IMU: se si versa in ritardo? …e gli enti non commeciali?

se l’imposta non è stata versata nei termini lo può essere in ritardo evitando di dover pagare pesanti sanzioni, ecco come…

Scaduto il termine ordinario (17.06.2013, poiché il giorno 16 cadeva di domenica) per pagare l’Imu, inizia adesso il periodo utile per potere avvalersi della disciplina del cd. ravvedimento operoso.

L’ente non commerciale può, infatti, evitare l’applicazione della pesante sanzione tributaria del 30% dell’imposta dovuta in caso di omesso, parziale, tardivo versamento dell’imposta.

La condizione per potersi avvalere del suddetto ravvedimento operoso è quella che la violazione non sia già stata constatata, come nel caso dell’avvenuta ricezione di lettere di convocazione, richieste di documentazione, verifiche, o qualsiasi diversa attività di accertamento in materia di Imu, relativa all’anno d’imposta (nel caso di specie, il 2013).

Il calcolo del ravvedimento operoso

Il cd. ravvedimento “sprint” é effettuabile entro i 14 giorni successivi alla scadenza del termine per il versamento. La sanzione ordinaria del 30%, applicabile sui pagamenti di imposte tardivi od omessi, si riduce allo 0,20% per ogni giorno di ritardo.

Il ravvedimento “breve” è, invece, effettuabile dal 15° giorno fino al 30° giorno successivo alla scadenza, che prevede una riduzione della sanzione al 3%.

Infine, è possibile effettuare il cd. ravvedimento “lungo”, a partire dal 31° giorno, che prevede una riduzione della sanzione al 3,75%.

Nel caso di ravvedimento le sanzioni e gli interessi legali (2,5% dal primo gennaio 2012) sono versati unitamente all’imposta dovuta.

Nel Modello F24, nello spazio “Ravv.”, occorre barrare la casella; nello spazio “Anno di riferimento”, invece, deve essere indicato l’anno in cui l’imposta và versata (nel caso di specie, 2013).

Calcolo dell’Imu per gli enti non commerciali

Come calcolare l’Imu per gli enti non commerciali ?. Il MEF, con la R.M. n. 7/DF del 5 giugno 2013, ha risposto ad alcuni dubbi sollevati sulle modalità di calcolo dell’Imu per gli enti non profit, tenuto conto delle modifiche introdotte, per gli enti che svolgono anche attività commerciale, dall’art. 91-bis, D.L. 1/2012, convertito dalla L. 27/2012.

Infatti, si ricorda che sono esenti da Imu gli immobili utilizzati dagli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché dai trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, e destinati a particolari attività, “con modalità non commerciali”.

Le attività che danno diritto all’esenzione sono le seguenti:

– attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive;

– attività di religione o di culto, quelle dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana.

Tale norma è stata modificata dall’art. 91-bis, D.L. 1/2012.

In particolare, oltre ad inserire la frase “con modalità non commerciali”, per evidenziare che l’esenzione spetta solo per gli immobili destinati all’esercizio delle attività non profit, è stato previsto che qualora l’unità immobiliare abbia un’utilizzazione mista, l’esenzione si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l’attività di natura non commerciale, se identificabile attraverso l’individuazione degli immobili o porzioni di immobili adibiti esclusivamente a tale attività.

La restante parte dell’unità immobiliare, poiché dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente, deve essere dichiarata in Catasto per un autonomo accatastamento.

Le rendite catastali dichiarate o attribuite in base al periodo precedente producono effetto fiscale a partire dal 1° gennaio 2013.

Nel caso in cui non sia possibile procedere in tal modo, a partire dal 1° gennaio 2013, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione (peraltro, ancora non approvata).

Le modalità operative sono state emanate con il D.M. 19.11.2012, n. 200. Tale decreto, ha, innanzitutto, precisato che le attività istituzionali sono svolte con modalità non commerciali quando l’atto costitutivo o lo statuto dell’ente non commerciale prevedono (art. 3):

– il divieto di distribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’ente, in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori, a meno che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge, ovvero siano effettuate a favore di enti che per legge, statuto o regolamento, fanno parte della medesima e unitaria struttura e svolgono la stessa attività ovvero altre attività istituzionali direttamente e specificamente previste dalla normativa vigente;

– l’obbligo di reinvestire gli eventuali utili e avanzi di gestione esclusivamente per lo sviluppo delle attività funzionali al perseguimento dello scopo istituzionale di solidarietà sociale;

– l’obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente non commerciale in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altro ente non commerciale che svolga un’analoga attività istituzionale, salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

Per ciascuna tipologia di attività, poi, sono stati dettagliatamente elencati i requisiti per poterle considerare come non profit.

Per determinare il rapporto proporzionale tra attività non commerciali e attività commerciali (che è appunto applicabile solo dal 1° gennaio 2013 – R.M. 3.12.2012, n. 1/DF), si fa riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali e al tempo, nel seguente modo:

– per le unità immobiliari destinate ad un’utilizzazione mista, la proporzione è prioritariamente determinata in base alla superficie destinata allo svolgimento delle attività diverse da quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, e delle attività di cui si è appena detto, svolte con modalità commerciali, rapportata alla superficie totale dell’immobile;

– per le unità immobiliari che sono indistintamente oggetto di un’utilizzazione mista, la proporzione è determinata in base al numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività sono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo dei soggetti nei confronti dei quali è svolta l’attività;

– nel caso in cui l’utilizzazione mista, anche nelle ipotesi disciplinate ai due punti precedenti, sia effettuata limitatamente a specifici periodi dell’anno, la proporzione è determinata in base ai giorni durante i quali l’immobile è utilizzato per lo svolgimento delle attività diverse da quelle assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, ovvero delle attività di cui si è appena detto svolte con modalità commerciali;

– le percentuali determinate in base ai rapporti che risultano dall’applicazione delle disposizioni di cui si è detto sin qui, indicate per ciascun immobile nella dichiarazione, si applicano alla rendita catastale dell’immobile in modo da ottenere la base imponibile da utilizzare ai fini della determinazione dell’Imu dovuta.

Inoltre, sono cambiate anche le regole generali per il calcolo dell’imposta.

Pertanto, la lettura combinata delle regole di cui all’art. 91-bis, D.L. 1/2012 e all’art. 10, D.L. 35/2013 ha determinato alcuni dubbi interpretativi e, in particolare:

– sul calcolo della prima rata 2013, considerato che, con le nuove disposizioni normative, può capitare di dover versare meno di quanto versato lo scorso anno;

– sulle modalità di determinazione del saldo 2013, considerato che, alla data di versamento (16.12.2013), gli enti non hanno ancora approvato il bilancio e non hanno, quindi, tutti i dati utili al calcolo;

– sulle modalità di calcolo della prima rata 2014.

Calcolo prima rata 2013

In primo luogo, è stato evidenziato che, in base alle suddette disposizioni normative, gli enti non commerciali possono trovarsi nella condizione di aver versato l’Imu per il 2012, mentre per il 2013, beneficiando delle nuove disposizioni riguardanti l’accatastamento separato e il computo della percentuale di utilizzazione mista, potrebbero essere tenuti a versare un importo inferiore a quello dell’anno precedente.

È stato, quindi, chiesto se sia possibile determinare e versare la prima rata dell’Imu per l’anno 2013 sulla scorta degli elementi e dei dati già a disposizione.

La risposta è stata positiva: per il Ministero dell’Economia e delle Finanze vanno applicati, anche per l’anno 2013, gli stessi criteri seguiti per l’anno 2012, per quanto riguarda le disposizioni concernenti gli ulteriori requisiti (art. 4, D.M. 200/2012), con la sola differenza che per l’anno 2013 devono essere tenuti in considerazione anche i criteri di determinazione del rapporto di proporzionalità (art. 5, D.M. 200/2012).

Ovviamente, se, rispetto allo scorso anno, non sono mutate le condizioni di applicazione delle disposizioni complessivamente richiamate, l’ente non commerciale potrà seguire, ai fini degli adempimenti relativi al versamento della prima rata dell’Imu, lo stesso comportamento osservato per l’anno 2012.

Calcolo saldo 2013

Il secondo punto chiarito riguarda la seconda rata dell’Imu per il 2013: a tale proposito, è stato segnalato che essa non potrà che essere necessariamente stimata, in quanto l’importo effettivamente dovuto non potrà che essere determinato sulla scorta dei dati definitivi al 31.12.2013 e, quindi, solo successivamente alla scadenza fissata del 16.12.2013.

Pertanto, è stato chiesto se sia possibile il versamento di un conguaglio per il 2013, da effettuarsi contestualmente al versamento della prima rata dell’Imu dovuta per l’anno 2014.

Anche in questo caso, il Ministero ha risposto positivamente.

Infatti, nella risoluzione del MEF n. 7/DF del 5 giugno 2013 si afferma che il conguaglio dell’Imu per l’anno 2013 può essere effettuato contestualmente al versamento della prima rata Imu dovuta per l’anno 2014.

Ciò in quanto la seconda rata di versamento dell’Imu, in scadenza il 16.12.2013, cade in un momento in cui potrebbero non essere definitivi e disponibili tutti i dati e gli elementi necessari per la determinazione del rapporto proporzionale di cui all’art. 5 sopra citato. Né, a tale data, sono disponibili i dati risultanti dai bilanci degli enti non commerciali relativi al medesimo anno.

Calcolo prima rata 2014

Un ultimo dubbio chiarito riguarda il calcolo della prima rata 2014. In particolare, è stato chiesto se la prima rata 2014 potrà essere quantificata in un importo pari al 50% dell’imposta relativa al 2013 così come determinata definitivamente anche sulla base dei dati indicati nei bilanci relativi al medesimo anno, oggetto di approvazione, se previsto dalla legge, antecedentemente al 16 giugno di ogni anno.

Il Ministero ha risposto affermativamente anche a questo quesito.

Infatti, nella citata risoluzione si afferma che, a partire dell’anno 2014, il versamento della prima rata dell’Imu dovrà essere effettuato in misura pari al 50% dell’imposta relativa all’anno precedente così come determinata definitivamente anche sulla base dei dati risultanti dai bilanci degli enti non commerciali in questione.

Questioni irrisolte

Tuttavia, pur apprezzando gli ultimi chiarimenti del MEF, ad oggi rimangono ancora dei punti critici non ancora risolti.

In particolare è stato rilevato in dottrina che:

– il criterio della superficie è semplice da applicare, ma solo quando una medesima unità immobiliare è ripartita in più ambienti, ciascuno utilizzato esclusivamente per una attività (esenti e non);

– il criterio delle persone è semplice da applicare, ma presuppone che sia possibile contare le persone che partecipano ad attività esenti e a quelle non esenti;

– il criterio del tempo è invece più problematico da utilizzare perche l’unità di misura minima sembra essere la “giornata”; ciò significherebbe che se all’interno della stessa giornata l’immobile è utilizzato per più attività (alcune esenti e altre no) l’esenzione è comunque persa per intero.

Una soluzione potrebbe essere quella (ma occorre conferma ministeriale) di potere utilizzare i dati derivanti dal bilancio, quindi considerando, ai fini del calcolo proporzionale, i ricavi commerciali rispetto ai ricavi complessivi (istituzionali e commerciali) dell’ente non profit, in tal modo potrebbe risultare superata la complessa problematica di dovere individuare i soggetti in maniera individuale ai fini del medesimo calcolo.

 

Vincenzo D’Andò

 

22 giugno 2013