Società di comodo, rimborso d'imposta e norme antielusive

il Fisco non può negare il rimborso, in applicazione delle norme antielusive che vietano i rimborsi alle società non operative, se la società immobiliare non ha svolto la sua normale attività

società di comodoL’ufficio finanziario non può negare il rimborso, in applicazione delle norme antielusive che vietano i rimborsi alle società non operative, se la società non ha svolto la sua normale attività.

La Suprema Corte, con la sent. 19 luglio 2013, n. 17676, ha ritenuto che il divieto di effettuare rimborsi , come previsto dalle disposizioni antielusive, non si applica ai soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività.

L’art. 30 della legge n. 724 del 1994, come modificato dall’art. 3. comma 37, della legge n. 662/96, fornisce per le società di comodo il criterio per poter considerare le stesse nonché gli enti di ogni tipo non residenti non operative allorchè l’ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, risultanti dal conto economico, ove prescritto, è inferiore alla somma degli importi che risultano applicando differenti importi percentuali.

La disciplina fiscale delle società non operative di cui alla legge 724/1994 prevede una procedura di determinazione del reddito in via presuntiva mediante l’applicazione di coefficienti prestabiliti di produttività sui singoli cespiti, considerati come beni fruttiferi.

Anche in seguito alle modifiche introdotte dalla legge del 2006, la disciplina fiscale prevista per le società operative può essere disapplicata mediante interpello del contribuente solo qualora abbia fornito prova della sussistenza di situazioni oggettive che hanno impedito il conseguimento del reddito minimo presunto.

Nel caso di specie la società aveva inoltrato un’istanza di rimborso IVA e l’ufficio l’aveva respinto contestando una presunta elusione fiscale atteso che la società non svolgeva attività commerciale bensì attività di mero godimento di immobili, assurgendo a società di comodo e come tale esclusa dal diritto al rimborso.

Sia in primo che secondo grado i giudici tributari hanno riconosciuto le doglianze della società che non costituiva una società di comodo, come tale soggetto al divieto di rimborso dell’eccedenza dell’IVA.

L’ufficio ha proposto ricorso per cassazione ritenendo che il diniego del rimborso è pienamente legittimo ricorrendo i presupposti normativi.

La Suprema Corte, respingendo il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ha ritenuto che in tema di IVA ed in caso di istanza di rimborso della imposta versata in eccedenza, le norme antielusive che impongono il divieto di effettuare rimborsi a società non operative non si applicano ai soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività.

Tali soggetti sono da individuarsi, non soltanto nelle società che si trovano in formale liquidazione, non essendo giustificata tale più ristretta accezione dall’ampio tenore letterale della norma, ma anche in quelle che, pur non svolgendo l’ordinaria attività commerciale, siano nondimeno operative anche a fini più limitati, e ristretti ad una sola operazione da compiere (cfr. Cass. 26 luglio 2012, n. 11368; 10100/05)

Nel caso in esame, la società aveva esposto una serie di fatti e circostanze certamente idonea a porre in risalto l’esistenza di un periodo di attività limitata a seguito del verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili. Gli eventi straordinari ed imprevedibili nella vita della società, che possono ridurre notevolmente l’attività, rappresentano un valido motivo per disapplicare la norma antielusiva sulle società di comodo, per cui l’Amministrazione finanziaria non può contestare l’elusione fiscale negando il rimborso dell’Iva.

La giurisprudenza di merito ha ritenuto che in tema di società di comodo, non è rilevabile, ai sensi dell’art. 30 legge n. 724/94, un’attività elusiva, quando, come nel caso in esame, il protrarsi in diversi anni di una “situazione di non normale svolgimento dell’attività economica”, non è il dettato di un preciso intento dilatorio, ma è sicuramente riconducibile alle sistematiche lungaggini burocratiche, amministrative e bancarie (CTR Sardegna 16 novembre 2012, n. 40).

La società che affitta l’azienda non è di comodo se dimostra di trovarsi in una situazione che oggettivamente impedisce il conseguimento dei ricavi minimi fissati al fine della determinazione della non operatività (CTP Trento 27 settembre 2009, n. 55).

 

22 ottobre 2013

Enzo Di Giacomo