Detraibilità del credito IVA-IRPEF-IRAP-IRES maturato nell’anno in cui la dichiarazione risulta omessa

ecco come devono comportarsi i contribuenti che intendono recuperare un credito pur avendo omesso la dichiarazione: viene affrontato anche il trattamento della fattispecie in sede contenziosa, in sede di mediazione o conciliazione giudiziale.

Come è noto, con la circolare n. 34/E del 6 agosto 2012 l’Agenzia delle Entrate era intervenuta sul riconoscimento delle eccedenze di imposta a credito maturate in annualità per le quali le dichiarazioni risultano omesse, modificando, di fatto, la posizione assunta nella R.M. n.74/2007.

Oggi, con la circolare n.21/E del 25 giugno 2013 le Entrate ritornano sull’argomento, fornendo ulteriori chiarimenti.

 

 

Detraibilità del credito maturato nell’anno della dichiarazione dei redditi omessa

LA CIRCOLARE N. 34/2012

Vediamo quali sono i passaggi salienti della circolare n.34/2012.

 

Detraibilità del credito IVA maturato nell’anno in cui la dichiarazione risulta omessa

Come è noto, spesso, in sede di liquidazione delle dichiarazioni IVA ai sensi dell’art. 54-bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, viene rilevato che alcuni contribuenti riportano in dichiarazione un’eccedenza di imposta a credito generata nel precedente periodo d’imposta per il quale la relativa dichiarazione risulta omessa ( ai sensi dell’art. 2, comma 7, del DPR n. 322 del 1998, si considera omessa anche la dichiarazione presentata con un ritardo di oltre 90 giorni).

In tali casi, nel liquidare le imposte dovute in base alla dichiarazione relativa all’anno d’imposta in cui è avvenuto il riporto a nuovo del credito generatosi nel periodo d’imposta in cui è stata omessa la dichiarazione, il sistema genera naturalmente una comunicazione di irregolarità, nella quale si contesta il riporto del predetto credito e, di conseguenza, un corrispondente maggior debito d’imposta o una minore eccedenza detraibile.

Ai sensi dell’art. 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, viene altresì contestata la sanzione pari al 30 per cento del maggior debito di imposta o della minore eccedenza detraibile ( sanzione ridotta a un terzo nel caso di pagamento delle somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462).

In assenza del versamento delle somme richieste con la comunicazione di irregolarità, l’imposta, i relativi interessi e le sanzioni sono iscritti a ruolo.

Sovente i contribuenti ricorrono in giudizio avverso le conseguenti cartelle di pagamento eccependo la “spettanza sostanziale” del credito (benché non dichiarato) e sostenendo che l’ufficio sarebbe stato obbligato a controllare l’effettività dello stesso, attraverso l’accertamento induttivo riferito all’annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, ai sensi dell’art. 55 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Sul punto, il secondo comma dell’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che, “Se dalla dichiarazione annuale” risulta una eccedenza di IVA detraibile “il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività”.

Sulla base della citata previsione normativa ne deriva – per le Entrate  – che in caso di omessa dichiarazione annuale il contribuente non può riportare l’eccedenza di IVA detraibile nella dichiarazione dell’anno successivo (cfr. Corte di Cassazione, sentenza 4 maggio 2010, n.10674, nella quale si afferma che “l’inottemperanza del contribuente all’obbligo della dichiarazione annuale esclude implicitamente la possibilità di recuperare il credito maturato in ordine al relativo periodo d’imposta attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successivo”. Negli stessi termini anche sentenza 12 gennaio 2012, n 268; 11 gennaio 2008, n. 433), né chiederne il rimborso nelle ipotesi regolate dall’articolo 30 medesimo.

Ne consegue la legittimità dell’operato degli uffici nell’ambito della procedura di cui all’articolo 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, che è volta tra l’altro, a “correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni”, che nel caso di specie risulta omessa.

Il credito, pertanto, non essendo stato dichiarato nell’anno in cui è maturato, non è utilizzabile in detrazione del debito d’imposta in una dichiarazione successiva, a nulla rilevando che lo stesso sia, in ipotesi, effettivamente maturato.

Nella fattispecie in esame, qualora venga riscontrata l’effettività del credito, il contribuente è ammesso al rimborso dell’eccedenza medesima, attraverso la procedura di cui all’art. 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (ai sensi dell’articolo 21, comma 2, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”).

È pertanto possibile che alla pretesa dell’Amministrazione, conseguente alla liquidazione della dichiarazione nella quale è stato riportato il credito maturato in un anno per il quale è stata omessa la relativa dichiarazione, faccia seguito il diritto del contribuente al rimborso del medesimo credito oggetto di recupero.

Resta inteso che le compensazioni tra le somme oggetto di recupero ed il credito eventualmente spettante non sono compatibili con il procedimento di liquidazione di cui all’articolo 54-bis citato.

Nella fattispecie in esame, qualora il contribuente definisca l’obbligazione pagando le somme richieste dall’ufficio, nei termini previsti dalla comunicazione di irregolarità ovvero a seguito della notifica della cartella di pagamento o in esito a una sentenza definitiva a lui sfavorevole, lo stesso potrà presentare istanza di rimborso del credito, entro due anni dal predetto pagamento ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

Nell’esaminare tali istanze, l’ufficio effettuerà il controllo dell’effettiva spettanza del credito, mediante richiesta ed esame della documentazione contabile ed extracontabile necessaria, attenendosi alla prassi operativa concernente i controlli da espletare ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA, fatta salva la facoltà di attivare anche successivamente eventuali specifici controlli sostanziali, al fine di verificare ulteriormente la spettanza del credito. A quest’ultimo fine, le strutture addette alla trattazione delle istanze di rimborso segnaleranno alle strutture che si occupano dei controlli le posizioni maggiormente rilevanti ammesse al rimborso.

In sintesi:

  • il comportamento tenuto dal contribuente (omessa dichiarazione IVA e detrazione in una successiva dichiarazione del credito IVA non dichiarato) viola l’articolo 30 del d.P.R. n. 633 del 1972;  si conferma, pertanto, la correttezza delle contestazioni, ai sensi dell’articolo 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’utilizzo dei crediti originatisi in annualità per le quali sia stata omessa la dichiarazione;
  • il credito maturato in un’annualità per la quale non sia stata presentata la dichiarazione, se effettivamente esistente e spettante, potrà essere riconosciuto al contribuente (benché attenga ad una dichiarazione omessa); più precisamente, il contribuente sarà ammesso a presentare istanza di rimborso del credito, ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, entro due anni dal pagamento degli esiti della liquidazione ovvero dell’esito del contenzioso relativo alla cartella di pagamento conseguente alla liquidazione stessa, favorevole all’Agenzia. In tal caso, il rimborso sarà erogato solo dopo aver riscontrato l’effettiva spettanza del credito.

 

La stessa A.F. riconosce che tali conclusioni, che superano in parte quelle contenute nella risoluzione n. 74 del 2007.

 

Trattamento della fattispecie in sede contenziosa

Ove il contribuente eccepisca nel corso del giudizio l’effettiva sussistenza del credito, esibendo la relativa documentazione, l’ufficio, in sede contenziosa dovrà sostenere anzitutto – secondo quanto sopra evidenziato – la legittimità dell’operato dell’ufficio ai sensi degli articoli 30 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e l’irrilevanza della sussistenza o meno del credito rispetto al thema decidendum, relativo alla liquidazione delle imposte dovute in base a una dichiarazione successiva. In subordine ed in via prudenziale, l’ufficio valuterà la sussistenza di elementi per contestare l’esistenza stessa del credito illegittimamente compensato ed eccepire in giudizio anche tale inesistenza, così da precludere un’eventuale pronuncia circa la spettanza del diritto al rimborso.

Solo dopo che il contribuente abbia effettuato il pagamento delle somme iscritte a ruolo in esecuzione di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, potrà essere presentata istanza di rimborso del credito maturato nell’annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992.

Le Entrate sottolineano, altresì, che anche nell’ipotesi in cui il contribuente abbia diritto al rimborso del credito erroneamente utilizzato in detrazione, la prosecuzione del giudizio e i connessi oneri a carico dell’Amministrazione sarebbero giustificati dalla necessità di conseguire le sanzioni pecuniarie relative al comportamento non corretto del contribuente ai sensi del citato art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997.

 

 

Trattamento della fattispecie in sede mediazione o conciliazione giudiziale

La circolare, tuttavia, apre nell’ipotesi di mediazione, rilevando che le controversie in esame possano essere definite mediante un accordo di mediazione che preveda il riconoscimento del credito effettivamente spettante, qualora il contribuente riconosca a sua volta la legittimità delle sanzioni e degli interessi iscritti a ruolo.

Nel caso in cui venga raggiunto l’accordo di mediazione, inoltre, il contribuente avrà diritto a beneficiare della riduzione delle sanzioni al 40 per cento ai sensi dell’art. 48 del d.lgs. n. 546 del 1992.

In sostanza, posto che il pagamento dell’imposta liquidata dà diritto al contribuente di presentare istanza di rimborso “anomalo” nel termine biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, si ritiene possibile in mediazione “scomputare”, dalla somma originariamente richiesta in pagamento al contribuente, l’eccedenza di IVA detraibile riconosciuta spettante.

Considerato che il diritto di credito emerge solo in fase di mediazione, non possono essere riconosciuti interessi a favore del contribuente.

Nell’accordo di mediazione dovrà altresì evidenziarsi che i controlli eseguiti ai fini del riconoscimento dell’eccedenza a credito non esauriscono le attività di controllo esercitabili dall’Amministrazione finanziaria sull’annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa.

Le medesime considerazioni fin qui svolte in relazione alle istanze di mediazione presentate dai contribuenti avverso le cartelle di pagamento, si possono ritenere valide anche in ordine alla possibilità di definire in sede di conciliazione giudiziale le controversie di valore superiore a 20.000 euro, per le quali l’istituto della mediazione non trova applicazione.

 

 

Riconoscimento dell’eccedenza a credito IRPEF, IRES o IRAP maturata nell’anno in cui la relativa dichiarazione risulta omessa

Analogamente a quanto esposto in materia di IVA, accade sovente che nell’ambito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni dei redditi o dell’IRAP viene rilevato che alcuni contribuenti riportano in dichiarazione un’eccedenza di imposta a credito generata nel precedente periodo d’imposta per il quale la relativa dichiarazione risulta omessa.

Al riguardo, si osserva, che ai sensi dell’art. 2, comma 7, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, le dichiarazioni dei redditi presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse

ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta”.

Dal tenore letterale della disposizione emerge che le dichiarazioni c.d. “tardive” costituiscono per l’Amministrazione finanziaria titolo per la riscossione delle imposte che ne derivano, mentre nulla viene disposto in ordine agli eventuali crediti ivi indicati. Tale mancata previsione da parte del legislatore consente di affermare che la dichiarazione presentata con un ritardo di oltre novanta giorni non è titolo per il riconoscimento dei crediti ivi esposti.

Analogamente, quindi, deve ritenersi legittimo l’operato dell’Amministrazione finanziaria che recupera il credito riportato nella dichiarazione dei redditi successiva, ma derivante da una annualità per cui la dichiarazione è stata omessa, mediante la procedura di cui al citato articolo 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471.

Anche in tal caso, dopo che il contribuente ha definito l’obbligazione pagando le somme richieste dall’ufficio, nei termini previsti dalla comunicazione di irregolarità ovvero a seguito della notifica della cartella di pagamento o in esito a sentenza definitiva a lui sfavorevole, il contribuente potrà richiedere il rimborso del credito maturato nell’annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, entro due anni dal predetto pagamento ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

L’istruttoria delle istanze di rimborso in questione dovrà essere finalizzata alla ricostruzione della posizione fiscale complessiva del contribuente relativamente alla annualità per la quale la dichiarazione risulta omessa, riscontrando la documentazione esibita dal contribuente e gli eventuali dati e notizie a disposizione dell’ufficio.

Resta salva in ogni caso la facoltà di attivare anche successivamente eventuali ulteriori specifici controlli sostanziali, al fine di verificare la spettanza del credito, secondo le stesse modalità illustrate ai fini Iva.

Il riconoscimento del credito, analogamente a quanto affermato in materia di IVA, potrà inoltre avvenire anche in sede di accordo di mediazione o conciliazione giudiziale.

 

 

LA CIRCOLARE N.21/2013

Le Entrate, con la circolare appena pubblicata forniscono ulteriori chiarimenti con i quali smussano la posizione precedentemente assunta.

In pratica, osserva il documento di prassi,

a seguito del ricevimento della comunicazione di irregolarità in esame, se il contribuente ritiene che il credito non dichiarato sia fondatamente ed effettivamente spettante, può attestarne l’esistenza contabile, mediante la produzione all’ufficio competente, entro il termine previsto dagli articoli 36-bis, comma 3, del DPR n. 600 del 1973 e 54-bis, comma 3, del DPR n. 633 del 1972 (trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione), di idonea documentazione (ad esempio, con riferimento alle eccedenze IVA, mediante esibizione dei registri IVA e delle relative liquidazioni, della dichiarazione cartacea relativa all’annualità omessa, delle fatture e di ogni altra documentazione ritenuta utile)”.

 

Resta ferma, naturalmente, la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di effettuare le attività di controllo ai fini dell’IVA, delle imposte sui redditi o dell’Irap in merito alla dichiarazione omessa, anche al fine di accertare l’effettività sostanziale del credito maturato nel relativo periodo d’imposta, la dimostrazione dell’esistenza contabile del credito pone il contribuente, ancorché tardivamente, nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato qualora avesse correttamente presentato la dichiarazione.

L’ufficio,

in esito a tali verifiche, qualora riscontri l’esistenza contabile del credito, ….analogamente a quanto previsto nella fase contenziosa, anziché richiedere l’effettuazione del pagamento seguita da un’istanza di rimborso, potrà “scomputare” direttamente l’importo del credito medesimo dalle somme complessivamente dovute in base alla originaria comunicazione di irregolarità e, conseguentemente, ai sensi del comma 2 dell’articolo 2 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, emettere una “comunicazione definitiva” contenente la rideterminazione delle somme che residuano da versare a seguito dello scomputo operato”.

 

Restano dovuti gli interesse e le sanzioni sulla parte di credito effettivamente utilizzata.

Laddove il contribuente provveda a pagare le somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione delle somme medesime, potrà beneficiare della riduzione della predetta sanzione ad un terzo, ai sensi del citato comma 2 dell’articolo 2 del d.lgs. n. 462 del 1997.

L’appuramento dell’esistenza contabile del credito può essere effettuato esclusivamente dall’ufficio competente nei confronti del contribuente, che è, in tal modo, nella condizione di poter valutare l’opportunità di effettuare o segnalare tempestivamente all’ufficio controlli, eventuali riscontri sostanziali in merito all’effettiva esistenza del credito.

Il contribuente cui viene riconosciuto l’utilizzo dell’eccedenza a credito che si sarebbe dovuta esporre nella dichiarazione omessa, deve essere reso formalmente edotto che l’avvenuta dimostrazione dell’esistenza contabile del credito non preclude, in alcun modo, il potere dell’Amministrazione finanziaria di controllare, ove lo ritenga opportuno e nei termini normativamente previsti, l’effettività sostanziale del credito medesimo ed eventualmente, procedere al recupero dello stesso con le relative ulteriori conseguenze sanzionatorie a suo carico.

 

 

26 giugno 2013

Francesco Buetto