Procedure fallimentari e credito IVA: si può compensare?

anche il curatore fallimentare che ha necessità di compensare crediti IVA di importo superiore a 15.000 euro deve “apporre” il visto di conformità sul credito IVA della procedura prima di procedere alle compensazioni

Sebbene non espressamente previsto dalla novellata legge fallimentare, il Curatore deve essere attento nella gestione ed utilizzazione del credito IVA maturato durante la procedura concorsuale che si forma, ad esempio, per effetto delle fatture emesse a favore dei professionisti nominati dalla procedura (legali, periti, consulenti, società di recupero crediti…), a fronte delle prestazioni di servizi fornite a favore della massa.

Tale eccedenza – a differenza di quella sorta nel periodo precedente al fallimento che non può essere utilizzata in compensazione con debiti maturati nel corso del fallimento (circ. Agenzia delle Entrate n. 13/2011 e ris. n. 279/2002) – è compensabile con l’IVA a debito sulle cessioni dei beni inventariati, normalmente imponibili, effettuate tramite procedura competitiva (art. 107 L. Fall), ovvero tramite trattativa privata (limitatamente ai soli beni mobili) sulla base di offerte di acquisto pervenute direttamente alla Curatela.

Parimenti, l’eccedenza in parola può essere compensata orizzontalmente, ovvero con passività tributarie diverse quali, ad esempio, le ritenute operate all’atto del pagamento dei compensi dei predetti collaboratori del fallimento, ma non solo. Infatti, terminata la fase della liquidazione dell’attivo, ogni procedura fallimentare è destinata, fisiologicamente, a generare (o accumulare) ulteriore credito IVA per effetto delle fatture che il Curatore continuerà a ricevere a saldo delle prestazioni e dei servizi effettuati a favore della massa: per evitare che il Curatore, al termine della procedura, debba chiedere a rimborso il suddetto credito o cederlo a terzi a prezzi irrisori, l’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, consente la compensabilità del credito IVA con le ritenute fiscali da operare, in sede di ripartizione, a favore di alcuni creditori privilegiati, quali lavoratori dipendenti oppure autonomi (art. 2751 bis c.c.).

Ad ogni modo, ai fini della compensazione orizzontale del credito Iva, anche il Curatore Fallimentare, in assenza di una specifica norma – come ad esempio l’art. 74-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 che esonera lo stesso dall’obbligo di prestare garanzia nel caso di rimborsi IVA – è tenuto, al pari di ogni altro contribuente, al rispetto delle norme introdotte dall’art. 10 del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, che disciplinano la compensazione – cosiddetta orizzontale (Iva con tributi e contributi) – con peculiarità differenti in relazione all’entità del credito IVA, annuale o periodico, destinato alla compensazione (C.M. 12/E 2010).

In altre parole, il curatore può liberamente utilizzare il credito IVA destinato alla compensazione (con altri tributi e contributi), se di importo pari o inferiore ad € 5.000.

Diversamente, è richiesto il preventivo invio della dichiarazione annuale o dell’istanza trimestrale (modello TR), al fine di poter già utilizzare l’eccedenza a partire dal 16 del mese successivo a quello di trasmissione della stessa.

Nel caso di ammontare superiore ad € 15.000, è altresì richiesto che alla dichiarazione annuale sia apposto il visto di conformità di cui all’art. 35 del DLgs. n. 241/1997, rilasciato da un professionista abilitato (dottore commercialista, esperto contabile, consulente del lavoro…) oppure la sottoscrizione dell’incaricato del controllo legale dei conti. bCon le suddette disposizioni, il legislatore ha inteso contrastare l’emersione e l’utilizzo in compensazione di crediti IVA inesistenti richiedendo, a tale proposito, l’intervento di un soggetto terzo, competente ed indipendente, che attesti, sotto la propria responsabilità, anche nell’ambito di una procedura fallimentare, l’esistenza di un credito tributario compensabile.

Tuttavia, ciò non significa che un Curatore, abilitato a rilasciare il visto di conformità per altri contribuenti, debba ricorrere a soggetti terzi per la certificazione del credito IVA a favore della procedura, potendo lui stesso certificare l’eccedenza in parola. Al contrario, invece, se non autorizzato dalla Direzione Regionale delle Entrate al rilascio della suddetta certificazione, il Curatore dovrà necessariamente avvalersi di un professionista abilitato, previa autorizzazione del Comitato dei Creditori e del Giudice Delegato che provvederà a liquidarne il relativo compenso. Questo è il caso, ad esempio, dell’avvocato eleggibile a curatore (art. 28, c. 1, lett. a, L.F.), ma escluso dal novero dei soggetti che possono rilasciare il visto di conformità sui crediti IVA da utilizzare in compensazione (risposta interrogazione parlamentare n. 5-02779 fornita il 21.04.2010).

Ad ogni modo, la figura del professionista, chiamato a svolgere un’attività formalmente preclusa al Curatore non abilitato all’apposizione del visto di conformità, deve essere tenuta distinta da quella del delegato (art. 32 c. 1 L.F.) e del coadiutore (art. 32 c 2 L. F.).

Sul punto, autorevole dottrina ritiene che, per l’apposizione del visto di conformità, non sembrerebbe configurabile la designazione del delegato, ma quella del coadiutore, la cui nomina, come detto, deve essere autorizzata dal comitato dei creditori, ma non necessariamente in via preventiva, atteso che è comunque possibile una mera ratifica successiva, da parte del medesimo organo di controllo.

 

5 marzo 2013

Sandro Cerato