Dati sballati sulle materie prime? La contabilità si considera irregolare

Quando, a seguito di un controllo, risulta che gli acquisti di materie prime sono sballati rispetto ai prodotti finiti dichiarati, allora il Fisco può legittimamente presumere che la contabilità non sia veritera e può procedere ad accertamento analitico-induttivo

accertamento induttivo basato sulle percentuali di ricaricoCon la sentenza n. 16687 del 3 luglio 2013 (ud. 17 gennaio 2013) la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la ricostruzione dei ricavi operata dall’ufficio fondata sulle fettucce adesive necessarie per sigillare le confezioni di pannolini.

In pratica, l’accertamento dei maggiori ricavi derivava dal controllo indiretto della produzione effettuato dai verificatori sulla scorta di dati forniti dalla stessa società relativi alle quantità di materie prime utilizzate ed ai prezzi di vendita.

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte, innanzitutto, rileva che la CTR ha, del tutto correttamente e logicamente, dapprima escluso l’attendibilità delle scritture contabili (in considerazione delle “incongruenze accertate in sede di determinazione delle quantità dei sacchetti”) e quindi affermato la legittimità del controllo indiretto operato dall’Ufficio sulla scorta dei dati forniti dalla società stessa; nell’esaminare, poi, nel merito, l’affidabilità del criterio induttivo utilizzato dall’Ufficio, la stessa CTR ha ritenuto “sbrigativa e superficiale” la decisione adottata dalla CTP (che aveva in toto annullato la ripresa fiscale in questione, in quanto il criterio utilizzato non teneva conto dell’unica componente indicativa, e cioè del tape di chiusura dei pannolini), precisando che il detto criterio non poteva essere disatteso sic et simpliciter ma che lo stesso doveva considerarsi valido quanto meno al fine di determinare il numero di pannolini venduti (ed il conseguente ricavo) in base ai riscontrati tape di chiusura.

 

Osserva, ancora la Corte, che in tema di accertamento delle imposte sui redditi,

“la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile; in tali casi è, pertanto, consentito all’ufficio dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici – purchè gravi, precise e concordanti -, maggiori ricavi o minori costi, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (v. da ultimo, Cass. 7871/2012; 20857/07; 2501/2006; 6337/2002)”.

E nel caso di specie, la CTR ha fatto corretta applicazione di siffatto principio, in quanto ha

“dapprima escluso (sulla base delle incongruenze accertate) l’attendibilità delle registrazioni contabili, ed ha poi desunto, sulla base di prova presuntiva (grave, precisa e concordante) fornita dall’Ufficio, i maggiori costi come sopra precisati; contrariamente a quanto sostenuto dalla società, non può dubitarsi che la prova presuntiva abbia, nell’ipotesi in questione, i detti caratteri (gravità, precisione e concordanza), atteso che da un fatto noto e pacifico (il numero dei ‘tape’) la CTR è giunta al fatto da provare (il numero dei pannolini prodotti ed il conseguente ricavo dalla vendita degli stessi) attraverso un ragionamento strettamente logico (e cioè che per ogni pannolino è necessario un ‘tape’), tale da far ritenere il fatto da provare quello più attendibile e probabile”.

 

 

Accertamento induttivo – Brevi note

La sentenza in rassegna appare degna di nota perché ci troviamo davanti ad una ricostruzione di ricavi operata nei confronti di una società di produzione, dove i sistemi di controllo interno dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) ridurre le ipotesi di evasione classica.

I verificatori, quindi, sono partiti dall’acquisto delle materie prime: il tape di chiusura delle confezioni dei pannolini.

Al fine di ritenere correttamente desunta una presunzione semplice, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo, invece, sufficiente che le circostanze sulle quali essa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del secondo come una conseguenza del primo (già accertato in giudizio) alla stregua di canoni di ragionevole probabilità, dovendosi cioè ravvisare una connessione tra la verificazione del fatto già accertato e quella del fatto ancora ignoto alla luce di regole di esperienza che convincano il giudice circa la verosimiglianza della verificazione stessa dell’uno quale effetto dell’altro.

Il relativo accertamento può presentare, quindi, qualche margine di opinabilità, atteso che il procedimento logico di deduzione non è quello rigido che è imposto in caso di presunzione legale.

In mancanza di elementi probatori di segno diverso, non evidenziati dal contribuente, o comunque valutati diversamente dal giudice, non può censurarsi l’operato del giudice che, adeguatamente motivando, fondi il proprio convincimento su un unico elemento presuntivo (le fettucce adesive per il confezionamento), là dove tale elemento risulti grave e preciso, mentre, dall’altro lato, l’apprezzamento di detto giudice circa l’esistenza degli elementi assunti a fronte della presunzione e circa la rispondenza di questi ai requisiti richiesti dalla legge si sottrae al sindacato di legittimità, se convenientemente motivato alla stregua dei criteri sopra indicati (cfr. Corte Cass. 26 marzo 1997, n. 2700; Corte Cass. 6 giugno 1997, n. 5082; Corte Cass. n. 8494/1998; Corte Cass. 14 settembre 1999, n. 9782).

 

15 ottobre 2013

Francesco Buetto