Accertamento induttivo fondato sulle rimanenze: la rilevanza dei prospetti inventariali

Le differenze rilevate rispetto all’inventario fisico, rendono legittimo l’avvio di una procedura finalizzata all’accertamento, se gli elementi raccolti in occasione della verifica integrano i requisiti della gravità, precisione e concordanza.

 

La presunzione legale di cessione, di cui all’art. 4 del dD.P.R. 441/1997, non opera nel caso in cui gli ammanchi di beni non siano riscontrati né a seguito di un inventario fisico degli stessi né di un confronto basato sulla documentazione contabile obbligatoria. In ogni caso, le differenze rilevate dall’inventario rendono legittimo l’avvio di una procedura finalizzata all’accertamento, se gli elementi raccolti in occasione della verifica integrano i requisiti della gravità, precisione e concordanza. La Corte di Cassazione – Sezione Tributaria è giunta a questa conclusione, con la sentenza numero 9628 del 13 giugno 2012, all’esito del ricorso proposto da una società operativa nel settore della grande distribuzione commerciale al dettaglio.

 

La sentenza

corte di cassazione sugli accertamenti studi di settoreLa presunzione legale di cessione, di cui all’art. 4 del D.P.R. 441/1997, non opera nel caso in cui gli ammanchi di beni non siano riscontrati, né a seguito di un inventario fisico degli stessi, né di un confronto basato sulla documentazione contabile obbligatoria.

In ogni caso, le differenze rilevate dall’inventario rendono legittimo l’avvio di una procedura finalizzata all’accertamento, se gli elementi raccolti in occasione della verifica integrano i requisiti della gravità, precisione e concordanza.

La Corte di Cassazione – Sezione Tributaria è giunta a questa conclusione, con la sentenza numero 9628 del 13 giugno 2012, all’esito del ricorso proposto da una società operativa nel settore della grande distribuzione commerciale al dettaglio.

 

Il merito

Il giudizio trae origine dall’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IRPEG, IRAP e IVA con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione quasi 4mln di euro.

La pretesa impositiva si fondava sulle risultanze di prospetti inventariali di fine esercizio riguardanti la contabilità di magazzino, dai quali era emersa una differenza negativa di poco meno di 3mln di euro come differenza inventariale strettamente intesa e di più di 1mln di euro come scarti e rotture.

L’adita Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della contribuente, una società operativa nel settore della grande distribuzione commerciale al dettaglio, con sentenza che veniva successivamente confermata in sede d’appello.

 

Infatti la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia:

  • riteneva ineccepibile la riduzione operata dalla CTP della differenza inventariale strettamente intesa, prendendo come punto di riferimento il c.d. “barometro europeo di furti nel retail”, opportunamente parametrato alle peculiarità del caso concreto;

  • osservava che l’annullamento della ripresa relativa alle differenze inventariali per scarti e rotture risultava ampiamente motivato, in quanto il giudice di prime cure aveva fatto correttamente riferimento sia alla dettagliata analisi degli scarti sia alla documentazione fornita dalla società che aveva provveduto a smaltire i rifiuti su incarico della contribuente.

 

Le censure

Stante quanto sopra, la contribuente proponeva ricorso in Cassazione, affidandosi a cinque motivi, con i quali ha, tra l’altro, lamentato:

  • (primo motivo) violazione dell’articolo 4 del d.P.R. 441/1997, in quanto la CTR aveva ritenuto che i prospetti contabili redatti dalla società su base puramente volontaria (in quanto non obbligatori ai sensi della norma citata) fossero idonei a fondare le presunzioni legali di cessione previste dal suddetto decreto, nonostante la mancanza delle fonti di innesco tassativamente previste dalla norma;

  • (secondo motivo) violazione dell’articolo 2697 del cod. civ. in quanto, una volta esclusa l’applicabilità nella fattispecie del d.R.R. 441/1997, era onere dell’Ufficio provare l’esistenza di componenti positive non dichiarate;

  • (terzo motivo) violazione degli artt. 39, c. 1, lett. d, del D.P.R. 600/1973 e 2729 cod. civ., in quanto il Collegio di merito aveva erroneamente attribuito i caratteri di gravità, precisione e concordanza alle presunzioni semplici sulle quali si fondava l’avviso di accertamento, basate esclusivamente su contabilità gestionale non obbligatoria, con la quale la società rilevava l’esistenza di differenze inventariali imputandole a fenomeni diversi dalla cessione di beni.

 

Dal canto proprio, l’Amministrazione finanziaria ha resistito mediante deposito di un controricorso.

 

Si rammenta che il D.P.R. 441/1997 (regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto), emanato in attuazione dell’art. 3, c. 137, L. 662/96, con efficacia sostitutiva della disciplina dettata dall’articolo 53, d.P.R. 633/1972, trova applicazione, “in virtù del principio di unitarietà dell’ordinamento, anche in materia di imposte dirette” (Cass. n. 15087/2000; n. 16483/2006; n. 15312/2008).

In particolare, il citato decreto, dopo aver stabilito “che si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti”, e aver poi previsto tipologia e modalità della prova contraria posta a carico del contribuente idonea a vincere la presunzione di cessione (art. 1, comma 1 e ss. e art. 2), stabilisce, all’art. 4, che “gli effetti delle presunzioni di cessione e di acquisto, conseguenti alla rilevazione fisica dei beni, operano al momento dell’inizio degli accessi, ispezioni e verifiche.

Le eventuali differenze quantitative derivanti dal raffronto tra le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui alla lettera d) dell’articolo 14, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, o della documentazione obbligatoria emessa e ricevuta, e le consistenze delle rimanenze registrate costituiscono presunzione di cessione o di acquisto per il periodo d’imposta oggetto del controllo”.

 

La decisione della Corte

Ebbene, la Sezione Tributaria della Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi proposti dalle parti, rendendo definitiva la statuizione dei giudici di merito. In particolare, gli Ermellini hanno esaminato la questione relativa all’ambito di operatività della presunzione legale di cessione e di acquisto di cui al d.P.R. n. 441/1997.

A riguardo si è osservato che “ai fini dell’operatività della presunzione legale (relativa) di cessione, occorre che la differenza quantitativa, in negativo, tra beni esistenti nei luoghi sopra indicati e quelli acquistati, importati o prodotti risulti o a seguito della verifica fisica dei beni giacenti, oppure dal confronto (‘differenza inventariale’)- tra la consistenza delle rimanenze registrate e le risultanze delle scritture ausiliarie di magazzino di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, c 1, lett. d, o di altra documentazione obbligatoria”.

Tuttavia, il citato art. 14 del D.P.R. n. 600 del 1973, nel prescrivere l’obbligo, per società, enti e imprenditori commerciali, della tenuta, tra l’altro, delle scritture ausiliarie di magazzino (funzionali a seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari annuali e nelle quali si devono registrare le quantità entrate ed uscite delle merci destinate alla vendita), stabilisce che

“per le attività elencate ai numeri 1) e 2) dell’art. 22 del d.P.R. 633/1972, tra le quali – n. 1) – le cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, le registrazioni vanno effettuate solo per i movimenti di carico e scarico dei magazzini interni centralizzati che forniscono due o più negozi o altri punti vendita”.

In considerazione di ciò, la Corte ha escluso che le aziende della grande distribuzione siano obbligate alla tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino per i depositi dei singoli punti vendita, che non fungano da “magazzini interni centralizzati”.

Tesi confortata anche dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate numero 31 del 2 ottobre 2006.

Peraltro, nei casi come quello di specie, si è fuori dall’ambito applicativo della disciplina dettata dal citato d.P.R. 441, non essendo stati riscontrati ammanchi di beni né a seguito di un inventario fisico degli stessi né di un confronto basato sulla documentazione contabile obbligatoria.

 

Nella grande distribuzione

Le aziende della GDO non sono obbligate alla tenuta delle scritture ausiliarie di magazzino per i depositi dei singoli punti vendita, a meno che questi non fungano da “magazzini interni centralizzati”.

 

 

Accertamento induttivo

accertamento induttivo basato sulle percentuali di ricaricoRisolta la questione relativa all’applicabilità, o meno, al caso concreto della presunzione legale di cessione, la Sezione Tributaria è passata all’esame della seconda censura mossa dalla contribuente, avente a oggetto l’asserita inapplicabilità delle norme generali in tema di accertamento delle imposte, una volta accertata l’inoperatività del d.P.R. 441/97.

Relativamente a tale problematica, la Corte di legittimità ha rammentato che le norme generali in tema di accertamento (in specie, dell’art. 39 d.P.R. 600/73 e 54 d.P.R. 633/72) consentono la rettifica delle dichiarazioni dei redditi anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti (art. 2729 c.c.). Non solo, la giurisprudenza costante ha ammesso la rilevanza, a detti fini, di documentazione, che pur se non obbligatoria, sia comunque tenuta dal contribuente “e rinvenuta dai verificatori o spontaneamente esibita” (Cass. 6949/2006; 7188/2009).

Di conseguenza, ben potevano essere oggetto di valutazione sia fini dell’emissione dell’avviso di accertamento sia ai fini della successiva decisione del giudice tributario i prospetti inventariali volontariamente redatti dalla contribuente in questione.

 

Prospetti inventariali “volontari”

Sono rilevanti ai fini della rettifica dei redditi, se rinvenuti dai verificatori o se offerti spontaneamente dal contribuente

 

Del resto

“già è stato affermato che, al fine della rettifica della dichiarazione IVA per differenze delle merci giacenti rispetto a quelle contabilizzate, la mancanza di un inventario ‘fisico’ di dette merci giacenti, necessario per rendere operante la presunzione di cessione delle merci non rinvenute, di cui al primo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non osta, alla stregua dell’art. 54 del citato decreto, a che l’ufficio possa avvalersi di altre scritture, diverse da quelle obbligatorie vidimate e bollate – nella specie, prospetti di ‘differenze inventariali’ redatti del contribuente -, dalle quali siano desumibili omissioni, falsità o inesattezze della denuncia” (Cassazione 479/1991).

 

19 marzo 2013

Antonio Gigliotti