. 16724/2005:

“Ai fini della legittimità del ricorso all’accertamento induttivo in materia di IVA, alla luce del disposto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,art. 55, comma 2, n. 3, in presenza di violazioni (riguardanti, nella specie, la mancata conservazione delle bolle di accompagnamento, la mancanza di pagine nel registro degli inventali e la omessa redazione dell’inventario delle rimanenze) plurime e ripetute (in quanto riferite a più annualità), che sembrino, pertanto, ‘ictu oculi’ compromettere una trasparente ricostruzione dell’attività commerciale svolta dal contribuente, il giudice del merito è tenuto a spiegare perchè la contabilità possa essere considerata, comunque, attendibile, e perchè, quindi, le violazioni non siano da considerarsi gravi.

Il parametro della ‘gravità’, in tali casi, può infatti essere ricavato soltanto in negativo, nel senso che, normalmente, violazioni numerose e ripetute rendono di per sè inattendibili le scritture contabili, a meno che non si tratti di violazioni di scarso rilievo, configurandosi, quindi la ‘non gravità’ come eccezione, che come tale va dimostrata dal contribuente e deve essere oggetto di motivazione specifica da parte del giudice di merito”.

Diversamente, l’Amministrazione finanziaria può procedere, pur quando il contribuente abbia una contabilità complessivamente attendibile, alla rettifica di singole poste (tra cui anche la posta dei ricavi) mediante accertamento c.d. analitico-induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 1, la cui lettera d prevede che

“l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegate possa desumersi dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art. 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonchè dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32”;

aggiungendo poi che “L’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti” (analoga disposizione, in materia di accertamento IVA, è dettata dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54).

Inoltre, con l’art. 62-sexies del D.L.30.8.1993, n.331, conv. con modif. nella L. 29.10.1993, n.427, è stato integrato l’art.39, c. 1, lett. d, del D.P.R. n.600/73 e, parallelamente, l’art. 54 del D.P.R. n. 633/72, ai fini Iva, disponendo che gli accertamenti possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta.

Osserva la Corte nella citata sentenza n. 13305/2011 che il ricorso all’accertamento induttivo cd. “analitico” previsto in materia di accertamento dei redditi d’impresa dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, c. 1 (nonchè, in materia di accertamento IVA, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54), è dunque consentito anche in presenza di scritture formalmente regolari.

Per le differenze tra i due metodi di accertamento la Corte nella citata sentenza n.13305/2011richiama la sentenza n.20857/2007:

“In tema di determinazione del reddito d’impresa, mentre all’accertamento con metodo induttivo (extracontabile) D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, lett. d, si ricorre in presenza di contabilità complessivamente inattendibile, in quanto tale rivelata dalle circostanze indicate nella norma, e con riferimento al reddito complessivamente considerato – l’accertamento con metodo analitico induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d, si risolve nella rettifica di singole componenti reddituali (ancorchè di grande rilievo quale l’ammontare dei ricavi) e presuppone elementi presuntivi semplici, purchè gravi, precisi e concordanti, che – quali, tra l’altro, quelli basati su rilevanti incongruenza tra costi e ricavi (e, specificamente per le imprese di ristorazione, anche sul solo consumo unitario di tovaglioli) – prospettino l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, secondo canoni di ragionevole probabilità, (cfr. Cass. 26919/06, 9884/02 63377/02)”;

gli stessi concetti in Cass. 27068/2006:

“Se dunque in presenza delle irregolarità della contabilità, meno gravi, contemplate dal D.P.R. n. 600 del 1973,art. 39, comma 1, l’Amministrazione può procedere a rettifica analitica, utilizzando gli stessi dati forniti dal contribuente, ovvero dimostrando, anche per presunzioni, purchè munite dei requisiti di cui all’art. 2729c.c., l’inesattezza od incompletezza delle scritture medesime, allorquando invece viene constatata un’inattendibilità globale delle scritture l’Amministrazione è autorizzata a prescindere da esse ed a procedere in via induttiva, avvalendosi anche di semplici indizi sforniti dei requisiti necessari per costituire prova presuntiva (Cassazione civile, sez. trib., 26 maggio 2003, n. 8273)”,

conforme, Cass. 1711/2007, Cass. 17626/2008 e altre.

In tema di IVA, si veda Cass. 7184/2009:

“Il ricorso al metodo induttivo di accertamento, anche in presenza di contabilità della quale non sia contestata la regolarità formale, è ammissibile (Cass. n. 5977/2007 e, nell’analoga materia dei tributi diretti, Cass. nn. 26130/2007, 20857/2007) in virtù delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 de 1972, art. 54 (a prescindere dalle ipotesi contemplate dal successivo art. 55, riferibile ai casi di omessa tenuta, omessa esibizione o inattendibilità assoluta delle scritture, allorchè l’induzione si avvale, anche di dati e notizie ‘comunque’ raccolti e conosciuti dall’ufficio), il cui comma 1 autorizza l’accertamento in base anche ad ‘altri documenti’, ad ‘altre scritture contabili’ (diverse da quelle previste per legge, eventualmente regolari), ad ‘altri dati e notizie’ raccolti nei modi prescritti dagli articoli precedenti: cosicchè ‘le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze … o anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”.

Da ultimo, nello stesso senso, Cass. 1647/2010, Cass. 17408/2010, Cass. 21697/2010.

 

30 ottobre 2013

Roberta De Marchi